Se avesse potuto avrebbe tagliato a metà il letto, il tavolo, tutte le sedie, i bicchieri, i piatti, il lavello, le piante. Doveva esserci un modo per separare anche i ricordi, così che ne restasse solo la metà, perché il peso gli riuscisse più leggero.
Quando ci si lascia, cosa resta dei ricordi vissuti insieme a un altro, prima che il tempo ce lo faccia diventare nuovamente estraneo, prima che l'oblio cancelli il dolore la rabbia la frustrazione o anche il senso di sollievo colpevole che segue l'aver eliminato, per forza o per necessità, qualcuno dalla nostra vita?
Lo scrittore argentino Patricio Pron racconta bene una storia a tratti persino banale: un uomo e una donna, scrittore lui, architetto lei, si lasciano. Cosa succede dopo? A loro due, agli amici da spartire, alle nuove persone che incontrano, alle vite da riorganizzare all'interno di una società intera che giorno dopo giorno si impegna a giustificare l'assurdità dei nostri necessari rapporti con gli altri.
Le amiche che ricevono foto di peni in erezione in chat con uomini che nelle biografie delle app di incontri si dichiarano sensibili, gli amici sposati con donne tiranniche, che da un lato fanno pena come fossero preda di un sortilegio e dall'altro snervano perché assolutamente non determinati a liberarsi, i familiari che esortano a fare o non fare quello che loro hanno o avrebbero fatto: insomma letteralmente chiunque sembra invitato a esprimersi su questo tema, vuoi perché averne fatto esperienza almeno una volta è un fatto di per sé abbastanza comune, sia perché quello sull'amore e sulle relazioni è un discorso ricorrente fin dall'antichità.
Che torna con più forza in questi tempi instabili, sotto forma di ossessione, quasi di una caccia all'oro, in bilico fra il bisogno di indipendenza e quello di stabilità.
E nonostante l'ideale di coppia venga continuamente messo in discussione, chiusa, socchiusa, aperta, apertissima, quasi spalancata, omo o eterosessuale, con o senza desideri di maternità, questo romanzo fotografa bene la fissazione col quale lo si scandaglia, forse come appiglio contro l'alienazione e la precarietà del lavoro e delle relazioni.
Con una scrittura asciutta e mai patetica, eppure profonda, Pron descrive una storia come tante ma – come nell'adagio tolstoiano – diversa proprio alla prova della sua infelicità.
Due persone quasi costrette a farsi male per stare meglio (mentre leggevo mi tornavano in mente alcuni momenti de Il passato di Alan Pauls, un grande romanzo sulla fine di quegli amori che non riescono a finire, pubblicato sempre da Sur) e per sentirsi, in fondo, ancora vive, che decidono di affrontare la fine per ritrovarsi al di là. Cambiati, più risolti o semplicemente al punto giusto del proprio cammino.
Giulia Marziali
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