Novena di Marco Marrucci Racconti ed., 2021
pp. 128
€ 14,00 (cartaceo)
Poi altri due germogli di fuoco sono sbocciati vicino ai primi, hanno indugiato in doppia pariglia nell’oscurità e alla fine si sono animati, transitando con bieca lentezza verso sinistra. Solo a quel punto ho notato che il loro bagliore era rotto dallo scheletro di ferro che ancora ci separava. Adesso non li trovo più, raffreddati a morte dalla brezza o inghiottiti dalla luna. Davvero quei carboni sfavillanti erano gli occhi dei miei cani? (p. 112)
«Mi piacerebbe vedere Marrucci all’opera con altre sfide», scrivevo l’11 gennaio 2019, sempre qui sulle pagine di CriticaLetteraria, nel mio articolo sull’esordio di Marco Marrucci, «con altri testi non necessariamente più lunghi – la sua forza è nella densità, non nell’estensione – ma più complessi». La mia preoccupazione principale riguardo Ovunque sulla terra gli uomini, lo ricordo ancora, aveva a che fare con la creazione di storie articolate, che avessero strutture tipiche di una narrazione autoconclusiva. La sensazione che avevo avuto leggendo i suoi racconti era quella di una lunga e coloratissima pennellata sulla tela bianca dello sfondo: il risultato poteva essere sì qualcosa di bello e intrigante, ma che non per forza andava a creare un’immagine nitida, vale a dire una storia perfetta. Il rischio era farsi rapire dai dettagli, di perdersi nei colori, senza per questo uscirne soddisfatti. Era un rischio, un potenziale, appunto, una linea sottile sulla quale Marrucci giocava e insisteva.
Novena, opera seconda dell’autore toscano, ha scongiurato questo pericolo. Marrucci ha oltrepassato quella linea sottile, saltando a piè pari oltre il fosso insidioso della pura forma letteraria per atterrare nel terreno solido e compatto della narrazione. Nelle nove storie di questa nuova raccolta ha saputo mantenere il lirismo e la ricercatezza del linguaggio (che solo a volte sembra sfiorare la leziosità, ma è appunto uno sfiorare appena prima di tornare nel rango dell’eloquio) aggiungendo carattere e struttura alle storie.
Storie che sembrano sfidare oltretutto il genere letterario: Marrucci infatti non solo si diverte ad ambientare i suoi racconti in diverse parti del mondo ma, quasi a (o forse proprio per) evidenziare questa sorta di nomadismo narrativo, salta da un genere all’altro e lo fa con assoluta padronanza. Noi che restiamo a Palmer, il racconto che apre la raccolta, ambientato nei ghiacci dell’Antartide, sembra in apparenza una storia di esplorazione ma si rivela dopo poche pagine come una narrazione intimistica e psicologica, nel quale un non luogo fa da terreno di coltura per il terrore e il mistero. Mentre si prosegue sembrano echeggiare alcune atmosfere aliene e inquietanti di Solaris di Stanislaw Lem, anch’esso ambientato in un non luogo, nello specifico la stazione spaziale orbitante sopra il pianeta vivente che dà il nome al romanzo. Spettabile dottor Wainaina ricorda piuttosto i circoli viziosi e le situazioni paradossali e inestricabili dei romanzi di Kafka, nei quali il protagonista non riesce (non può, per la struttura fisica stessa della realtà) a uscire da una situazione labirintica e asfissiante. Fogli rinvenuti in una gabbia per cani ha un che dei racconti horror-grotteschi di Edgar Allan Poe: una situazione che sin dall’inizio si rivela senza via di fuga diventa man mano più angosciante perché il focus della narrazione si sposta sempre di più sulla stabilità mentale ed emotiva del protagonista.
Se con Ovunque sulla terra gli uomini Marrucci segnava un esordio notevole, Novena conferma le capacità artistiche di questo autore. A questo punto aspettiamo di leggere cosa ci riserverà la sua terza opera.
David Valentini