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Nel nome di sesso e droga. Chemsex, la liturgia profana. "Ragazzi Chimici. Confessioni di Chemsex" di Angela Infante, Andrea Mauri e Filippo Maria Nimbi

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ragazzi chimici video intervista

Ragazzi Chimici. Confessioni di Chemsex
di Angela Infante, Andrea Mauri e Filippo Maria Nimbi
Ensemble, dicembre 2020

pp. 94
€ 12 (cartaceo)


Pubblicare un libro come Ragazzi chimici. Confessioni di Chemsex è senz’altro una decisione coraggiosa, dal momento che sesso e droga sono due parole il più delle volte innominabili, cariche di errori e profondi sensi di colpa, per non parlare di uomini che hanno rapporti con uomini (MSM Men who have sex with men). Ciononostante, il chemsex è un fenomeno quanto mai attivo, anche nel nostro bello ed educato paese.

Angela Infante, counselor ed educatrice presso il Policlinico di Tor Vergata, Andrea Mauri, scrittore, e Filippo Nimbi, psicologo e psicosessuologo hanno fermato su carta alcune delle confessioni sincere, dieci per essere precisi, di uomini che con il chemsex hanno avuto e continuano ad avere esperienza. Non importa se si tratta di Flavio, Salvo, Luca o Sebastiano. Tutti raccontano nelle pagine di Ragazzi chimici di sentirsi drammaticamente soli, in un mondo che offre solo un ingombrante disagio, più forte delle emozioni e dei sentimenti. Il Crystal, il GHB, il Mef, la Basata sono quelle bombe chimiche esplosive che contengono l’inadeguatezza, che fanno superare qualsiasi diversità, qualunque stereotipo anche quello dell’estetica gay. 

 

«Il chemsex è la bottiglia di vino che rende interessante la cena» (p. 24), dice uno dei dieci uomini, consapevole che l’alterazione chimica offre nuove forme e nuove prospettive, lontane dalle difficoltà quotidiane, come la solitudine e il senso di non appartenenza al mondo. «La droga mi aiuta in questo, accentua la separazione in modo che possa finalmente pensare a quello che voglio. Di fatto non reggo il controllo esterno. Con le sostanze cadono muri e barriere» (p. 35). Sì, perché con le sostanze arriva la sensazione di potenza e invincibilità, e allora perché non abbinarci il sesso, anche se «mai avrei immaginato di provare le droghe. Erano cose molto lontane da me e soprattutto molto care» (p.36).

La vita normale diventa sempre più difficile da raggiungere, quella vita fatta di progetti futuri, di ambizioni. Tutto si svolge nell’immediato presente dove vergogna e sensi di colpa non sono i benvenuti. Il chill (orgia con droghe) deve essere pensato nei minimi dettagli, come un rito iniziatico, una liturgia – aspetto psico-sociologico chiarito esaustivamente da Filippo Nimbi durante la videointervista sul canale YouTube di CriticaLetteraria – dove si va in scena in qualità di un Deus ex machina, un dio costruito su un mix di sostanze. «Sei molto convinto che lo scambio umano che trovi in queste serate per te sia insostituibile. Accertati che sia sempre così. Convinci il prossimo del tuo punto di vista. Non tutti saranno d’accordo con te, ma lo rispetteranno se ti sentiranno sicuro della tua posizione. Ribadisci che nel chemsex hai sempre trovato uno scambio nella conoscenza dell’altro e nell’annusarsi in condizioni estreme e che questi approcci per te fortunati ti hanno fatto superare – e ti faranno superare ancora – la diffidenza che si respira alla soglia di un nuovo incontro» (p. 64).

Ma la prima volta è facile da recuperare. Il peggio arriva dopo, durante il down, quando si è svuotati dal desiderio e si vive una sensazione di ottundimento: «Scuoteva il corpo a singhiozzo e pregava l’amico di riaccendere la luce perché quel buio improvviso lo aveva fatto precipitare nelle viscere contratte. Ma nessuno l’aveva spenta, la luce; la colpa era della cecità che sgorgava repentina dai rigurgiti della droga assorbita» (p. 69).

Di Angela Infante, Andrea Mauri e con la postfazione di Filippo Maria Nimbi, “Ragazzi chimici” è una porta spalancata su storie non dette o accennate a labbra strettissime, soprattutto in una società dove il politicamente corretto, talvolta, è nemico della libertà espressiva.

Olga Brandonisio