Un altro Capuana: alla scoperta dei racconti psicologici del padre del verismo con "Profili di donne"

 


Profili di donne
di Luigi Capuana
Alessandro Polidoro Editore, 2021

pp. 200
€ 14 (cartaceo)



Era il 1877 quando Luigi Capuana esordiva nel mondo letterario con questa raccolta di racconti, Profili di donne, «che sono - avvertiva lui nella prefazione all'edizione del 1915 - delle sensazioni vere, dei sentimenti veri, dei dolori veri, e che l’autore si è preoccupato soltanto di renderli, come dicono i pittori, schiettamente, sinceramente, in guisa da mettere il lettore nel caso di averne un’impressione non di seconda mano, ma immediata». I due avverbi  (schiettamente, sinceramente) ci portano a capire che anche nella fase pre-verista, Luigi Capuana ambiva a fornire al lettore uno spaccato completo e immersivo nella vita e nell'esperienza misteriosa dell'incontro con l'altro sesso. 
Questo ideale oggettivo, l'impressione immediata, è in realtà immediatamente tradito dal fatto che nei sei racconti che compongono la raccolta, l'io narrante è sempre un uomo, che spiega, valuta, anticipa e commenta l'universo femminile. Come mette in luce Giulia Ciarapica, nella prefazione al testo, l'ideale di Capuana della fedeltà oggettiva appare un'ingenuità proprio perché «ogni vicenda femminile viene iscritta entro un mondo prettamente maschile e da esso raccontata» (p. 8).
Tuttavia, non è questo il punto essenziale, a mio avviso. Alla fine, conosciamo Albertine dallo sguardo di Proust, Carlotta da quello di Goethe e Sylvie dai miraggi di Gerard de Nerval (autore che mi è venuto spesso in mente nella lettura di questi racconti). Il punto essenziale è che la volontà di comprensione del mistero della donna spesso offusca l'aspetto emozionale. La gelosia, il desiderio, l'attesa ci vengono riferiti, analizzati, ma non è semplice sentirli sotto pelle.
Profili di donne raccoglie sei novelle, dedicate ad altrettante figure femminili: Delfina, Giulia, Fasma, Ebe, Iela, Cecilia. Sono storie di incontri, dialoghi, conoscenze fugaci. Il racconto che apre la raccolta, Delfina, è quello che  maggiormente ci accosta all'animo della donna narrata, al suo affascinante riserbo. 
Più stavo lì, al fianco di lei, e più un'intima, rapida trasformazione mi faceva perdere il senso della realtà e delle convenienze sociali. Mi pareva naturale ch'ella sentisse nel suo cuore quel profondo rimescolarsi della vita che io provavo nel mio. Sicché il tagliar corto a tutti i preamboli, il fare a meno delle delicate transizioni, il lasciar da banda le riguardose reticenze mi sembrava una cosa non solo opportuna, ma urgente. Come la vita interiore, che batteva il suo ritmo sublime in noi due, non aveva niente di comune coll'andare ordinario del mondo, così non era sciocchezza l'assoggettarla nella sua rivelazione alle stupide leggi del mondo? (pp. 20-21)

L'idea di questa serie di racconti è proprio quella di fornire una panoramica dell'unica esperienza che sembra turbare le "stupide leggi del mondo": l'amore. «Mi son chiesto più volte perché l'amore si compiaccia di ombre e mistero» (p. 82) si domanda l'autore in Fasma, il terzo racconto, quello più allusivo e misterioso. Un incontro casuale, un uomo e una donna su un treno, e un invito a trascorrere del tempo insieme, in una casa di vacanze. Per creare un paravento alla morale dell'epoca, si presenteranno come fratello e sorella. Qui più che altrove, ho trovato dei dialoghi surreali (cfr. p. 78) poco credibili, più manifesti programmatici di una visione estetica, che riproduzione di un possibile scambio di battute fra un uomo e una donna. Concordo con la Ciarapica, e penso anche io che «la pressione della sua penna sia ancora incerta, a tratti febbrile, forse esageratamente trepidante», ma è proprio in quell'ancora, che dobbiamo soffermarci.

Profili di donne è un esordio letterario e conserva il fascino del laboratorio, della gestazione di idee e spunti. Senza questi profili non si sarebbe probabilmente arrivati a Giacinta, al ritratto insieme sociale e psicologico della protagonista.

Plaudo quindi all'iniziativa di Alessandro Polidoro di ripubblicare opere considerate "minori" di autori essenziali alla storia della letteratura italiana, la cui lettura costituisce un momento essenziale non solo per gli studiosi e gli studenti, ma anche un giusto omaggio a chi ha preparato, attraverso tentativi e anche errori, le svolte del gusto e dello stile. Un modo per ricordare che la letteratura italiana non è stata fatta solo da Manzoni, Leopardi, Verga e Pirandello, ma anche dai dibattiti che hanno preceduto i loro capolavori, dalle stroncature e dai testi spesso obliati degli autori che li hanno influenzati.

Capuana, a cui Verga non mancò mai di riconoscere la paternità del verismo, dà prova anche nel testo qui recensito di un'attenzione acuta nei confronti della situazione della donna:

Noi rifacciamo la tela di ragno della nostra situazione nel mondo con una buona fede che gli uomini non sanno capire. La dicono leggerezza di cuore! Volubilità! Che! Noi vogliamo solamente carpire la realtà come ella è, ed è brutta assai. Quella leggerezza, quella volubilità ci costano lagrime, tormenti impossibili a dire; ed è per istanchezza, per disperazione, per ispavento da cui ci vien tolto di veder bene, se infine ci buttiamo a capofitto in una vitaccia che Dio solo sa quanto pesa! Andiamo! Ne convenga: voialtri uomini siete crudeli! (p. 40).

Amanti ripudiate, donne che subiscono la morale opprimente e discriminatoria, le donne raccontate da Capuana sono in fuga da una vita che non rende giustizia al loro animo, ai loro bisogni interiori.

Vi è la volontà di usare più gli strumenti della psicologia che quelli della sociologia per aprire lo scrigno di questi sei personaggi femminili e anche questa attenzione nei confronti dell'universo femminile, mi sembra innovativo nell'Italia post-unitaria. Di certo, non abbiamo il tocco rabdomantico della penna di un Nerval o di un Proust nell'accostarsi ai silenzi delle donne, alle loro contraddizioni; abbiamo un uomo che giganteggia nella sua individualità, nelle sue peculiarità maschili di vedere il mondo. Ma che racconta anche - mirabilmente nel racconto Giulia - la meschinità con cui un uomo si approccia a volte una donna, soprattutto quando nella Sicilia capuanesca, veniva considerata "svergognata".

Un libro interessante, denso di stimoli, che riaccende l'interesse per conoscere un autore troppo spesso obliato nella nostra letteratura.

Deborah Donato