Traduzione di Valentina Maini
pp. 303
€ 20,00 (cartaceo)
Travolgente, idilliaco, totalizzante,
dolce e passionale a un tempo: l’amore improvviso tra Sophie e Marcus sembra tutto
questo e molto di più.
La parola chiave è “sembra”.
Bastano poche pagine, e la brusca irruzione di un orsetto di peluche parlante a farci capire che non è esattamente così. La storia è narrata a posteriori dalla protagonista, impegnata a mangiare di gusto un piatto di spaghetti in una trattoria italiana: la prima parte del volume si configura come un lungo flashback finalizzato a raccontare il lungo e difficile percorso che l’ha condotta fin lì.
Quando incontra Marcus, un giovane attore promettente, anche Sophie è una ragazza in fase di realizzazione: illustratrice di talento, estroversa e socialmente ben inserita, non pare certo la vittima ideale delle manipolazioni a cui rimanda il sottotitolo dell’opera. Eppure, e lo capiremo presto, nessuno è immune al pericolo, e anche se la prospettiva della narrazione è femminile, l’autrice chiarisce in più punti che il problema non è un problema di genere. Il manipolatore è quella persona che riesce a farti sentire inadeguato mentre finge di preoccuparsi per te, quella che fa scenate immotivate e poi te ne attribuisce la colpa, quella che insinua nella tua mente dubbi che corrono come serpentelli neri e ti spingono a sentirti sbagliato, sporco, pieno di vergogna.Il tratto sicuro di Lambda, come il suo ricorrere a oggetti simbolo, rende trasparenti e immediate sulle tavole le dinamiche psicologiche in atto e scatena l’immedesimazione.
Per tutti noi abituati alle proiezioni animali di Zerocalcare, l’orsetto Chocolat, che si fa portavoce delle perplessità e del malessere crescente della protagonista, non potrà che risultare familiare. Chocolat, che rappresenta la serenità e la stabilità dell’infanzia, ma anche la voce della coscienza che mette in guardia, è il primo ad avvertire brividi di freddo di fronte alle intemperanze di Marcus, il primo a percepire le incongruenze e i dettagli dissonanti, ma è anche colui che parla al lettore e a tratti commenta causticamente le reazioni di Sophie, che rifiuta di prendere atto di quel che accade:
La parola chiave è “sembra”.
Bastano poche pagine, e la brusca irruzione di un orsetto di peluche parlante a farci capire che non è esattamente così. La storia è narrata a posteriori dalla protagonista, impegnata a mangiare di gusto un piatto di spaghetti in una trattoria italiana: la prima parte del volume si configura come un lungo flashback finalizzato a raccontare il lungo e difficile percorso che l’ha condotta fin lì.
Quando incontra Marcus, un giovane attore promettente, anche Sophie è una ragazza in fase di realizzazione: illustratrice di talento, estroversa e socialmente ben inserita, non pare certo la vittima ideale delle manipolazioni a cui rimanda il sottotitolo dell’opera. Eppure, e lo capiremo presto, nessuno è immune al pericolo, e anche se la prospettiva della narrazione è femminile, l’autrice chiarisce in più punti che il problema non è un problema di genere. Il manipolatore è quella persona che riesce a farti sentire inadeguato mentre finge di preoccuparsi per te, quella che fa scenate immotivate e poi te ne attribuisce la colpa, quella che insinua nella tua mente dubbi che corrono come serpentelli neri e ti spingono a sentirti sbagliato, sporco, pieno di vergogna.Il tratto sicuro di Lambda, come il suo ricorrere a oggetti simbolo, rende trasparenti e immediate sulle tavole le dinamiche psicologiche in atto e scatena l’immedesimazione.
Per tutti noi abituati alle proiezioni animali di Zerocalcare, l’orsetto Chocolat, che si fa portavoce delle perplessità e del malessere crescente della protagonista, non potrà che risultare familiare. Chocolat, che rappresenta la serenità e la stabilità dell’infanzia, ma anche la voce della coscienza che mette in guardia, è il primo ad avvertire brividi di freddo di fronte alle intemperanze di Marcus, il primo a percepire le incongruenze e i dettagli dissonanti, ma è anche colui che parla al lettore e a tratti commenta causticamente le reazioni di Sophie, che rifiuta di prendere atto di quel che accade:
“Ed eccovi serviti un bell’attacco di panico. Dentro una cabina per foto tessere. In stazione. In Belgio. È davvero incredibile come un susseguirsi di scelte sbagliate riesce a rendere grottesco il racconto di una vita!” (p. 114)
Nelle illustrazioni sagaci,
pungenti di Lambda, il cuore continua a bearsi in un’allegra ingenuità, mentre
il cervello, roso dai tarli, preferisce nascondere a se stesso quello che
appare sempre più chiaro, “ma hai voglia
a nascondere tutto quanto sotto il tappeto, tanto non cambierà nulla, sarà solo
un tappeto con sotto un sacco di cose...” (p. 118). Se il colore dell’idillio amoroso è il giallo, quelli della rabbia,
della paura, della crisi della relazione sono il blu, il rosso, il nero,
che dilagano fino a occupare sempre più parte delle tavole. Il manipolare è un
campione del vittimismo, e oscilla con straordinaria disinvoltura dalle
esplosioni di furore (“mmm. Non sarà una
passeggiata parlargli, adesso che è posseduto dal demonio...”, commenta
cinico Chocolat) a profonde ondate di autocommiserazione, che hanno l’effetto
di legare ancora di più a sé la vittima. I comportamenti del manipolatore
affettivo scavano nella coscienza e assumono la forma di sintomi fisici ed episodi di ansia e depressione in chi li subisce.
Nel fumetto, il lento sprofondare di Sophie è rappresentato come una progressiva disgregazione psicofisica:
mentre Marcus prosegue coerentemente nel suo atteggiamento passivo-aggressivo
(o aggressivo-aggressivo, a seconda dei momenti), Sophie non riesce più a
dormire, ha mal di stomaco, attacchi di panico, crisi di pianto; inizia ad
avere acne e occhiaie scavate, non somiglia più a se stessa sotto nessun
aspetto (“ma com’è che fa, a essere così
scintillante, mentre tu sembri un cadavere in decomposizione appena riesumato
dalla fossa?”, p. 154, le chiede impietoso il fedele orsetto).
È dal fondo della coscienza che
arrivano le prime avvisaglie di pericolo, le prime indicazioni che è meglio
scappare e sottrarsi a un rapporto distruttivo e venefico, ma né le une né le
altre vengono ascoltate, almeno finché la
loro voce non supera in volume quella, sempre più alta, di Marcus, che
lancia accuse e minacce ad ogni ora più preoccupanti. Lasciare il manipolare è difficile quasi quanto stare con lui: lo
scopre sulla sua pelle Sophie, che in breve si trasforma in una larva umana, prigioniera di una solitudine
autoimposta che pare impossibile forzare per ritrovare un contatto con la
realtà. E anche quando ci si prova, ci si deve scontrare con l’incomprensione
della gente, divisa tra chi si è fatto ingannare dalla maschera di bonomia di
Marcus e chi invece elargisce consigli superficiali a basso costo, senza
percepire la vera portata della situazione: “Mica stiamo provando a “superare una rottura amorosa”, stiamo cercando
di guarire dalla peste!” (p. 178) protesta Chocolat. Sì, perché il manipolatore affettivo è come un batterio
super resistente, un miasma che contagia e uccide. Solo nel momento in cui
accetta di chiedere aiuto, di aprirsi nuovamente al mondo, Sophie ritrova le
energie necessarie per ricominciare. In tal senso, anche la rabbia è un segnale
positivo, una tappa attraverso cui passare per uscire dal baratro, funzionale a
una riacquisizione di consapevolezza.
L’obiettivo del graphic novel, che progressivamente vira verso la forma meno consueta del saggio a fumetti, non è solo testimoniale, ma anche educativo: Sophie Lambda vuole mostrare ai suoi lettori e alle sue lettrici quali sono gli indizi da cui si può riconoscere un manipolatore per evitare che anche altri si trovino a vivere il suo stesso dramma, o per aiutarli a uscirne se dovesse capitare loro. La seconda parte del volume sfrutta infatti le illustrazioni per presentare e commentare esplicitamente i riferimenti bibliografici e le principali teorie riguardanti i casi delle dipendenze affettive e chi le genera. Attraverso esempi tratti dalla sua esperienza e un solido supporto teorico, Lambda ripercorre le tappe della relazione disfunzionale, analizzandole singolarmente: l’idealizzazione, la svalutazione, lo scarto. L’autrice chiarisce bene che queste non sono tanto strategie del manipolatore, quanti effetti del suo specifico modo di essere, totalmente autocentrato e indifferente al dolore altrui. Questo presupposto consente di comprenderne meglio gli atteggiamenti, senza peraltro volerli giustificare con traumi o carenze affettive da collocare in un passato più o meno remoto.
Il graphic novel è un modo efficace per trattare l’argomento delle relazioni violente e disfunzionali, unendo alle parole l’incisività dell’immagine (ce lo aveva dimostrato già 7° piano di Hop! edizioni, recensito qui). Nel caso di L’amore non basta, interessante è la scelta di Lambda di non fermarsi al dramma, ma di narrarlo retrospettivamente avvalendosi di un solido supporto teorico e delle possibilità offerte dall’ironia, che raggiunge il lettore con lampi continui e inaspettati. L’ironia è la forza della vita che ritorna nell’oscurità creata dal manipolatore, la prova della riemersione alla luce della vittima.
L’obiettivo del graphic novel, che progressivamente vira verso la forma meno consueta del saggio a fumetti, non è solo testimoniale, ma anche educativo: Sophie Lambda vuole mostrare ai suoi lettori e alle sue lettrici quali sono gli indizi da cui si può riconoscere un manipolatore per evitare che anche altri si trovino a vivere il suo stesso dramma, o per aiutarli a uscirne se dovesse capitare loro. La seconda parte del volume sfrutta infatti le illustrazioni per presentare e commentare esplicitamente i riferimenti bibliografici e le principali teorie riguardanti i casi delle dipendenze affettive e chi le genera. Attraverso esempi tratti dalla sua esperienza e un solido supporto teorico, Lambda ripercorre le tappe della relazione disfunzionale, analizzandole singolarmente: l’idealizzazione, la svalutazione, lo scarto. L’autrice chiarisce bene che queste non sono tanto strategie del manipolatore, quanti effetti del suo specifico modo di essere, totalmente autocentrato e indifferente al dolore altrui. Questo presupposto consente di comprenderne meglio gli atteggiamenti, senza peraltro volerli giustificare con traumi o carenze affettive da collocare in un passato più o meno remoto.
Il graphic novel è un modo efficace per trattare l’argomento delle relazioni violente e disfunzionali, unendo alle parole l’incisività dell’immagine (ce lo aveva dimostrato già 7° piano di Hop! edizioni, recensito qui). Nel caso di L’amore non basta, interessante è la scelta di Lambda di non fermarsi al dramma, ma di narrarlo retrospettivamente avvalendosi di un solido supporto teorico e delle possibilità offerte dall’ironia, che raggiunge il lettore con lampi continui e inaspettati. L’ironia è la forza della vita che ritorna nell’oscurità creata dal manipolatore, la prova della riemersione alla luce della vittima.
È tanto caruccio fare disegnini divertenti, ma dietro le quinte, a volte, è tutto buio, e umido, e brulicante di bestie schifose. Capita, e bisogna dire anche questo. Essere frizzanti ogni giorno è una lotta contro l’oscurità, una vera e propria scazzottata, e durante tutti quei mesi, a terra, distrutta, avevo smesso di reagire. (p. 261)
Per
guarire davvero è necessario fare un
profondo lavoro su di sé, comprendere quali fattori hanno indotto proprio
noi a cadere in certe dinamiche e provare a bloccare eventuali meccanismi
inconsci prima che si ripropongano. Solo affrontare il problema mettendosi in
discussione infatti apre al cambiamento e quindi alla crescita. E questo è ciò
che il manipolatore non riuscirà mai a fare, ma possiamo invece fare noi.
Carolina Pernigo
Riproduzione delle immagini autorizzata dalla casa editrice
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