Una biografia piena di garbo, dove l'arte e la musica sono alla base della sopravvivenza: "La signorina Crovato" di Luciana Boccardi

Luciana Boccardi signorina crovato

 
La signorina Crovato
di Luciana Boccardi
Fazi Editore, febbraio 2021

pp. 330
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook) 

Era il mio destino, ormai, quello di cambiare vita e luoghi: appena cominciavo ad affezionarmi, dovevo andarmene di nuovo. (p. 202) 
A Venezia si nasce tutti viaggiatori. Luciana impara questa lezione che non ha ancora compiuto quattro anni: quella è l'età in cui il padre viene colpito da una "disgrazia" e la famiglia, in difficoltà sia nella gestione che a livello economico, la deve mandare in terraferma, in campagna, dove tutto è una continua meraviglia e scoperta. Ma anche quando si rende possibile il rientro a Venezia, Luciana deve fare i conti con amicizie che si perdono, lavori difficili da trovare, un equilibrio familiare fragile. Potrebbe sembrare una storia dickensiana, ma, come in ogni storia, tutto sta nel tono con cui la si sceglie di raccontare. Il garbo, la minuziosa ricerca delle radici di famiglia e lo sguardo sempre fresco e pieno di fiducia verso il mondo rendono la biografia della giovinezza della signorina Crovato un delizioso affresco della prima metà del Novecento in una Venezia crocevia di musica e arte, pronta a risorgere sempre dagli orrori della guerra e a trovare una ragione di vita nella bellezza intorno a sé.
 
È uno sguardo molto adulto quello che percorre il romanzo La signorina Crovato di Luciana Boccardi. L'autrice tesse una minuziosa autobiografia dei suoi anni della giovinezza. Anni che non possono non incominciare dal proprio retaggio familiare e culturale e che regalano, già nelle prime pagine, personaggi reali che sembrano essere stati concepiti proprio per comparire in un romanzo. Incontriamo la nonna Gingia, nata Pilar e figlia di una ballerina spagnola di flamenco che viene adottata da una benestante famiglia genovese e che intreccia la propria vita con il celebre tenore Gianni Masin Crovato. Da questa coppia nascerà il padre di Luciana, Raoul, affascinante musicista e fiero oppositore del Regime. 
Dalla parte veneziana abbiamo invece quella che viene definita "l'immarcescibile nonna Gina", eccellente sarta che, a servizio dalla famiglia Salvadori che annoverava nobiltà fiumana e professori della Normale di Pisa, si innamora, ricambiata, di Igino. Da questa coppia nascerà Marcella, la madre di Luciana.
Concerti galeotti e la bella Venezia di inizio secolo faranno il resto perché due persone da discendenze così diverse come Raoul e Marcella si incontrino e si innamorino follemente. 
Luciana nasce in questo contesto, il 2 ottobre 1932, anni in cui le passioni politiche sono pericolose e che sono alla base per l'incidente che sconvolgerà per sempre la famiglia, costringendo la piccola Luciana a emigrare in campagna che, provenendo da Venezia, voleva dire andare praticamente in un altro mondo. Lunghe sono le pagine che trattano di questo periodo, un periodo che per l'autrice è formativo ed è, in parte, trattato con la maturità che ci aspetterebbe da un'adulta nell'affrontare la situazione.
«Mi fa tanto bene sentire che capisci», mi disse, «io e papà te ne siamo molto grati». In realtà capivo meno di quanto si pensasse, ma mi adeguavo: col tempo, avevo imparato. (p. 141)
Ma dall'altra c'è l'incanto degli occhi di una bambina nell'osservare il mondo intorno a sé: mondo in cui la spedizione per andare a fare il pane diventa un'avventura, la ritualità della disposizione delle sedie per la cena è un punto fermo a cui aggrapparsi e l'affetto per tutti gli animali della fattoria è un modo per compensare la domanda che la bambina si pone, a più riprese e con strazio: i miei genitori mi hanno abbandonata?
Proprio questo sguardo mediato che non eccede mai in nessun tipo di patetismo è il filtro che osserva la Seconda Guerra Mondiale che per la famiglia di Luciana, visti i trascorsi del padre, si trasforma in una continua lotta per la sopravvivenza e dove i molti talenti artistici della famiglia vengono barattati in cambio di cibo. Pane per scrivere lettere d'amore, carbone per delle lezioni di clarinetto, ospitalità per un aiuto nei compiti e ripetizioni di pianoforte. In una città come Venezia dove la bellezza e l'arte sono di sostegno persino alle bricole, beni immateriali che – secondo alcuni punti di vista – non si possono usare per mangiare, sono qui la sopravvivenza fisica e mentale della famiglia.
"Il «grazie-scusi-prego» facile, l'educazione bella (oggi tanto desueta)" come la chiama l'autrice, oltre a lasciar trasparire una certa nostalgia per i tempi passati anche in virtù degli anni della giovinezza che si ricordano quasi sempre con affetto, permea tutto lo stile espressivo della narrazione, fatta di vocaboli oggi più desueti ed estremo garbo anche nelle situazioni più tragiche.
Il romanzo, con capitoli molto brevi e narrato tutto in prima persona, si arresta all'ingresso di Luciana nell'età adulta, quasi fosse il primo capitolo di una biografia di beauvoriana ispirazione; rende alla perfezione la sensazione che si ha – o si aveva – quando si ascoltano le nonne raccontare dei tempi andati, di come vivevano, di come avevano incontrato il nonno. Ogni famiglia può avere una storia che sembra un romanzo: il tutto sta nel trovare lo sguardo con cui raccontarlo al meglio. Proprio come fa Luciana Boccardi.
Giulia Pretta