Sotto la pioggia
di Pitchaya Sudbanthad
Fazi Editore, marzo 2021
Traduzione di Silvia Castoldi
pp. 382
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
La razza siamese prospera nell’elemento acquatico. Vivono come se per nascita fossero ninfe che solo di recente si sono unite al genere umano. (p. 25)
Con queste parole Phineas Stevens, medico missionario del diciannovesimo secolo e uno dei tanti personaggi che appaiono nel romanzo, descrive la popolazione dell’allora capitale del Siam. Sotto la pioggia, l’esordio letterario dello scrittore thailandese Pitchaya Sudbanthad edito in Italia da Fazi Editore, è un libro che comincia con l’intersezione di due elementi che ritornano costantemente nella struttura del libro: il primo è l’acqua, sostanza che permea dall’inizio alla fine la narrazione; il secondo è lo spazio di una casa che, per ben duecento anni, si staglia nel cuore pulsante di Bangkok e che viene plasmata dall’inesorabile scorrere del tempo e da tutte le vite che in essa si instaurano. La casa diventa l’asse portante attorno alla quale ruotano il tempo, lo spazio e la moltitudine dei personaggi sistematicamente perseguitati dai loro fantasmi del passato. L’acqua e la casa diventano quindi i due vettori che veicolano tutte le storie, le memorie, le passioni, i sogni e le frustrazioni dei numerosissimi protagonisti che abitano le pagine dell’affascinante e inusuale romanzo di Pitchaya Sudbanthad; l’acqua e la casa si impregnano della loro essenza e, generazione dopo generazione, permettono ai fantasmi dei morti di ritornare ciclicamente nella vita dei personaggi che sono ancora (apparentemente) in vita.
Sotto la pioggia appare dunque al lettore come un intreccio umano e urbano di tante vite e tante storie che si intersecano costantemente, distruggendo la barriera temporale e lasciando il passato confluire nel presente, mentre il futuro appare come un sogno profetico, un incubo postumano e una remota temporalità rimossa dall’inconscio dei protagonisti. In questa sovrapposizione temporale, i fantasmi di vite passate, presenti e future ritornano costantemente nella vita dei personaggi, facendo del libro un romanzo di cori spettrali, in cui i diversi protagonisti sono alla ricerca di memorie frantumate, sogni irrealizzabili, speranze tradite e amori perduti: il medico missionario Phineas Stevens si strugge di nostalgia per il New England mentre cerca di sopravvivere alla pandemia di colera nell’antica Bangkok; nel secondo dopoguerra la signora Pehn, per affrontare la solitudine di una vita piena di delusioni e sbagli, invita Clyde Alston, un pianista jazz ossessionato dal suo amore perduto, nel suo giardino per placare i fantasmi che infestano la casa; negli anni ‘70 due sorelle si allontanano progressivamente l’una dall’altra: Nee, un'ex militante politica, deve elaborare gli anni traumatici delle rivoluzioni studentesche a Bangkok, mentre sua sorella Nok si trasferisce in Giappone per aprire un ristorante thailandese, la cui fortuna dipende da uno dei carnefici delle rivoluzioni in cui Nee ha perso un pezzo importante della sua vita; con il passare del tempo, Bangkok si trasforma in una città post-apocalittica parzialmente sommersa dalle acque, in cui Mai lavora per un’azienda che sviluppa realtà virtuali in cui si superano i limiti della morte fisica e la sua amica Pig deve fare i conti con Woon, suo figlio, che ha deciso di non uscire mai più dalla sua stanza.
Dal passato al futuro, il tempo collassa e, crollate le limitazioni cronologiche, una storia si interseca nell’altra attraverso legami di sangue, vecchi amori, parentele lontane, apparizioni di fantasmi, musiche ricorrenti e spazi imbevuti di vite passate. Come in una partitura jazz - in cui si ripete uno stesso motivo con continue variazioni - le vite di queste persone si scontrano, si sfiorano e interferiscono l'una nell'altra seguendo la legge del karma: le buone azioni e i crimini di oggi sono il riflesso delle gentilezze e degli orrori del domani. Ed è proprio attraverso le leggi karmiche che questo romanzo rende possibile l’eterno ritorno dei personaggi, facendo gradualmente sparire i confini tra la vita e la morte. Il lettore si perde quindi tra i meandri della memoria che sono i corridoi della casa in cui non è più possibili distinguere chi sia vivo e chi sia morto, chi sia fatto di carne e chi di materia ultra-spirituale che è tornato per infestare la vita altrui.
I dimenticati continuano a tornare, con nuovi nomi e nuovi volti, e un’altra volta questa città li trasforma in nuovi fantasmi. Possono i morti perdonare? Cosa ricordano ancora delle loro vecchie vite? È solo un istinto, ma Nee è arrivata a sospettare che nulla di vero muoia mai. Non ha importanza che i buchi delle pallottole siano stati riempiti e i muri ridipinti. La verità permane: non vista, come i fantasmi, però è lì, a sferragliare e gridare, ovunque tutti si sforzino in ogni modo di dimenticare. (p. 375)
Ma forse la vera protagonista del romanzo è Bangkok, città che fa da teatro alle vicende di tutti questi spettri e fantasmi. Secondo un’intervista rilasciata dall’autore per il Manifesto, non c’è città-fantasma migliore di Bangkok, perché «la globalizzazione ha fatto in modo che le cose esistano fuori dal tempo e dallo spazio. Posso camminare tra templi antichi e grattacieli, così come in certe zone di Bangkok come fossi a Brooklyn». Al sincretismo e all’eclettismo generati dal nostro mondo globalizzato – che il romanzo ambiguamente critica, mostrando contemporaneamente il suo inspiegabile fascino – si affianca il tema del climate change, simbolizzato dall’abbondanza e dall’impetuosità dell’elemento acquatico che, nonostante sia “insito” nella popolazione thailandese sin dalle sue origini, ora minaccia l’esistenza di un’intera città che nel futuro, immagina l’autore, verrà sommersa a causa delle piogge torrenziali e dell’innalzamento del livello del mare. Sotto la pioggia è un romanzo complesso, ma di una bellezza sorprendente, come sorprendente è scoprire la magia, il misticismo e la tradizione thailandese che si celano tra le pagine del romanzo. Un romanzo che pone anche tante domande sulla nostra contemporaneità attraverso provocazioni che vanno dalla politica della memoria alle questioni ambientali, dalla rivisitazione del passato alle ansie per un futuro postumano, dalla preservazione di un mondo ancestrale all’impetuoso divenire del nostro presente che si snoda verso un domani incerto. E se abbiamo detto che è con l’acqua che il libro si apre, è sempre l’acqua l’elemento che suggella il romanzo attraverso un’immagine indimenticabile, che rivela simbolicamente la natura profonda del testo di Pitchaya Sudbanthad: una piscina colma di fantasmi liquidi come acqua in cui tutti i personaggi sguazzano, in un precario equilibrio tra passato e futuro.
Nicola Biasio