Africana. Raccontare il Continente al di là degli stereotipi
a cura di Chiara Piaggio e Igiaba Scego
Feltrinelli, maggio 2021
pp. 224
€ 19 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
Mettiamola così. Provate a pensare all’Europa (intesa come continente) come un blocco monolitico, un unico spazio orizzontale privo di caratteristiche specifiche che si spinge dalle Azzorre all’estremo punto della Siberia russa. Immaginate di annullare l’unicità di Parigi, Roma, Mosca, Lisbona, Atene, Praga, Copenaghen e tutte le altre città che caratterizzano la pluralità e la diversità del continente semplicemente attraverso il termine “europeo”. Come reagireste all’omologazione di culture e di lingue lontanissime tra di loro? Come vi sentireste se si parlasse di Europa solo attraverso i suoi più ricorrenti stereotipi o gli eventi più tragici che hanno caratterizzato la sua storia? Bene, ecco come noi occidentali (e in Italia in particolare) parliamo del continente africano, ridimensionando la sua bellezza, la sua complessità, la sua storia e la sua diversità attraverso una parola che riduce questo spazio immenso ad un unico, piccolo villaggio fatto di capanne di paglia, animali esotici, estrema povertà, tramonti indimenticabili e ricorrenti stereotipi coloniali: Africa.
Con la raccolta Africana. Raccontare il Continente al di là degli stereotipi (Feltrinelli), Chiara Piaggio e Igiaba Scego presentano al lettore italiano il continente africano attraverso quella pluralità che è stata per troppo tempo cancellata dalle narrazioni egemoniche, imperialiste e colonialiste dell’Occidente. Non Africa, ma Afriche. Cinquantaquattro paesi diversissimi gli uni dagli altri, con realtà geografiche, socio-politiche, linguistiche, etniche, culturali, storiche e religiose molto differenti e che caratterizzano singolarmente ogni realtà del continente. Senza pretese di compiutezza descrittiva di quello spazio, Africana è una raccolta eterogenea – due brevi saggi, vari racconti e una narrazione visuale – che focalizza la sua attenzione nei paesi subsahariani, nei suoi personaggi e nelle loro narrative. O meglio, Africana lascia che questi paesi “si raccontino” attraverso lo sguardo di chi lì ci vive o ci ha vissuto. Diciannove autori provenienti dal Continente e dalla diaspora africana parlano in prima persona delle loro Afriche, restituendoci una narrazione che, prima d’ora, non conoscevamo.
La freschezza narrativa di Africana è sorprendente. Lontano dai safari, dalla povertà strutturale, dalle malattie, dalle guerre e dai luoghi comuni che fanno dell’Africa un continente che ha ancora bisogno di essere “salvato” dall’Occidente, le Afriche della raccolta si raccontano da dentro attraverso la ricchezza della loro letteratura e produzione critica. Autori famosi internazionalmente come Chimamanda Ngozi Adiche e Achille Mbembe si alternano alle nuove generazioni di scrittori africani emergenti, quali Efemia Chela e Rémy Ngamije, per passare poi agli afropolitani come Taiye Selasi e NoViolet Bulawayo, identità fluttuanti tra Occidente e continente africano. In queste pagine ci vengono raccontate delle Afriche moderne, vitali, ironiche, multiculturali, cosmopolite, che si spostano in tutto il mondo e che stanno diventando meta e centro di gravità per molti occidentali e asiatici.
Sfogliare Africana è come immergersi in un’orchestra urbana, dall’impetuosa Lagos di Chimamanda Ngozi Adiche all’affascinante Antananarivo di Johary Ravaloson, dall’alta società di Accra descritta nel racconto di Taiye Selasi a quella degli homeless di Windhoek in “La Ronda dei Quartieri” di Rémy Ngamije. È ascoltare i pensieri di una solitaria pianista di un hotel ad Addis Abeba in “La pianista” di Agazit Abate e giocare a basket con le ragazze del racconto “La lotta per il basket femminile in Somalia” di Alexis Okeowo. In Africana ci sono gangster che vengono sepolti vivi, regine decadute che vengono esiliate in paesi lontani, ragazze queer alla ricerca della loro identità e tanti altri personaggi che ci fanno vedere attraverso i loro occhi i mondi in cui si muovono e vivono. Insomma, una produzione che non ha nulla a che vedere con l’immaginario stereotipato di una letteratura africana vittimistica e generalista che normalmente il lettore occidentale si prefigura. Al contrario. Non mancano poi le riflessioni critiche che mirano a decostruire le epistemologie coloniali che tutt’oggi attanagliano il Continente e la sua percezione in Occidente. In “Come scrivere dell’Africa”, Binyavanga Wainaina critica il modo in cui l’Occidente continua a raccontare l’Africa attraverso vecchi stereotipi coloniali, i quali si trasformano nelle nuove argomentazioni neocoloniali, mentre Achille Mbembe rivendica, in “Gli africani devono purificarsi dal desiderio dell’Europa”, il diritto umano dei migranti contro le politiche europee di controllo e lotta per la libera circolazione degli abitanti del continente africano. “Annie tra i poveri” di Felwine Sarr è invece un’ironica accusa al sempre più dilagante white savior complex europeo.
Africana parla implicitamente di futuro. Un futuro che parte dal presente degli autori e delle autrici, figli e figlie di un Continente le cui ferite del colonialismo occidentale sono, da una parte, ancora visibili, dall’altra sono la base dalla quale queste generazioni partono per dire all’Occidente: mai più. E da questo “mai più” il continente africano vuole alzare la propria voce, raccontarsi, narrarsi e mostrarsi attraverso le proprie lingue, parole, culture, immagini e storie. Queste Afriche vogliono essere finalmente protagoniste di se stesse, per mostrare al mondo quanto ogni realtà africana sia unica e irripetibile. Come scrive Igiaba Scego nella prefazione, «il libro che avete in mano è un tentativo di stravolgere quello sguardo intossicato dal colonialismo e di portare l’Italia ad osservare il continente africano con lenti nuove, decoloniali» (p. 10). Africana è un potentissimo strumento di decolonizzazione, un inventario della diversità e una grammatica che ci insegna a declinare un determinato sostantivo al plurale. Afriche. Africana è un volume prezioso, più unico che raro, quindi tenetevelo ben stretto.
Nicola Biasio
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