di Carmen Korn
Fazi editore, giugno 2021
Traduzione di Manuela Francescon
pp. 650
€ 20,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
Contemplare per qualche minuto la fontana era il rituale che Gerda Aldenhoven non mancava di ripetere ogni Capodanno. Forse temeva che, se avesse smesso, le avrebbe portato sfortuna.
Lo sguardo di Elizabeth andò ai due calici che erano ancora sul ripiano di ceramica accanto all'acquaio. Nina non aveva nemmeno voluto brindare con loro al nuovo anno, era corsa direttamente in camera, ansiosa di infilarsi nel letto col bambino e l'orsacchiotto.
A Margarethe la pelliccia di ermellino non piaceva affatto, ma gliel'aveva regalata sua suocera e si sarebbe offesa a morte se non l'avesse indossata per il grande pranzo di famiglia al Royal.
A Colonia ci sono Gerda ed Heinrich. Lui è un gallerista che ha visto tempi migliori e vivono con loro i figli, Ursula e Ulrich e con le cugine di lui, Billa e Lucy, che hanno perso la loro casa durante i bombardamenti.
Ad Amburgo, invece, stanno Kurt ed Elizabeth con la figlia Nina e il nipote Jan. Loro genero, Joachim, è da tempo disperso in Russia e hanno perso le speranze di rivederlo.
Nella mite Sanremo vive Margarethe, sorella di Heinrich, sposata con uno storico dell'arte appartenente a una ricca famiglia della buona borghesia sanremese, la famiglia Canna, guidata dalla dispotica matriarca Agnese.
È il primo gennaio del 1950 quando si apre il sipario sulle vite di questi tre nuclei familiari e su queste tre città. È un nuovo decennio, si spera di lasciare alle spalle la guerra, le distruzioni, i lutti più o meno gravi che si sono subiti, dalla perdita della casa a quella di una persona amata. Prende dieci anni questo primo volume di due della nuova saga di Carmen Korn. Saga che, come già la precedente trilogia, segue le vite di moltissimi personaggi, annodandoli e traghettandoli nel nuovo decennio.
Non era questo che la gente voleva? Rinverdire i ricordi del passato?
L'idea della gioventù è sempre positiva: piena di errori e di sperimentazioni, certo, ma anche di infinite possibilità. Il "mondo giovane" della prima generazione di questo romanzo – Gerda ed Heinrich, Kurt ed Elizabeth, Billa e Lucy, Margarethe e Bruno – ha conosciuto gli errori più grandi che l'umanità possa compiere: l'avvento del nazionalsocialismo, la seconda guerra mondiale, tutti quegli eventi che non si possono non prendere in considerazione quando si scrive un'opera di narrativa ambientata in Germania nel XX secolo. Sono stati eventi distruttivi che si sono potuti realizzare con la silenziosa acquiescenza di tutti: i responsabili sono altri, ma senza chi schernisce un corteggiatore solo perché ebreo, come accade a Billa nei lontani anni Trenta, o senza l'uso alla leggera della parola "ariano" come chiunque nella Germania del Terzo Reich aveva fatto, forse le conseguenze non sarebbero state così catastrofiche. Questo senso di disagio per il ruolo che più o meno inconsapevolmente tutti i personaggi hanno giocato traspare, vuoi da frasi occasionali, vuoi da traumi ben più profondi e difficili da far riemergere come quello vissuto da Elizabeth. Con il riserbo teutonico e lo stile che non cede mai al patetismo a cui l'autrice ormai ci ha abituato, dobbiamo affidarci ai dettagli, ai piccoli indizi per intuire quanto i personaggi siano profondamente segnati e quanto il mondo giovane di un tempo, dove la prima generazione è nata, si è conosciuta e amata, non è stato per nulla dorato. Sempre ai dettagli dobbiamo affidarci per ricostruire parzialmente le loro vicende: dall'amicizia di Gerda ed Elizabeth che si sono conosciute bambine, a Margarethe che si è trasferita a Sanremo da Colonia in tempi ancora relativamente tranquilli, a Kurt che si è barcamenato durante la guerra grazie alla sua grande abilità al mercato nero e a un neutro supporto alla casse dominante che gli ha consentito di continuare il suo lavoro in banca. Ci sarebbe materiale per un prequel, ma con un lavoro di selezione narrativa ben fatto, l'autrice non ripercorre gli anni della guerra – già indagati nel dettaglio nella precedente trilogia – ma compie un passo avanti a livello storico.
Niente di strano se allora ci si rivolge alla nuova generazione, al loro mondo giovane per attingere a quanta più speranza possibile nel tentativo, anche, di ricostruire sulle macerie un mondo più giusto. Kurt, parlando con la figlia Nina, fa una riflessione in merito alla guerra.
«Quel ricordo ce lo porteremo dentro per sempre, Nina. Tutti quanti. Forse lo trasmetteremo anche ai nostri figli. Una volta mio padre mi parlò del grande terremoto di San Francisco del 1906. I cervi ne hanno trasmesso il ricordo alle generazioni successive e ancora oggi precipitano nel terrore ogni volta che la terra trema».
Tutta la nuova generazione è nata durante il Terzo Reich o in periodo di guerra e le privazioni e la paura sono state parte del loro quotidiano. Ciò non toglie che il nuovo ciclo di mondo giovane debba fare il possibile per vivere e costruire la propria realtà. Per alcuni è indubbiamente più facile. Gianni, il figlio di Margarethe e Bruno, non ha mai vissuto a Colonia nel periodo dei bombardamenti e i traumi del conflitto lo toccano molto marginalmente e, infatti, lui sarà il più intraprendente e pieno di energia per affrontare gli anni del boom economico che stanno per arrivare. Altri sembrano farsi carico di curare e fare ammenda per quanto successo: così Ursula, la figlia di Gerda ed Heinrich, intesse relazioni con uomini che la guerra ha lasciato a pezzi e traumatizzati ed Heinrich si imbarca nella ricerca di un pittore ebreo di cui si sono perse le tracce con le deportazioni di massa. Chi invece ha patito di più, come nel caso della famiglia di Kurt, Elizabeth e Nina, non riesce mai a chiudere del tutto i conti con la guerra.
Ma se c'è una cifra comune nelle opere di Carmen Korn, quella è l'ottimismo. Perché si intrecciano molte vicende – alcune forse sono state sacrificate e avrebbero meritato un po' più di respiro, ed è probabile che l'avranno nel secondo volume – non manca la tragedia, sia quella passata che presente, ma i fili finiscono sempre per riannodarsi nella maniera migliore possibile fino a comporre un puzzle perfetto di pezzi che si incastrano, come se fossero stati destinati ad approdare al loro finale che è lieto per quanto la narrativa e la vita possano permettere. A volte si ha l'impressione che questo perfetto accomodarsi non sia reale e si perde per qualche istante la sospensione dell'incredulità. Ma solo per qualche secondo perché a un mondo che vuole costruirsi una nuova gioventù si può solo augurare tutta la fortuna e l'ottimismo possibile. Sperando che siano sufficienti perché il nuovo mondo giovane commetta i suoi bravi errori, ma che non siano distruttivi come quelli avvenuti nel passato.
Per gli affezionati di Carmen Korn, c'è anche un piccolo "easter egg" che fa riferimento alla trilogia del secolo. Tutta la produzione fa parte di un'unica, grande storia che l'autrice non smette di esplorare.
Giulia Pretta