La rivendicazione di una condizione di esistenza, tanto fisica quanto letteraria: Aixa de la Cruz, "Transito"




Transito
di Aixa de la Cruz
Giulio Perrone Editore, aprile 2021

Traduzione di Matteo Lefèvre

pp. 122
€ 15 (cartaceo)

Transito di Aixa de la Cruz inizia dalla copertina. Uno squarcio rosso sangue che ci accoglie, che ci annuncia che stiamo entrando in un territorio inesplorato, dentro la carne viva. Un territorio che non ci consentirà alcuna stasi, ma che ci obbligherà a numerosi transiti, appunto: dentro e fuori Aixa de la Cruz, tra il suo corpo e il nostro, tra la sua vita e la nostra. Un transito continuo tra letteratura e vita che rende impossibile definire questo libro con le solite categorie. Quello che è stato chiamato metafiction, memoir, saggistica personale, nasconde in realtà un’operazione letteraria di genio, un romanzo che studiatamente vuole, esige, impone una reazione, e per essere sicuro di arrivare al proprio obiettivo, accompagna il lettore verso di esso, lo forma, lo fa crescere con sé pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo. Ed è in questo processo di continua ascesa verso un finale inevitabile che sta l’anima intangibile di questo romanzo, argento vivo impossibile da far stare immobile il tempo necessario per una fotografia – o per una recensione tradizionale. Proviamo dunque a ripercorrere il percorso, ad aprire una cartina geografica sui transiti di queste 122 pagine.

Il romanzo inizia spalancandoci le porte sul mondo del corpo. Un corpo che vive attraverso il dolore, e che lo mostra, lo racconta tramite le cicatrici. In modo decisamente programmatico, parola e corpo vengono sovrapposti: il significante viene fatto coincidere con il significato, e il linguaggio assorbe ed esprime contemporaneamente quel dolore, con una potenza resa magnificamente dalla traduzione di Matteo Lefèvre. Dopotutto il corpo è terreno di narrazione, è linguaggio: è la carta su cui scriviamo con l’inchiostro delle nostre passioni distruttive, è la superficie dove i nostri traumi si incidono. E de la Cruz non risparmia potenza nella narrazione dei traumi che hanno aleggiato attorno al suo corpo, dall’infanzia all’età adulta. Ci trascina dentro il suo corpo, ci fa rivivere attraverso il suo.

E noi, leggendo questa storia di un corpo, pensiamo di aver capito che si tratta di un memoir, e iniziamo quasi ad accomodarci nella comoda poltrona del genere letterario univoco e facile. Finché Aixa de la Cruz fa un salto successivo. E rivendica una narrazione del suo corpo che vada al di là di ciò che è stato, al di là della materia. Riscrivere la vita riscrivendo il corpo, e riappropriarsi di entrambi tramite una storia inedita.
«Scambierei la mia adolescenza a competere con le belle ragazze per una adolescenza di belle ragazze con cui potermi toccare. Voglio tornare indietro e scoparmi tutte quante le mie compagne di classe che mi hanno coperto di insulti a scuola. E non sto parlando di sesso per vendetta, sto parlando di emendare la mia storia.» (p 33)
Emendare la propria storia”: è in questa rivendicazione che il romanzo trova il suo nucleo vitale. Ecco a cosa serve la letteratura, ecco il rapporto che la parola scritta intrattiene con il corpo umano. Questa narrazione così plausibile, così tangibile, così materica, vuole in realtà sbeffeggiare chi ha bisogno di un'oggettività che non esiste, chi afferma la superiorità della materia sulla narrazione, chi vuole distinguere a tutti i costi tra fiction e letteratura, tra parola e cosa. Perché noi non siamo solo dei corpi, ma siamo la storia che scriviamo sopra il nostro corpo, con il nostro corpo.

Ed è proprio questa rivendicazione a prepararci per il finale di questo percorso, un finale che aveva scorso sottoterra per tutto il romanzo, ma solo nelle ultime pagine viene dispiegato dall’autrice, che, avendoci accompagnato fin lì, sa che ora possiamo capirlo: la violenza. Come possono le donne essere padrone della propria storia se il corpo con cui la scrivono è oggetto di costante ingerenza da parte degli altri? Violenza fisica, violenza sessuale, o la violenza di una società che non crede alle vittime di stupro. La violenza di chi ipersessualizza le donne e la violenza di chi le vorrebbe virginali. La violenza può venire da ogni dove, la violenza è la condizione di vita del corpo umano che vorrebbe scrivere la propria storia ma non può, e allora si limita a emendarla. La condizione di esistenza del corpo femminile. Una condizione che Aixa de la Cruz ha accettato, studiato a fondo, e infine scelto coraggiosamente di abitare, non arrendendosi alle storie scrittele addosso dagli altri, ma caparbiamente emendando la sua storia. Tramite la letteratura, tramite questo libro. La condizione del transito continuo tra realtà e narrazione.

Marta Olivi