Io volevo essere eterna.
Krizia. Una biografia d’amore
di Anna Marchitelli
Edizioni Clichy, 2021
pp. 150
€ 17,00 (cartaceo)
«Intanto il suo più atroce desiderio scava nel profondo: «Vorrei essere eterna». Lo dichiara più volte con convinzione profonda. Ma sa bene che l’eterno si conquista con il duro lavoro, e lei lavora lavora lavora, instancabile ed entusiasta di fare ciò che le piace senza peso, se non quello del piacere stesso» (p. 24).
Per quanto contraddittorio possa sembrare, queste parole non descrivono l’ambizione di una donna determinata a durare negli ambiti secolari e canonici della scrittura, del teatro, del cinema, della musica, della danza, della pittura, della scultura o della fotografia. Esse sono, al contrario, il ritratto “(iper)attivo” e preciso di una protagonista di quel settore della creatività umana – la moda – considerato per tradizione il più effimero e transitorio, i cui esiti resistono di norma il tempo di una stagione e sono ben presto e di necessità sostituiti da altrettanti sodali e rivali nella conquista dei gusti della critica e del pubblico. Quello a firma di Anna Marchitelli è difatti il ritratto più che mai vitalistico di una stilista che scelse il nome del suo marchio e del suo regno citando nientemeno che il dialogo di Platone incentrato sulla vanità femminile, tema crogiuolo di croci e delizie per un’attitudine imperitura condannata a fare i conti con la caducità dell’esistenza. Perché Krizia, al secolo Mariuccia Mandelli (Bergamo 1925 – Milano 2015), fu per tutta la vita (e la carriera) ossessionata dal desiderio di inventare e celebrare un’idea di donna sempre nuova e sempre moderna, e proprio in virtù di ciò riuscì a imporsi negli annali storici di un mondo scandito da appuntamenti e cadenze semestrali oltre che dominato dagli uomini. Così la racconta, con sintesi e con efficacia, il volumetto appena pubblicato da Edizioni Clichy, “una biografia d’amore” (come da parziale sottotitolo) che è il riepilogo perfetto di una passione e di una missione destinate ad attraversare tutto il Novecento e oltre.
Felicemente privo dei toni agiografici e fanatici che talora guastano anche le biografie più esatte e rigorose, come anche della terminologia esoterica e del formulario involuto di cui ama bearsi la prosa fashion focused, Io volevo essere eterna è un tributo in cui la stessa vivacità della scrittura intende (e riesce a) restituire l’energia inesauribile e la personalità poliedrica della sua protagonista. Un compito non semplice ma avvincente, perché il cammino di Mariuccia Mandelli, e dunque di Krizia, è stato lungo e tutt’altro che monotono, pieno di curve, salite, discese, deviazioni, ponti e sottopassaggi: un’esplorazione costante e continua del pianeta moda compiuta con lo spirito di una pioniera e di una conquistatrice; mai, in nessun caso, con quello della turista o della villeggiante, come ben testimoniano anche le numerose citazioni tratte da interviste rilasciate a quotidiani o riviste di settore e da cui Anna Marchitelli ricava anche i titoli dei dieci capitoli, talmente perfetti che sembrano piccole epigrafi che vale la pena riportare per intero: Ho una piccola pretesa: voglio cambiare le donne (1925-1964), Il romanticismo è un lungo filo di perle (1964-1989), Non finisce più questa storia, è un tale piacere creare (1960-1980), Più che amarli, li temo (1968-1988), Un fatto è certo. Non me ne starò alla finestra, per quel che so e posso stimolerò idee (1984-1989), Non si può morire di moda (1990-1998), Dall’ago al milione, dal sottoscala al palazzo. Banale, ma è andata proprio così (1995-2000), Odio la parola lusso (2000-2005), Se lei non c’è me ne frego. Io la sfilata non la sposto (2005-2010), Rimpiango di non aver fatto tutto: il medico, l’esploratore, l’insegnante, la madre di famiglia, la scrittrice e via dicendo (2010-2015).
Piena di eventi e situazioni emblematiche, la vita di Krizia ha tratti che ricordano il romanzo di formazione e la sceneggiatura (non a caso proprio Anna Marchitelli, su suggerimento dell’attrice Viola Forestiero, ha già avuto occasione di lavorare a un monologo teatrale incentrato sulla stilista). Ci sono difatti, tra gli altri topos, la precocità del talento e della vocazione, gli esordi minimi e modesti e i progressivi risultati larger than life, l’amore coniugale con Aldo Pinto destinato a durare per sempre (fuori e dentro l’azienda), gli incontri e le amicizie con alcune delle figure più iconiche del secolo (Lady Diana in primis), le discordie e le rivalità esito di un carattere schietto e di un’indole nemica delle ipocrisie, delle piaggerie e delle connivenze (basti pensare al rapporto con la direttrice di «Vogue America» Anna Wintour, alle ammissioni in materia fiscale e finanziaria che la coinvolsero nell’inchiesta del pool Mani Pulite, alle controversie con la Camera della Moda e alle dichiarazioni tutt’altro che diplomatiche a proposito di politica). Perché più che un resoconto cronologico di collezioni e passerelle – a cui comunque è dedicato lo spazio cronachistico e descrittivo bastevole per evidenziare lo spirito della griffe – quello dato alle stampe da Edizioni Clichy è proprio l’omaggio a una creativa unica nel suo genere, a una donna di grandi visioni e intuizioni che dal proporre i suoi primissimi modelli con un rudimentale sistema porta a porta (e senza nemmeno l’aiuto di un indirizzario ragionato!) fece sconfinare Krizia oltre il binomio abiti-accessori (valga per tutti l’esempio del K Club a Barbuda) prima della celebrazione nei musei e del debutto avanguardistico on line. Proprio per questo sono così efficaci le parole con cui ne parla il cognato, il regista Francesco Rosi, marito della sorella Giancarla e padre dell’amatissima nipote e attrice Carolina (a sua volta moglie di Luca de Filippo); parole che lasciano intuire un mondo interiore di fantasia e curiosità sconfinate messe al servizio di una filosofia di vita, tutt’altro che assuefatte all’evasione in dimensioni elitarie di eccessi e stravaganze tout-court:
«ho visto Mariuccia incantarsi senza fine davanti a un muro, per rubarne il colore di anni di intemperie, di sole, di muffe. L’ho vista raccogliere sassi, conchiglie dai bianchi innocenti, dai rosa impudichi. L’ho indovinata voler strappare il segreto di un pezzo di stoffa consumato dai secoli, chiedere alla pittura, alla scultura, all’architettura, alla musica, alla parola, il mistero della loro resistenza al tempo. Ne ho ammirato il coraggio di misurarsi con un’attualità che violenta ogni tradizione e sconvolge ogni regola. Sempre con stile, sempre con emozione. E sempre ne ho ricevuto un’emozione. È il segreto di Mariuccia l’emozione. Un sentimento che arriva diretto dalla bellezza, dalla funzione, dalla necessità, dalla misura, dall’armonia» (pp. 40-41).
Breve nella misura ma non riduttivo nel contenuto, Io volevo essere eterna è un’ottima soglia di ingresso per quello che è stato il regno di Krizia: una cronistoria ammirata e celebrativa non solo di una signora indiscussa del migliore made in Italy, ma anche la descrizione senza trucco e senza inganno di una business woman che si curò sempre di non vendere l’anima al mercato o alle correnti partitiche, e che proprio per questo pagò caro il prezzo di scelte e dichiarazioni scomode e impopolari. Ricordare oggi le vicissitudini creative e imprenditoriali di Mariuccia Mandelli aiuta così anche a ripercorrere tutti gli snodi principali del sistema della moda globalmente inteso, ripensando con lucidità che cosa abbia significato avventurarsi in questo settore a partire dal secondo dopoguerra e riuscire sempre nell’impresa della convivenza armonica ed equilibrata di elementi tradizionali e innovativi (quando non direttamente rivoluzionari, implicazioni digitali e virtuali incluse). Certo, il lavoro a firma di Anna Marchitelli è totalmente privo di fotografie, il che è una mancanza non da poco data la natura della sua biografata. Ma non importa: i riferimenti essenziali ai migliori volumi votati alla restituzione anche visiva di Krizia nel suo insieme sono comunque indicati dall’autrice, che con la sola forza delle parole ha preferito evocare un patrimonio di immagini e un intero immaginario. Del resto, il ritratto di copertina è già di per sé bastevole per comprendere che le 150 pagine in questione sono tutte dedicate alla donna dalla “frangetta di ferro”, la “pantera” innamorata delle fiere, la Crazy Krizia di americana memoria che stringe a sé una pubblicazione in cui campeggiano le sei lettere del suo marchio, tributo onomastico e filosofico al ripensamento continuo della donna più che a un sistema vestimentario fatto di lusso e vacuità e del tutto privo del sentimento delle idee.
Cecilia Mariani