La poesia dell'esistenza che splende, sospesa tra amore e disamore: il romanzo di Maria Grazia Calandrone candidato al Premio Strega 2021


Splendi come vita
di Maria Grazia Calandrone
Ponte alle Grazie, 2021

pp. 224
€ 15,50 (cartaceo)
€ 3,99 (ebook)


E le parole vanno via da noi, dalla cera impassibile dei nostri volti, e attivano le leve submarine di altri esseri umani, uguali a noi. Che splendono, talvolta, come noi splendiamo. Senza saperlo. (p. 13)
Noi che splendiamo senza saperlo.
Questa è la prima immagine che mi sono ritrovata a sottolineare in un libro che alla fine della lettura avevo riempito di note. Ho iniziato da qui perché è uno dei primi passi nei quali si fa riferimento alla forza delle parole che escono da noi ("semi sparsi come costellazioni nell'aria trasparente del mattino") ed entrano negli altri, attivando leve che ci rendono esseri comunicanti gli uni con gli altri, e soprattutto comunicabili gli uni agli altri.
L'intero romanzo di Maria Grazia Calandrone, Splendi come vita, tra i candidati al Premio Strega 2021, è un'ode alla parola - naturale mezzo di espressione e di indagine per una poetessa e scrittrice - qui attivata come potente strumento di ricordo.
L'autrice scrive che alle parole spesso affidiamo la memoria di ciò che non sappiamo nemmeno di ricordare e quindi eccoli qui, i suoi ricordi che si fanno parole, poi raccolte, trattate, trasformate perché insieme possano rendere il canto mutevole della vita.
Molteplici sono i livelli di lettura del libro, stratificati come lo sono i significati attivati dalla memoria di chi scrive. Il romanzo è una lunga lettera d'amore alla madre adottiva Ione (da Consolazione) che nel 1965 ha accolto insieme al marito Giacomo la piccola Maria Grazia, abbandonata ancora neonata sul prato di Villa Borghese dalla madre biologica Lucia, poi suicida.
I giornali del tempo coprirono la notizia raccontando l'affidamento come lieto fine nella vicenda di una bambina incolpevole come sempre lo sono i bambini.
Dalle fotografie che immortalano Ione sorridente, nelle sue mani quelle della piccola, emerge il senso dell'adozione come atto di scelta (dal latino ad-optare). Ma una foto è spesso l'istantanea di un'esistenza che sotto la superficie calma è un mare in tempesta. Calandrone narra adesso con questo libro la vita che hanno vissuto insieme, lei e Ione, ma anche lei e Giacomo, stretti in una danza di amore e disamore:
Sono caduta nel Disamore a quattro anni, quando Madre rivelò Io non sono la tua Mamma Vera. (p. 19)

Da quel momento in poi, dall'attimo decisivo della consapevolezza, il senso della perdita ha avvolto la bambina tra le spire di "un pianto non pianto". Quello che la sé infantile non è sempre riuscita a dire viene espresso oggi dall'adulta e scrittrice.
Il confronto tra Madre Vera e Madre Non Vera (qualsiasi cosa questi termini significhino) è una dialettica costante nella quale si mescolano affetto e sangue, detto e non detto. La presa d'atto della loro distanza diventa un secondo parto, ma questa volta "un parto a parole" che invece di ricongiungere separa.
Calandrone racconta la storia di una bambina che non sempre si è sentita amata e che per molto tempo non ha compreso come mai l'amore non possa trasformarsi in sangue. È un concetto che sfida ogni logica se si pensa a quanto riesca a farci male la sua assenza ("Amore e morte sono parenti di sangue").

La madre è invocata, interrogata, studiata e osservata, come se entrambe fossero allo specchio. E ci appare delusa, sofferente, sola, incompresa e incomprensibile. È amata di un amore onnicomprensivo: "io che mi invento il mondo per farla felice", scrive a un certo punto la figlia.
Mamma dove sei?

Questa è una delle domande che percorrono le pagine, le domande di una solitudine amante.
Il lettore è parte attiva nel processo di costruzione di questa consapevolezza e nell'accettazione della perdita come forma paradossalmente fertile di scoperta del mondo

Splendi come vita
diventa così molto più di un dialogo a due - tra l'io di Calandrone e il tu della madre - è un dialogo con se stessa.
Nei vari capitoli, costruiti come quadri isolati di intensa forza poetica (anche da un punto di vista paratestuale il libro somiglia quasi a un poema in prima persona), si racchiude il senso del trascorrere del tempo. Infanzia, adolescenza, maturazione, prove che conducono all'età adulta.
È il romanzo di formazione di una bambina che ha in sé miriadi di oggetti ipersensibili e che imparerà a maneggiarli e a prendersene cura mentre le sue parole si fanno spazio nel mondo, come un fiume senza argini.
Il libro è la testimonianza vigorosa di una ricerca di amore e di adozione nel senso più attivo del termine. Perché se è vero che fino a un certo momento sono soprattutto i genitori a scegliere, col tempo la scelta diventa condivisa ed essere figli non è solo un destino subìto.
La maturità aiuterà l'autrice ad abbracciare ciò che per molto tempo della figura della madre le è sfuggito: anche lei era una donna con i suoi dolori e le sue gioie, anche lei aveva ferite e cicatrici. Come tutti ha commesso degli sbagli.

Splendi come vita
è attraversato dall'energia poetica in ogni sua parte; la poesia è la "musica originaria" che Maria Grazia ragazza comincia a sentire a tratti, quasi rimbalzasse sui muri di una prigione, ed è "un'armonia significante" che nel tempo le permette di fabbricare e fabbricarsi.
È qui che il cerchio si chiude: in questa poesia delle parole sta il nostro affidarci al mondo, la ricerca di un mezzo che ci permetta di sfondare il guscio che ci divide per arrivare al nucleo della vita, "all'infinito dentro le persone", creature insieme meravigliose e misere.
Alle parole sole possiamo consegnare il "bastimento carico di eternità" delle nostre esistenze mortali. Che magnifico paradosso. 


Claudia Consoli