Matila Ghyka rievoca in modo magistrale un mondo ormai perduto, quello austro-ungarico tra le due guerre, che trova nella Vienna dell’Opera e dell’Hotel Sacher e nella Praga fantastica e occulta degli anni Venti la propria più caratteristica espressione. Anche Londra, presente come una bella donna a cui si resta devoti, è nei ricordi e infine nel destino di Napoléon de Maleen-Louis, sfortunato diplomatico, in cui possiamo ritrovare in parte lo stesso Ghyka, o nel francese ambizioso Pierre Dantherieu, altro evidente alter ego, così come in parte in quel Massimiliano Dego, che impariamo a conoscere come umile attendente ma che in fondo nasconde un destino di alti lignaggi.
Pubblicato da Gallimard nel 1933, il romanzo ebbe una eco vastissima per poi restare dimenticato, ingiustamente e arrivare solo oggi, infine, ai lettori italiani, che meritano di approfondire questo autore rumeno così elegante e curato.
La vicenda prende le mosse dalla presunta decadenza di un uomo, Maleen-Louis, che dopo aver rivestito il ruolo di capitano di corvetta e addetto navale della marina imperiale d'Austria-Ungheria, a Londra, è costretto all'esilio a Vienna nel 1919; qui lo vede, in una fredda mattina del dicembre 1927, a Vienna, il giovane diplomatico francese Pierre Dantherieu, che ha un incarico alla Commissione Internazionale del Danubio. Dantherieu vive a Vienna da appena due mesi e incrocia il suo conoscente per strada, stupendosi della decadenza di aspetto e abiti. Nel corso di un solo capitolo le sorti del protagonista cambiano e viene proposto per ricoprire l'incarico di referendario, uno dei cinque della Commissione, per conto del governo austriaco.
Da qui in poi Ghyka ci conduce a cene di gala, in hotel di lusso e tra intrighi internazionali, con al centro splendidi donne e ricordi di viaggio, e una misteriosa Dorotea Dux, che avrà, nella seconda parte del libro un ruolo centrale; scopriremo i fasti e i luoghi della Guerra dei Trent'anni e anche la discendenza segreta di un ramo dei Wallenstein.
Un romanzo di un'altra epoca, dal gusto proustiano per i ricordi e i particolari, in cui la memoria ha un ruolo fondamentale, soprattutto quella dimenticata, per ridare la giusta luce e la vera dimensione alle cose e agli eventi dei protagonisti, che si intrecciano quasi trascinati in un ballo, sulle note della vita e ci sfilano davanti come in un quadro d'altri tempi. Le parti descrittive hanno un lirismo poetico eccezionale, e ci sembra di rivivere Vienna e la Londra tanto agognata come davanti ad una mirabile galleria di paesaggi ben dipinti.
La casa editrice Atlantide ha davvero reso giustizia ad uno scrittore eccezionale, purtroppo misconosciuto in Italia e anche nel resto d'Europa, che visse una vita avventurosa, per poi morire in disgrazia, costretto a lavoretti miseri per sopravvivere, e che ci ricorda così incredibilmente il personaggio di questo romanzo, sebbene a fortuna invertita, da farci quasi presumere un destino già prefigurato dal suo autore. Il volume fa parte di una tiratura limitata, con una copertina elegantissima e una forma ben curata, che ne fanno un piccolo gioiello, da tanti punti di vista.
Samantha Viva
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