Avevamo creduto nella rivoluzione, ma c’era chi aveva ucciso, chi era stato sbattuto in galera o fatto fuori, chi era finito chissà dove a vivere con nuove identità ultimi brandelli di vita rosicchiati dai fantasmi del passato. (p. 107)
La morte di un caro fa esplodere il tempo. Le tre dimensioni con le quali classifichiamo quello scorrere di secondi, giorni, mesi e anni che chiamiamo vita – il passato, il presente, il futuro – d’un tratto sembrano accendersi, perdere quella patina opaca che le lascia lì nell’angolo, e rilucere nell'oscurità. Il passato, il luogo dei ricordi e di ciò che è stato, diviene il deposito della nostalgia, in quanto è lì che risiede tutto ciò che della persona defunta resta: ricordi, appunto, e nient’altro. Il presente, il luogo dell’azione, è una mancanza continua, un manifestarsi di fantasmi, una lotta costante contro il dolore che fa vacillare le esistenze. Il futuro, il luogo dei progetti, è infine una stanza da rifare, una casa da ricostruire, un mondo intero da rivedere a causa di un tassello che ieri c’era e oggi non c’è più.
La protagonista della Combattente di Stefania Nardini vive in questa nuova condizione. La morte di Fabrizio, compagno di vita da trent'anni, porta con sé non soltanto la persona amata e con la quale si è divisa metà dell’esistenza, ma conduce a galla un passato sconosciuto, di cui Angelita non aveva consapevolezza. Le sue dimensioni temporali vengono sconvolte perché il suo Fabrizio – l’uomo amato e perfetto – non è il Fabrizio che sembra essere esistito prima che loro due si conoscessero. E se è vero che la vita di ognuno di noi resta un parziale mistero per chi viene a conoscerci, è pur vero che l’immagine che gli altri costruiscono di noi ha delle fondamenta solide; quando queste vacillano, l’intero edificio rischia di crollare.
Ma non è solo il passato di Fabrizio – il suo Sessantotto, il suo Settantasette, i suoi anni di piombo – a far tremare Angelita. Il suo presente diventa una lotta contro la solitudine e l’apatia, ma anche una lotta contro l’indigenza economica che colpisce le persone che restano senza partner. Parlare di soldi in questi momenti è sempre brutto ma non è evitando di affrontare l’argomento, sembra dirci Nardini, che il problema sparisce. Anzi, resta là, fa radici, sedimenta. Come uscire dal buco nero della mancanza di liquidità? Come affrontare un dramma così meschino e poco romantico come l’assenza di denaro quando si è travolti dal dolore?
Infine, il futuro. Cosa fare di se stessi, dei propri sogni in due, di ciò che resta della vita, quando il perno intorno al quale tutto ruotava non c’è più? Da dove ricominciare? Come proseguire?
La combattente è un libro di rinascita, certamente, ma anche un romanzo di riscoperta di un periodo storico che a volte viene rimosso dalla memoria collettiva a favore di altri tempi forse più semplici da rappresentare ma non per questo più feroci o affascinanti. Alcuni passi, soprattutto quelli relativi agli anni di piombo, vengono approfonditi meno di quanto si possa sperare, tuttavia nel complesso resta una lettura gradevole e in grado di ispirare considerazioni di spessore.
La protagonista della Combattente di Stefania Nardini vive in questa nuova condizione. La morte di Fabrizio, compagno di vita da trent'anni, porta con sé non soltanto la persona amata e con la quale si è divisa metà dell’esistenza, ma conduce a galla un passato sconosciuto, di cui Angelita non aveva consapevolezza. Le sue dimensioni temporali vengono sconvolte perché il suo Fabrizio – l’uomo amato e perfetto – non è il Fabrizio che sembra essere esistito prima che loro due si conoscessero. E se è vero che la vita di ognuno di noi resta un parziale mistero per chi viene a conoscerci, è pur vero che l’immagine che gli altri costruiscono di noi ha delle fondamenta solide; quando queste vacillano, l’intero edificio rischia di crollare.
Ma non è solo il passato di Fabrizio – il suo Sessantotto, il suo Settantasette, i suoi anni di piombo – a far tremare Angelita. Il suo presente diventa una lotta contro la solitudine e l’apatia, ma anche una lotta contro l’indigenza economica che colpisce le persone che restano senza partner. Parlare di soldi in questi momenti è sempre brutto ma non è evitando di affrontare l’argomento, sembra dirci Nardini, che il problema sparisce. Anzi, resta là, fa radici, sedimenta. Come uscire dal buco nero della mancanza di liquidità? Come affrontare un dramma così meschino e poco romantico come l’assenza di denaro quando si è travolti dal dolore?
Infine, il futuro. Cosa fare di se stessi, dei propri sogni in due, di ciò che resta della vita, quando il perno intorno al quale tutto ruotava non c’è più? Da dove ricominciare? Come proseguire?
La combattente è un libro di rinascita, certamente, ma anche un romanzo di riscoperta di un periodo storico che a volte viene rimosso dalla memoria collettiva a favore di altri tempi forse più semplici da rappresentare ma non per questo più feroci o affascinanti. Alcuni passi, soprattutto quelli relativi agli anni di piombo, vengono approfonditi meno di quanto si possa sperare, tuttavia nel complesso resta una lettura gradevole e in grado di ispirare considerazioni di spessore.
David Valentini