La comune
di Louise Michel
Edizioni Clichy, Père Lachaise -Classici, 2021
Traduzione di Chiara Di Domenico
pp. 352
€ 14,00 (cartaceo)
Una volta, una cara e immensa professoressa di storia e filosofia mi disse che prima di incontrare le parole dell’autore, bisogna guardarne il volto e conoscerlo, seppur solo in ritratto o in fotografia: «Sembra una sciocchezza, ma quell’espressione ferma per sempre aiuta a raggiungere l’anima delle parole».
Edizioni Clichy, per la collana Père Lachaise, pare pensarla come la mia illuminante docente: il volto prima della voce. Ed è su un brillante sfondo azzurro che Louise Michel aspetta, a braccia conserte e con sguardo consapevole e fiero, di fare la conoscenza di chi vorrà raggiungere l’anima delle sue parole e del suo straordinario contegno.
Nata da un’unione illegittima il 29 maggio del 1830, Louise Michel cresce con i nonni paterni – di nobili origini – e la madre. Diventa maestra prima a Haute-Marne e poi a Parigi (dove apre una scuola tutta sua), cuore pulsante delle ferventi idee di fine Ottocento. Sostenitrice di Rosseau e Voltaire, la mente della nostra maestra inizia a sviluppare un profondo desiderio di rivoluzione nei confronti del regime bonapartista di Napoleone III – Secondo Impero di Francia – ormai prossimo al crepuscolo eterno.
Una folla senza nome è pronta a immolarsi purché la Repubblica e la Francia siano salve dal potere delle finzioni e del tradimento. «Quest’epoca è il prologo del dramma che cambierà le basi della società umana. […] Cominciano tempi eroici: le folle si uniscono come sciami di api a primavera, i bardi si levano cantando la nuova epopea» (pp. 20-21).
Una schiera di vivi e di morti avanza. Loro sono la Comune.
È il 1870. La guerra franco-prussiana imperversa, e i prussiani mettono sotto assedio buona parte di Parigi. Intanto Louise Michel comanda un gruppo di rivoluzionari a Montmartre, con un unico obiettivo: l’alleanza dei popoli contro i loro oppressori – la Prussia e Versailles. «Vedevamo già la Repubblica trionfare» (p. 49), eppure lo spettro di una primavera sanguinante fendeva la brezza leggera.
Il 28 marzo 1871, la Comune viene proclamata. «Non era la festa del potere, era la cerimonia del sacrificio: sentivamo essere gli eletti pronti alla morte» (p. 172).
Non aspettatevi pagine di “bella letteratura”. Louise Michel, dopo ventisette anni (1898) dal massacro di comunardi e versagliesi di quel mese di maggio del 1871, raccoglie documenti e memorie poiché decide che la Comune è pronta a fare la storia. La gente deve sapere affinché i poteri sciagurati dell’oppressione cessino di esistere, spalancando le «grandi porte dell’avvenire ingombre di mucchi di cadaveri» (p. 78) alla libertà.
Non aspettatevi nemmeno una fervida femminista da sciorinare come un nuovo trofeo o traguardo di emancipazione. Louise Michel è un'anarchica, e come tale si sente parte di un gruppo che ha le sue stesse idee e i suoi stessi desideri. Non importa il genere. Non ha rilevanza su chi e cosa deve essere posta una parola di garbo o incoraggiamento. Non c'è tempo da perdere e da gettare nelle fauci affamate del nemico. Bisogna solo essere uniti e soprattutto utili lì dove la guerriglia dissangua e squarcia le vie delle città.
Passata alla storia come la “vergine rossa”, Louise Michel rimane l’eroina della sinistra francese. Lei, che stava spesso «insieme alle infermiere venute a trovarci al forte di Issy, ma ancor più volentieri con i miei compagni in marcia; avevo iniziato con loro e volevo proseguire con loro. Non credo di essere stata un cattivo soldato» (p. 193). Lei, che «una notte in cui i miei compagni avevano voluto che andassi a riposare, vidi vicino alla barricata una chiesa protestante abbandonata, con un organo sdentato. Presa dall’estro, mi misi a suonare con tanta gioia che mi meravigliai di scorgere, furibondi, il capitano dei federati e tre quattro altri commilitoni. […] Così finì il mio saggio di armonia imitativa della danza delle bombe» (p. 220).
Louise Michel, con ammirevole compostezza e sondabile ardore, rivive i momenti scellerati e sofferenti di una delle ecatombe più crudeli della storia della Francia, menzionandosi pochissimo e tratteggiando appena quanto utile e indispensabile fosse all’armata della Comune, a sottolineare l’importanza dell’unione inscindibile di una moltitudine di singoli – uomini e donne – divenuti un solo corpo in nome delle libertà e della Repubblica, con il fine di resistere a tutti i costi contro i “prussiani parigini” (i versagliesi).
Non importa come avete scelto di colorare le vostre idee e ideologie. Il lettore che sceglie liberamente di incontrare questa minuta eppur così resistente donna, dallo sguardo fiero e cosciente, ha il dovere di disporre il proprio animo alla conoscenza e al confronto più sincero, tenendo sempre bene a mente che in guerra si è «invasati dalla grandezza degli eventi» (p. 182), scrive Victor Hugo, anch’egli convinto comunardo.
Louise Michel viene catturata, processata e condannata all’esilio dall’odio dei vincitori, e come lei, tutti i traditori di Versailles, i quali per lunghi sette anni rimangono all’oscuro dei nuovi eventi francesi. Al suo ritorno è tutto cambiato, «del resto, le opere e la vita di chi lotta per la libertà non restano sempre così, frammentarie, lungo il cammino?» (p. 322).
Olga Brandonisio