Stai zitta. E altre nove frasi che non vogliamo sentire più
di Michela Murgia
Einaudi, 2021
pp. 128
€ 13 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)
Prima lo leggi, poi rifletti e ti infuri, poi rifletti di nuovo, infine pensi che devi regalarlo e consigliarlo il più possibile. Perché? Perché le parole sono la base per costruire una parità di genere e stroncare le discriminazioni. Perché il rispetto parte e passa attraverso le parole e non bisogna più scrollare le spalle davanti all'ennesima noncuranza linguistica. Ci sono ancora tantissimi pregiudizi che fanno sì che si giustifichino, nostro malgrado, certi comportamenti nei confronti delle donne semplicemente perché li abbiamo sempre visti, ma questo non significa che siano giusti.
Questo breve pamphlet, che voglio definire così per l'intensità e la forza delle argomentazioni, muove da un episodio increscioso diventato virale che riguarda l'autrice, Michela Murgia, quando su Radio Capital è stata messa a tacere con il ripetuto "stai zitta" che trovate in copertina dallo psichiatra Raffaele Morelli. L'episodio è stato più volte commentato: molti uomini hanno scritto e detto che Murgia aveva provocato Morelli; ben poche donne hanno pensato la stessa cosa. Soprattutto, se anche fosse, non si risponde così a una persona verso cui si prova rispetto, uomo o donna che sia. Provocare è lecito, a volte è necessario per provare a smuovere situazioni di impasse, ma questo non autorizza a passare il confine. Quante volte, invece, assistiamo a scene pietose, in cui uomini della politica additano alle avversarie ricorrendo a improperi ignobili e sessisti?
Leggendo Stai zitta, è impossibile non sentirsi coinvolti, chi da una parte della barricata, chi dall'altra: tutti e tutte, almeno una volta, siamo state vittime o carnefici (o entrambe le cose) e abbiamo ricevuto o pronunciato frasi sessiste. Stai zitta ci aiuta a tornare indietro, a ripensare al vissuto, a quello che talvolta abbiamo subito deglutendo, a fatica, un complimento di cattivo gusto o un "signora" al posto del nostro titolo professionale. Può anche capitare, tra una pagina e l'altra, di dire: "Ah, non ci avevo pensato!", e dunque di pentirsi per qualcosa di detto o scritto in passato. Ben venga questo tipo di approccio, a mio parere. Male, invece, se davanti a un libro così, forte già a partire dalla sua copertina, qualcuno dovesse pensare un "chissenefrega" tutto attaccato, rapido quanto il pregiudizio. Perché forse tanti non si rendono conto che una certa incuranza nell'uso delle parole riflette incuranza nell'attenzione all'Altro e all'Altra, cosa che poi si estende tristemente a tutti gli ambiti. Non è una parola sbagliata che porta al femminicidio, certo, ma sono tante parole sbagliate a innescare tanti gesti sbagliati e, alla lunga, conducono a un sempre minore rispetto per chi ci sta accanto.
Piccola parentesi: si può anche leggere Stai zitta e qui e là dissentire, perché no? L'importante è misurarsi con verità scomode: ci stanno davanti quotidianamente, ma non sempre siamo disposti a osservarle, spesso le vediamo solo distrattamente. Per non restare indifferenti e non abituarsi a passare oltre, quest'oggi ho portato Stai zitta in classe e lo farò ancora, insieme a un altro libro prezioso, Invisibili di Caroline Criado-Perez (che trovate recensito qui): ho visto una luce negli occhi dei miei studenti, e la gioia più grande è stata scoprire che quel lampo d'interesse non brillava solo negli occhi delle ragazze, ma tutti hanno provato rabbia e indignazione verso episodi di cui abbiamo parlato. La speranza di abbattere le discriminazioni parte anche da qui. E brilla.
GMGhioni
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