Biancaneve nel Novecento
di Marilù Oliva
Solferino, 2021
pp. 352
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Quando i primi anni di una vita vengono segnati da una madre assente e violenta, più interessata alla bottiglia e alla messa in piega che alla figlioletta, è difficile costruire la propria autostima. Bianca, una delle due protagoniste di Biancaneve nel Novecento, sa bene che sua madre Candi è in grado di non accorgersi nemmeno di lei, o di tirarla fortissimo per i capelli al minimo fastidio. Neanche il padre, che ama Bianca ma che è del tutto succube del fascino della moglie, sa come porre fine a certe tendenze, e dunque la piccola non può che assistere impotente alle angherie della madre, sopportando di giorno in giorno le sue mattane, con la speranza di passare più tempo possibile con l'altro genitore. Benché apparentemente il padre sembri un inetto, che passa il suo tempo in una palestra di pugilato amatoriale da cui trae ben pochi soldi, Bianca si fida di lui, convoglia anzi tutto il suo bene su quell'uomo povero, in grado però di spendere i suoi risparmi per renderla felice. Ma l'equilibrio è precario, sembra suggerirci in ogni pagina l'autrice, perché siamo nella Bologna del disastro ferroviario per l'attentato del 2 agosto 1980, e questo tempo che trema ci lascia ad aspettare con il fiato sospeso che il mondo di Bianca collassi.
C'è, d'altra parte, un altro mondo che sta per collassare, ed è quello di Lili: andata in sposa da giovane a un marito non scelto da lei, poco prima della Seconda guerra mondiale, la ragazza scopre che quell'avvenire fatato che le avevano predetto non si sarebbe avverato. È vero che abita a pochi passi dal Louvre, ma la sua nuova famiglia la umilia giorno dopo giorno e il marito non sembra neanche accorgersi di lei; preferisce, invece, passare il tempo con la sua famiglia nella stanza accanto, osservando insieme al fratello la guerra che si avvicina. E quando, durante un'incursione, in casa vengono trovati degli ebrei, anche per Lili il presente deflagra.
Una vita sola con la madre è l'incubo di Bianca a Bologna; una vita sola in mezzo a tanti scheletri affamati è l'incubo di Lili a Buchenwald. All'inizio del romanzo ignoriamo completamente il possibile legame tra queste due vicende, le seguiamo e basta, con la curiosità di scoprire se il capitolo successivo sarà dedicato alla vicenda di Bianca o a quella di Lili. Possiamo tutt'al più immaginare che il libro trovato da Bianca bambina sui campi di sterminio e subito nascosto da mamma Candi abbia qualche legame con l'altra protagonista, ma non ne siamo certi. Basta, comunque, che ci fidiamo della narrazione serrata di Marilù Oliva per farci portare fino all'incrocio di queste due vicende. Talvolta l'autrice sceglie di accostare episodi stridenti, ma spesso, guardando più a fondo, ci accorgiamo che la drammaticità urlata del campo di concentramento di Lili trova un'eco nella drammaticità silenziosa che vive ogni giorno Bianca. Paragonabili? No, ma accostabili per la disperazione che provocano nelle due protagoniste.
Se è vero che ognuna ha il suo dramma, è innegabile che ognuna ha anche il suo coraggio, la sua volontà di riscatto: Bianca e Lili sono forti, pensano di doversela pur sempre cavare e noi lettori parteggiamo inevitabilmente per loro, che si trovano giorno dopo giorno a cercare una soluzione. Per Bianca gli anni Novanta, in cui la troviamo teenager, rappresentano gli amici e primi amori, ma anche la compagnia pericolosa della droga, che pare una tentazione tanto letale quanto liberatoria. Per Lili invece si tratta di scegliere tra le angherie immotivate di una kapo spietata o tra la speranza di cavarsela dopo qualche mese, diventando una delle prostitute del campo. Ovviamente la promessa di liberazione è una menzogna, ma nella sua baracca ci sono vestiti, acqua e cibo, nonché la speranza di potersi ribellare dall'interno del sistema.
Passato e presente si incrociano più volte, proponendoci un viaggio nella storia del Novecento attraverso due protagoniste diverse ma ugualmente forti, che si raccontano senza veli. Romanzo storico, di formazione e familiare si mescolano in una narrazione fortemente coesa e che, dunque, rende difficilmente separabili i tre aspetti. Quest'idea di raccontare la storia attraverso le vite femminili è un importante omaggio alle tante donne che hanno partecipato silenziosamente, e ridar loro voce è qualcosa di arricchente, per cui ringraziamo Marilù Oliva, che già lo scorso anno ci aveva proposto un romanzo altrettanto dedicato alle donne: L'Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre (Solferino).
GMGhioni