di Valentina D'Urbano
Mondadori, giugno 2021
pp. 372
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Quanto può essere vorace l'amore in famiglia? Quanto può pretendere tutto per sé, fino a rasentare l'ossessione? Celeste, detta "Riccio di mare", la nuova protagonista di Tre gocce d'acqua, vive per suo fratello Pietro e prova una profonda gelosia, quando conosce l'altro fratello di Pietro, quello che non ha alcun genitore in comune con lei. Tra Pietro e Nadir - questo il nome dell'altro fratello - c'è un'intesa fatta di silenzi, qualcosa che a Celeste sembra andare oltre il suo rapporto con Pietro, e dunque è inevitabile che quel bambino le sembri un pericolo da evitare a qualunque costo. Senza contare che Nadir ha un occhio celeste e uno scuro come Pietro, e questo suo aspetto così singolare porta Celeste a diffidare ancora di più. Con la crescita, alcune cose cambiano, non c'è dubbio, ma Celeste e Nadir continuano ad adorare Pietro, quel fratello pieno di ideali, che voterà la sua vita allo studio delle questioni politiche in Siria e in Turchia, compiendo più di un viaggio per studiare da vicino quello che sta succedendo.
Quando apriamo il romanzo, nelle primissime pagine troviamo Celeste ormai adulta, fisicamente molto sofferente, perché, come scopriremo poco dopo, è affetta da una malattia rara, l'osteogenesi imperfetta, che rende le sue ossa fragili come se fossero quelle di un'ottantenne. Basta poco perché lei si rompa e non c'è una cura: deve solo adattare la sua vita a questa patologia, prestare attenzione a tutto, specialmente durante l'età della crescita. A trent'anni, in un appartamento al quarto piano con l'ascensore rotto, Celeste fa fatica a vivere, eppure il suo dolore più grande non è fisico, ma è molto più profondo: non sappiamo ancora perché, all'inizio nel romanzo, ma Pietro è scomparso e Nadir è partito per cercare di sapere qualcosa in più. Il viaggio è pericoloso e in zone di guerra, ma Celeste non ha saputo fermare Nadir, né, forse, ha osato farlo, perché l'amore che entrambi provano per Pietro supera il buonsenso.
È così che, mentre la solitudine di Celeste è rotta da poche visite di donne che sono entrate di soppiatto nella sua vita e che vogliono tanto aiutarla quanto scoprire dove sia Nadir, torniamo indietro nel tempo e scopriamo la genesi di questo rapporto di fratellanza e d'amore. Dalla scoperta della malattia di Celeste a tante notti a dormire abbracciati, con la faccia tra le scapole dell'altro, una parola chiave del suo rapporto con Pietro è esserci: il fratello, benché restio ai contatti fisici e alle manifestazioni d'affetto esibite, ha sempre fatto in modo di trovarsi in zona per quella sorellina tanto fragile. Al contrario, Nadir è stato a lungo il nemico, l'avversario da abbattere nella lotta per l'amore di Pietro, ma è stato anche un compagno di giochi, quando Celeste andava con loro alla villa di vacanza di Feudi. In quelle stanze e attorno a quella piscina è successo di tutto, qualcosa di indimenticabile per i tre, ma anche per noi lettori, che condividiamo alcuni segreti inconfessabili.
Come un mare che travolge con un'onda o che risucchia al largo, così il rapporto tra Celeste e Nadir ora ammara e ora li porta lontani da tutto il resto. Qualcosa li rende stranamente simili, nonostante non abbiano parenti in comune: forse si tratta del fatto che entrambi hanno in sé qualcosa di Pietro, oppure caratterialmente sanno come capirsi, come starsi vicino anche nei momenti più bui. Benché i due continuino le loro vite, spesso evitando di vedersi per lunghi periodi, restano l'uno dentro l'altra e non sono in grado di sottrarsi a una strana attrazione che li avvince, ma che sembra loro una tentazione pericolosa, qualcosa di sbagliato.
Appartenersi, appartenere alla propria famiglia comporta rischi e benefici, tra cui lasciarsi plasmare, che è al tempo stesso sia un enorme motivo di paura, sia un fidarsi e abbandonarsi agli altri. Nadir ricorderà a Celeste che in famiglia non c'è niente da temere:
«Quello che ti volevo dire è che a me... a me non me ne frega niente se zoppichi, se a volte non cammini, se ti stanchi facilmente, se vai piano. Sei sempre tu. Non sei cambiata. Sei sempre la stessa persona, nessuno ti vede diversa. Non ti devi difendere dalla tua famiglia» (p. 175).
Eppure Celeste è spesso guardinga, perché le pulsioni verso Nadir sono contrastanti e potenzialmente devastanti per il loro equilibrio. Che dire poi degli altri? Ci sono donne che cercheranno di entrare nel loro terzetto: Diana, la coinquilina di Celeste, o Marina, una scrittrice di fama che dovrà fotografare Nadir per lavoro, ma per ogni figura secondaria è ben difficile acquistare almeno per un po' un ruolo da comprimario. Lucrezia, la madre medico di Pietro e di Nadir, diventerà quasi una seconda mamma per Celeste e la seguirà nel suo difficile percorso di crescita e di vita con la malattia. Saprà quando restare a guardare e quando intervenire, mostrando molto più polso rispetto alla madre naturale di Celeste, portata ad abbattersi. Tutti occhieggeranno con sospetto davanti al rapporto tra Pietro, Celeste e Nadir, sentendosi spesso estromessi dalle loro vite e faticando ad accontentarsi di restare in ombra.
Con un romanzo denso, adulto, pieno di vita e di disperazione che Valentina D'Urbano torna a parlare di famiglia. Lei, che fin da Il rumore dei tuoi passi e Quella vita che ci manca ha trattato di rapporti irrequieti e totalizzanti al limite della simbiosi, spesso in famiglie disfuzionali o perlomeno insolite, con Tre gocce d'acqua torna a occuparsi di questi temi con un'altra maturità di scrittura, ma senza rinunciare all'arte di abbracciarci col suo racconto. Così la politica non è un tema a sé stante o secondario; si infiltra invece nelle vite dei protagonisti, diventa una scelta che per Pietro è necessaria e totalizzante, anche se si frappone tra lui e i suoi fratelli. Ecco che le emozioni dei protagonisti, tanto quanto le loro asperità caratteriali, le loro rivolte interiori e sociali si materializzano letteralmente davanti ai nostri occhi ed è impossibile non sentirsi del tutto coinvolti dalla storia.
GMGhioni