Le formiche cantano sotto la neve
di Ilaria Boria
Pessime idee, febbraio 2021
pp. 256
€ 17 (cartaceo)
€ 4,99 (ebook)
Troppo spesso si dà per scontato che il relazionarsi con chi ci sta vicino sia un lato insito nella natura umana e che trascenda qualsiasi esercizio di profonda empatia e comprensione dell’altro. Spesso, poi, pensiamo che le relazioni siano quei legami che ci sono stati imposti per sangue e che abbiamo implicitamente accettato nel momento in cui ci vengono assegnati come tali. Infine, spesso sottovalutiamo la nostra centralità nell’essere i coautori dei rapporti che viviamo. Forse «in fondo le relazioni umane o, meglio, l’arte di costruirle, è un talento come un altro e non tutti lo possiedono» (p.119). Questa è la domanda portante del romanzo d’esordio di Ilaria Boria, Le formiche cantano sotto la neve edito da Pessime idee, libro che indaga fin dalle primissime pagine i tanti modi diversi – e dolorosi, soprattutto - di convivere con le persone che si susseguono nella nostra vita.
A mostrare al lettore la complessità relazione della vita umana è Anna, protagonista e voce narrante del romanzo, una ragazza debole, insicura e segnata profondamente dall’infanzia trascorsa con un padre violento e una madre succube e arrendevole. Il peso del bagaglio di sofferenze che Anna si trascina dietro viene presto condiviso grazie al conforto offerto da Amalia, amica dell’università anche lei in fuga dal proprio ambiente domestico vissuto con il padre Fosco, altrettanto violento, e la madre Anita, fantasma di una donna consumata dal dolore del matrimonio. Anna e Amalia, una la contraltare dell’altra, così diverse ma allo stesso tempo necessariamente complementari: «Amalia, Ama. Mi aveva da subito fatto sorridere quel suo diminutivo, così simile al mio nome: a dividerci solo la piccola curvatura di un corsivo» (p. 19). Le vite delle due amiche scorrono parallele, intersecandosi attraverso la condivisione del proprio quotidiano e di un passato doloroso che entrambe – in modi diametralmente opposti – cercano di superare. Poi all’improvviso la telefonata di Alberto, marito di Amalia, per annunciare ad Anna la fuga dell’amica. Incinta, Anna si mette sulle tracce di Amalia, non sapendo che in realtà quel viaggio la porterà all’intima scoperta di se stessa, costretta a ripercorrere un passato che brucia ancora sotto la pelle e nella sua memoria. Attraverso un crescendo di eventi, il lettore dovrà attendere fino alle ultime pagine del romanzo per risolvere l’intricata matassa di eventi dietro la quale si cela l’enigma identitario delle due protagoniste.
Senza rivelare troppi dettagli a livello della trama per non rovinare le numerose sorprese che la lettura del romanzo riserva, Le formiche cantano sotto la neve è un libro che esplora le dimensioni più umane del quotidiano, quelle stesse dimensioni che troppo spesso ci sfuggono perché apparentemente secondarie. Preponderanti sono i temi della casa, della domesticità e dei legami di famiglia. Le realtà famigliari che Ilaria Boria ci presenta sono tutt’altro rispetto a quelle offerte dagli spot pubblicitari della Mulino Bianco; in questo mondo provinciale da cui Anna e Amalia provengono - e le differenze di classe sono un altro nodo fondamentale del romanzo - la casa non è quel porto sicuro dove rientrare dopo la tempesta, così come la famiglia viene vista solo come un obbligo dettato da legami di sangue piuttosto che un nucleo che dispensa amore. Ombreggiata da folti boschi, da tempeste invernali e dalla solitudine della periferia, la casa si trasforma in una realtà da incubo, un luogo di violenza domestica che l’uomo perpetra contro la donna, in cui vige ferrea la legge del patriarcato secondo la quale Anna, Amalia e Anita non sono altro che suppellettili ornamentali nelle mani del pater familias. Segnate dai traumi accumulati, Anna e Amalia cercheranno di fuggire per costruirsi una vita «dove l’idea di casa è incerta e sfumata come l’orizzonte» (p. 84), e dove le relazioni umane non si inquinano con le leggi del sangue. Sfuggite alle dinamiche famigliari, entrambe dovranno fare i conti con un’altra forza che, se non costruita sapientemente, può essere distruttiva quanto quella opprimente della sfera domestica: l’amore.
Nonostante il matrimonio con Alberto, l’amore scostante di Zeno, le manipolazioni di Saverio, le molestie di Matteo e la notte di passione con Oliver, Anna e Amalia imparano a prendersi cura di se stesse, ad esserci l’una per l’altra e ad elaborare insieme, passo dopo passo, le violenze ricevute; in poche parole, si salvano la vita a vicenda. E nel farlo devono confrontarsi non solo con il proprio dolore e con quello altrui, ma anche con coloro che provocano questo dolore, arrivando a constatare che «è questo che coinvolge e rapisce della malvagità umana: la possibilità concreta che essa appartenga anche a noi» (p. 7). Attraverso le vicende di Anna e Amalia, il romanzo pone il lettore di fronte alla questione della sofferenza degli altri, chiedendogli quali siano i limiti dell’empatia umana. Forse il dolore altrui ci permette di sopravvivere al nostro stesso dolore?
Siamo tutti naturalmente e inconsciamente indotti a desiderare la sofferenza dei nostri simili; non per sadismo, bensì per sopravvivenza. Se qualcuno ha sofferto come soffriamo o soffriremo noi – possibilmente più di noi per garantirci un margine di sicurezza – e sopravvive, allora sopravviveremo anche noi. (p. 201)
Riprendendo la famosissima favola di Esopo, Ilaria Boria ci propone una morale leggermente diversa da quella dell’antico scrittore greco. Un vecchio uomo confida ad Anna in viaggio che tutti confondono l’amore vero con l’assordante canto delle cicale, intenso ma breve, pronto a smorzarsi in una fredda notte d’inverno. Al contrario, un sentimento duraturo si costruisce lentamente, con dedizione e pazienza, come le formiche che lavorano incessantemente per prepararsi alla stagione invernale, «così, quando poi la neve avvolgerà il mondo, le formiche inizieranno a cantare la loro lunga e silenziosa canzone» (p. 213). Le formiche cantano sotto la neve è un vero inno a chi costruisce e ama lentamente, ma con costanza. È un omaggio a chi rifiuta di continuare a scottarsi con dei fuochi di paglia, e ha capito che per innamorarsi bisogna prima mettersi in ascolto del dolore degli altri. È una storia che insegna a non stare soli e a condividere la propria sofferenza, invitando all’empatia. Infine, è un libro che svela al lettore il segreto che sta alla base delle relazioni umane: la gentilezza, pura e incondizionata. Se tutti gli altri personaggi del romanzo sono le cicale assordanti di un’afosa notte estiva, Anna e Amalia sono le formiche che cantano sotto la neve dell’esistenza.
Nicola Biasio
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