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#CritiCOMICS - "L'amore non basta!": il manuale di sopravvivenza anti-manipolatori di Sophie Lambda

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L’amore non basta! Come sono sopravvissuta a un manipolatore
di Sophie Lambda
Laterza, 2021

Traduzione di Valentina Maini

pp. 303
€ 20,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)





Travolgente, idilliaco, totalizzante, dolce e passionale a un tempo: l’amore improvviso tra Sophie e Marcus sembra tutto questo e molto di più.
La parola chiave è “sembra”.
Bastano poche pagine, e la brusca irruzione di un orsetto di peluche parlante a farci capire che non è esattamente così. La storia è narrata a posteriori dalla protagonista, impegnata a mangiare di gusto un piatto di spaghetti in una trattoria italiana: la prima parte del volume si configura come un lungo flashback finalizzato a raccontare il lungo e difficile percorso che l’ha condotta fin lì.
Quando incontra Marcus, un giovane attore promettente, anche Sophie è una ragazza in fase di realizzazione: illustratrice di talento, estroversa e socialmente ben inserita, non pare certo la vittima ideale delle manipolazioni a cui rimanda il sottotitolo dell’opera. Eppure, e lo capiremo presto, nessuno è immune al pericolo, e anche se la prospettiva della narrazione è femminile, l’autrice chiarisce in più punti che il problema non è un problema di genere. Il manipolatore è quella persona che riesce a farti sentire inadeguato mentre finge di preoccuparsi per te, quella che fa scenate immotivate e poi te ne attribuisce la colpa, quella che insinua nella tua mente dubbi che corrono come serpentelli neri e ti spingono a sentirti sbagliato, sporco, pieno di vergogna.Il tratto sicuro di Lambda, come il suo ricorrere a oggetti simbolo, rende trasparenti e immediate sulle tavole le dinamiche psicologiche in atto e scatena l’immedesimazione.
Per tutti noi abituati alle proiezioni animali di Zerocalcare, l’orsetto Chocolat, che si fa portavoce delle perplessità e del malessere crescente della protagonista, non potrà che risultare familiare. Chocolat, che rappresenta la serenità e la stabilità dell’infanzia, ma anche la voce della coscienza che mette in guardia, è il primo ad avvertire brividi di freddo di fronte alle intemperanze di Marcus, il primo a percepire le incongruenze e i dettagli dissonanti, ma è anche colui che parla al lettore e a tratti commenta causticamente le reazioni di Sophie, che rifiuta di prendere atto di quel che accade:
“Ed eccovi serviti un bell’attacco di panico. Dentro una cabina per foto tessere. In stazione. In Belgio. È davvero incredibile come un susseguirsi di scelte sbagliate riesce a rendere grottesco il racconto di una vita!” (p. 114)
Nelle illustrazioni sagaci, pungenti di Lambda, il cuore continua a bearsi in un’allegra ingenuità, mentre il cervello, roso dai tarli, preferisce nascondere a se stesso quello che appare sempre più chiaro, “ma hai voglia a nascondere tutto quanto sotto il tappeto, tanto non cambierà nulla, sarà solo un tappeto con sotto un sacco di cose...” (p. 118). Se il colore dell’idillio amoroso è il giallo, quelli della rabbia, della paura, della crisi della relazione sono il blu, il rosso, il nero, che dilagano fino a occupare sempre più parte delle tavole. Il manipolare è un campione del vittimismo, e oscilla con straordinaria disinvoltura dalle esplosioni di furore (“mmm. Non sarà una passeggiata parlargli, adesso che è posseduto dal demonio...”, commenta cinico Chocolat) a profonde ondate di autocommiserazione, che hanno l’effetto di legare ancora di più a sé la vittima. I comportamenti del manipolatore affettivo scavano nella coscienza e assumono la forma di sintomi fisici ed episodi di ansia e depressione in chi li subisce. Nel fumetto, il lento sprofondare di Sophie è rappresentato come una progressiva disgregazione psicofisica: mentre Marcus prosegue coerentemente nel suo atteggiamento passivo-aggressivo (o aggressivo-aggressivo, a seconda dei momenti), Sophie non riesce più a dormire, ha mal di stomaco, attacchi di panico, crisi di pianto; inizia ad avere acne e occhiaie scavate, non somiglia più a se stessa sotto nessun aspetto (“ma com’è che fa, a essere così scintillante, mentre tu sembri un cadavere in decomposizione appena riesumato dalla fossa?”, p. 154, le chiede impietoso il fedele orsetto).
È dal fondo della coscienza che arrivano le prime avvisaglie di pericolo, le prime indicazioni che è meglio scappare e sottrarsi a un rapporto distruttivo e venefico, ma né le une né le altre vengono ascoltate, almeno finché la loro voce non supera in volume quella, sempre più alta, di Marcus, che lancia accuse e minacce ad ogni ora più preoccupanti. Lasciare il manipolare è difficile quasi quanto stare con lui: lo scopre sulla sua pelle Sophie, che in breve si trasforma in una larva umana, prigioniera di una solitudine autoimposta che pare impossibile forzare per ritrovare un contatto con la realtà. E anche quando ci si prova, ci si deve scontrare con l’incomprensione della gente, divisa tra chi si è fatto ingannare dalla maschera di bonomia di Marcus e chi invece elargisce consigli superficiali a basso costo, senza percepire la vera portata della situazione: “Mica stiamo provando a “superare una rottura amorosa”, stiamo cercando di guarire dalla peste!” (p. 178) protesta Chocolat. Sì, perché il manipolatore affettivo è come un batterio super resistente, un miasma che contagia e uccide. Solo nel momento in cui accetta di chiedere aiuto, di aprirsi nuovamente al mondo, Sophie ritrova le energie necessarie per ricominciare. In tal senso, anche la rabbia è un segnale positivo, una tappa attraverso cui passare per uscire dal baratro, funzionale a una riacquisizione di consapevolezza.
L’obiettivo del graphic novel, che progressivamente vira verso la forma meno consueta del saggio a fumetti, non è solo testimoniale, ma anche educativo: Sophie Lambda vuole mostrare ai suoi lettori e alle sue lettrici quali sono gli indizi da cui si può riconoscere un manipolatore per evitare che anche altri si trovino a vivere il suo stesso dramma, o per aiutarli a uscirne se dovesse capitare loro. La seconda parte del volume sfrutta infatti le illustrazioni per presentare e commentare esplicitamente i riferimenti bibliografici e le principali teorie riguardanti i casi delle dipendenze affettive e chi le genera. Attraverso esempi tratti dalla sua esperienza e un solido supporto teorico, Lambda ripercorre le tappe della relazione disfunzionale, analizzandole singolarmente: l’idealizzazione, la svalutazione, lo scarto. L’autrice chiarisce bene che queste non sono tanto strategie del manipolatore, quanti effetti del suo specifico modo di essere, totalmente autocentrato e indifferente al dolore altrui. Questo presupposto consente di comprenderne meglio gli atteggiamenti, senza peraltro volerli giustificare con traumi o carenze affettive da collocare in un passato più o meno remoto.
Il graphic novel è un modo efficace per trattare l’argomento delle relazioni violente e disfunzionali, unendo alle parole l’incisività dell’immagine (ce lo aveva dimostrato già 7
° piano di Hop! edizioni, recensito qui). Nel caso di L’amore non basta, interessante è la scelta di Lambda di non fermarsi al dramma, ma di narrarlo retrospettivamente avvalendosi di un solido supporto teorico e delle possibilità offerte dall’ironia, che raggiunge il lettore con lampi continui e inaspettati. L’ironia è la forza della vita che ritorna nell’oscurità creata dal manipolatore, la prova della riemersione alla luce della vittima.
È tanto caruccio fare disegnini divertenti, ma dietro le quinte, a volte, è tutto buio, e umido, e brulicante di bestie schifose. Capita, e bisogna dire anche questo. Essere frizzanti ogni giorno è una lotta contro l’oscurità, una vera e propria scazzottata, e durante tutti quei mesi, a terra, distrutta, avevo smesso di reagire. (p. 261)
Per guarire davvero è necessario fare un profondo lavoro su di sé, comprendere quali fattori hanno indotto proprio noi a cadere in certe dinamiche e provare a bloccare eventuali meccanismi inconsci prima che si ripropongano. Solo affrontare il problema mettendosi in discussione infatti apre al cambiamento e quindi alla crescita. E questo è ciò che il manipolatore non riuscirà mai a fare, ma possiamo invece fare noi.

Carolina Pernigo

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