"Racconti di donne sole" di Ada Negri: la questione femminile e una scrittrice vittima del proprio tempo





Racconti di donne sole
di Ada Negri
AlterEgo, 2021

pp. 58
€ 3,90 (cartaceo)





La sorte letteraria di Ada Negri, poetessa e scrittrice lodigiana del secolo scorso, è stata a lungo malauguratamente legata al particolare momento storico in cui la sua opera vedeva la luce e ai mutamenti di potere. Acclamata da pubblico e critica e diventata celebre tanto in Italia quanto all’estero nei primi decenni del Novecento, pagò a caro prezzo i legami con il fascismo e nell’immediato dopoguerra il suo nome e la sua opera caddero nell’oblio. La critica letteraria stessa, che oggi si interroga con fervore sulla necessità di scindere l’artista dalla persona, all’epoca non le perdonò la vicinanza a Mussolini e le onorificenze concesse durante l’epoca fascista. Tuttavia lei non fu mai iscritta al partito fascista, né si può minimamente giudicare la sua quale opera di propaganda, ma il bisogno di dividere in modo netto alla fine della Guerra giusto e sbagliato, buoni e cattivi, causò alla scrittrice un inesorabile oblio. Alla giusta distanza storica, riprendiamo le poesie e i racconti di Ada Negri riportando il discorso alla sua dimensione letteraria, anche in occasione di nuove edizioni delle sue opere che negli ultimi anni sono apparse in libreria. Tra queste, un libriccino uscito in questi mesi per AlterEgo, casa editrice indipendente di cui mi aveva particolarmente colpito il saggio narrativo dedicato ad Emily Dickinson, e che ora di un’altra poetessa, Ada Negri, celebra una selezione di prose. 
Un volume minuscolo, contenente quattro racconti, che è un ottimo punto di partenza per approcciarsi a questa autrice per poi, magari, intraprendere un più corposo viaggio di riscoperta della prosa e delle liriche, anche per mezzo dei saggi e delle curatele affidate a Silvio Raffo e Davide Rondoni, per fare due esempi. In questi quattro racconti, introdotti da una breve ma interessante prefazione a cura di Manuela Marsili, c’è già moltissimo dell’universo letterario e umano di Ada Negri, a partire dal nodo centrale di tutta la sua produzione, ossia la condizione femminile a cavallo tra Otto e Novecento. 
Alla vita delle donne, alle costrizioni, a una condizione difficile, Negri ha dedicato prose, versi e importanti reportage giornalistici, ma tutta la sua vita è stata incentrata su tale tematica. In queste pagine che portano inevitabilmente il peso del tempo storico cui appartengono, prendono forma le vite umili, le solitudini – quelle stesse che scelse come titolo della sua raccolta più celebre – , le gabbie dentro cui le donne sono state (?) a lungo costrette, ma anche il desiderio, il corpo, rappresentato nelle varie fasi della vita dall’adolescenza alla vecchiaia. 
E i luoghi, non mera ambientazione ma partecipanti al racconto, una Milano di cui restano oggi immutati solo i nomi di certe vie e quartieri, entro cui i personaggi femminili si muovono e consumano la propria esistenza sospesi in una condizione di disperata solitudine, una compenetrazione di atmosfere e stati d’animo: 
Così densa, così opaca era la nebbia, che si sarebbe potuta tagliar col coltello. Penetrava nella bocca e nelle narici, mozzava il respiro, dava il senso dell'asfissia. Vie e case scomparivano, dissolte nell'impalpabile massa dei vapori. Atmosfera di sogno. Ma un sogno sinistro, pieno d'agguati. (Nella nebbia, p. 13)
Le donne di questi racconti patiscono una condizione di imprigionamento, su più livelli: è la gabbia delle convenzioni e del patriarcato che le costringe nel ruolo di figlia devota, moglie e madre senza altre possibilità di scelta (L’incontro); di un corpo sfregiato (Nella nebbia) o decadente (Il posto dei vecchi); delle responsabilità e del lavoro (Mater admirabilis). Ma ecco che talvolta la pagina si infiamma e il punto di rottura appare inevitabile: una decisione improvvisa che porta a svolte inattese, l’impulso del desiderio, un segreto da custodire per proteggere e proteggersi. 
[…] chiudendo in quell’attimo l’intera sua vita di donna, accumulando in quell’attimo sogni, desideri, brividi, carezze, impeti di dedizione, voluttà di sensazioni, tutta la occulta parte di sé che alla luce spietata del sole non aveva diritto d’esistere. (Nella nebbia, p. 19)
Un attimo, rubato, che diventa una vita intera per la protagonista che solo «nella nebbia», protetta dallo sguardo crudele degli altri sul suo volto sfregiato, trova il coraggio di seguire l’impulso del momento e prendere per sé ciò che fino a quel momento era sempre stato solo racconto per voce di altri. 
Svolte che hanno conseguenze inattese, di cui il racconto ci da conto di un breve momento, dell’istante immediato, per lasciare in sospeso ciò che sarà il resto. C’è una forza dentro queste donne e un desiderio bruciante di vita, che incantano a distanza di più di un secolo e per un attimo lasciano dimenticare la distanza tra noi e il tempo della composizione. 
Era dunque Maria Chiara? O non piuttosto un’altra, un essere staccato da tutto, lontano da tutto, indifferente a tutto? Lei, forse, sarebbe tornata indietro, avrebbe ripreso a testa bassa la strada mille volte percorsa, e così nota, che le erano familiari le venature d’ogni pietra. L’altra no. Fuggiva, fuggiva dal controllo dispotico delle consuetudini, dei doveri. Avrebbe potuto fuggire da se stessa? (L’incontro, p. 26)
Mutate le ragioni, è ancora ben comprensibile la spinta alla fuga, il peso delle costrizioni e di un quotidiano soffocante da cui tentare di scappare. Il desiderio di libertà della protagonista de L’incontro si scontra con l’ineluttabilità di una condizione da cui è difficile immaginare possa esserci altra soluzione se non compiendo un gesto definitivo, ma è l’imprevisto, ancora una volta, a smuovere la narrazione.

In ognuno di questi “Racconti di donne sole” c’è tragicità e desiderio, vita e morte, un intreccio che talvolta sfiora note patetiche per poi trovare, poche righe dopo appena, nuovo slancio. Lo sguardo di Ada Negri si fa intimo, partecipe, per restituire al lettore, tanto di ieri quanto di oggi, un ritratto sfaccettato della condizione femminile del secolo scorso. Un tempo molto lungo ci separa da Ada Negri, ma qualcosa di quelle donne ancora rimane.