Mai Stati così Uniti. Cosa ho capito dell’America litigando con mio marito americano
di Simona Siri e Dan Gerstein
Tea, 2020
pp. 304
€ 14,25 (cartaceo tascabile)
€ 7,99 (ebook)
Per capire meglio il libro è bene partire da qualche informazione relativa all’autrice: Simona Siri.
Simona è una giornalista e scrittrice italiana che vive negli Usa da sette anni. Il suo rapporto, come si evince dal libro, è di amore verso una nazione nella quale, inizialmente, si è trasferita per lavoro. La mancanza dell’Italia e la sua voglia di integrarsi negli USA sono diventati stimoli per capire al meglio la cultura statunitense. L’incontro con Dan Gerstain, fondatore e Ceo di Gotham Ghostwriters, la principale agenzia americana di ghostwriting, analista politico, speechwriter e communication strategist per il senatore Joe Lieberman, ha rappresentato un ulteriore fonte di analisi, ma anche di scontro con la cultura americana.
Mai Stati così Uniti è un libro a due voci: quella di Simona e quella di Dan, che raccontano le differenze profonde e spesso non comprensibili tra Italia e Stati Uniti. Ogni argomento viene raccontato da entrambe le prospettive e ne emerge come, di fronte alla stessa situazione, i punti di vista siano, talvolta, diametralmente opposti. Ed è proprio da queste divergenze che nascono opportunità di riflessioni e stimoli per comprendere la cultura americana, le abitudini e alcuni atteggiamenti verso la vita e i rapporti con gli altri. Il libro è diviso in capitoli e ognuno tratta una tematica differente, sempre mantenendo la linea del doppio punto di vista e delle osservazioni e riflessioni sia di Simona che di Dan.
La lettura del libro mi ha riportato alla memoria “The Affair” - Una relazione pericolosa- la serie di Showtime ideata da Hagai Levi e Sarah Treem, nella quale, appunto, ogni episodio era diviso in due parti, ciascuna delle quali dedicata alla prospettiva dei due protagonisti: Noah e Alison. Le differenze che emergono tra la cultura italiana e quella americana sono notevoli e in ogni ambito. Un aspetto sul quale mi sono soffermata molto è quello che Simona stessa definisce
“entitled….…, traducibile in italiano con “avere delle pretese” ma più ancora con “sentirsi portatore di un privilegio” e quindi pensare di poter fare tutto quello che si vuole… La mentalità americana è “tutto si può fare o almeno ci si può provare” (p. 151).
Noi italiani, invece, spesso ci tarpiamo le ali, quasi dovessimo espiare un peccato che giustifichi il non poter davvero ottenere quello che vogliamo, come se l’autorealizzazione e la felicità fossero un benefit e non una realtà che ci meritiamo.
Un altro elemento trasversale in tutto il libro è il pragmatismo che caratterizza la cultura americana. Questo approccio si evince dalle osservazioni e dai comportamenti di Dan relativi ai sentimenti, che sono vissuti in modo più razionale, al modo di rivolgersi al partner, di dialogare con i colleghi, di pensare alle sconfitte, di affrontare qualsiasi processo decisionale.
L’esperienza di Simona e di Dan tocca anche aspetti molto personali: il loro rapporto di coppia, la malattia, l’adozione di Ella, il sesso, il loro primo incontro (il capitolo sulle regole del dating fa sorridere più volte). In questi ambiti i codici di comportamento sono sempre molto diversi: l’approccio italiano più incline alla spontaneità, mentre quello americano inficiato dall’educazione che insegna a tenere a bada i sentimenti, sempre.
La narrazione molto scorrevole consente di entrare nella cultura americana con facilità e con una sottile ironia. Dalle differenze e dalla consapevolezza di tali disparità emerge una coppia che si ama e che soprattutto si rispetta e si amalgama grazie ai diversi punti di vista:
Eppure mi ama, ci amiamo. Le nostre differenze sono quelle che in fondo fanno si che non ci annoiamo mai. Lo so che sembra un cliché, ma è così: costringersi a vicenda a vedere le cose da un punto di vista spesso molto diverso ci ha resto più tolleranti… E per usare le parole di Dan “Simona mi ha regalato il dono della prospettiva”. (p. 290).
Elena Sassi