Lanciare sassi nella casa di vetro: "Chi ha peccato" di Anna Bailey


 

Chi ha peccato
di Anna Bailey
Feltrinelli, 2021

pp. 343
€ 19,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
 
Titolo originale: Tall Bones
Traduzione di Elena Cantoni

 



È una sera di inizio settembre quando, dopo una festa che ha radunato i giovani della cittadina, Abigail sparisce nella foresta senza lasciare traccia. La sua scomparsa fa deflagrare la quiete solo apparente di Whistling Ridge: la sua migliore amica, Emma, che ha sempre vissuto nella sua ombra, trovandola rassicurante e protettiva, si perde in balia dei sensi di colpa per essersene andata dal falò senza di lei; la sua famiglia, che sembrava aver fatto dell’unica figlia femmina un pilastro portante, inizia a collassare su se stessa, e la tensione all’interno della comunità cresce incontrollabile intorno a un mistero che neanche lo sceriffo Gains sembra in grado di risolvere. I ricordi e i punti di vista dei diversi personaggi si intrecciano in un alternarsi di piani temporali, quello del Prima e quello dell’Adesso, che l’autrice gestisce con sapienza, disseminando indizi e piccoli flashforwards che sollevano domande a proposito di ciò che il lettore ancora non sa. Se la prima parte dell’opera è dedicata alla costruzione minuziosa dell’impianto narrativo del giallo, la seconda lo completa fornendo, con una progressione che dilata l’angoscia fino alle ultime pagine, quasi tutte le risposte. Proprio nel quasi si nasconde il maggior pregio di quest’opera d’esordio, che lascia al suo fruitore il margine di libertà per decidere di una questione fondamentale inerente all’interpretazione della storia. In Chi ha peccato, personaggio principale è la grande assente:
Abigail Blake ha diciassette anni e, come tutte le ragazze della sua età, si crede immortale. (p. 10)
Così la vediamo, all’inizio del romanzo, bella ed eterea, mentre si congeda da Emma e si avventura nel bosco per raggiungere un ragazzo che la attende nell’ombra, nel luogo simbolico e inquietante delle Tall Bones, ben noto alla gioventù di Whistling Ridge: 
per metà sottoterra e per metà protese verso il cielo, sono la congiuntura tra due mondi – l’irreparabile e il possibile, il passato e il futuro. (p. 341)
Abigail sparisce nel primo capitolo, eppure resta presente in ogni pagina, perché intorno a lei, in modi diversi, si articolano le sorti di tutti i personaggi, colti nel momento di fare i conti con una verità scomoda e con la portata delle proprie menzogne. Abigail stessa, del resto, non è ciò che appare, come scopre poco alla volta la sua amica, incapace di accettare la sua mancanza e la propria solitudine.
Fin dalla copertina, perfettamente evocativa, ci viene svelata la chiave di lettura del romanzo: il rovesciamento che dobbiamo aspettarci di tutte le prospettive consuete, ma anche delle istituzioni, delle entità solide su cui si regge la vita di una piccola comunità, a partire proprio dalla Chiesa e dai suoi valori fondanti. “Chi vive in una casa di vetro non dovrebbe scagliare pietre” (p. 19), ci ricorda il saggio monito della nonna di Emma, e Whistling Ridge stessa è una casa di vetro, in cui ogni superficie è pronta a disgregarsi in mille frammenti sotto le sassate della verità. A queste parole fungono da contrappunto e complemento quelle evangeliche, “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, che vengono però sovvertite, all’interno della narrazione, dagli abitanti che credono di essere unici detentori della ragione, autorizzati a farla rispettare a ogni costo (“chi corrompe gli innocenti pagherà con il sangue e col fuoco”, p. 167, tuona il pastore Lewis dal pulpito, interpretando tali parole in senso assolutamente letterale).
I cittadini di Whistling Ridge, solo all’apparenza formali e perbenisti, sono in realtà omofobi, razzisti, intolleranti e fanatici religiosi. La comunità è un grumo oscuro di pettegolezzi e maldicenze, una realtà chiusa da cui tutto ciò che è diverso deve essere espulso dopo essere stato rimasticato e l’estraneo sarà sempre l’elemento incongruo, il capro espiatorio (“con quale diritto questo estraneo si è infiltrato nella nostra città e corrompe i nostri figli?”, p. 167). L’autrice denuncia l’ipocrisia di un cristianesimo manipolato ad arte, in cui la volontà degli uomini è sempre spacciata per quella di Dio, il suo nome utilizzato come alibi e pretesto per ogni sopruso. A Whistling Ridge le colpe dei padri sembrano destinate a ricadere sui figli e tra questi ultimi, del resto, sono pochi quelli che desiderano distaccarsene, che cercano un proprio spazio di libertà, a costo di forzare i limiti che sono loro imposti dall’esterno e rischiando per questo la propria incolumità fisica, o la propria stabilità emotiva. Non è un caso che, in questo mondo a rovescio, sia proprio l’outsider, il rumeno Rat Lăcustă, da tutti considerato “lo zingaro”, che si fa portatore di una legge diversa, quella dell’amore, dell’equilibrio, del perdono. Una logica, questa, che si fa pietra di scandalo, quella capace di infrangere la casa di vetro, e che pertanto deve essere rimossa con la forza da chi vuole difendere lo status quo.
Mentre le indagini proseguono e sembra sempre più improbabile l’ipotesi di poter trovare Abigail ancora viva, il “cumulo di segreti sepolti nelle vite più ordinarie” (p. 81) si sgretola pagina dopo pagina, rivelando la meschinità dei benpensanti, ma anche il germe di resistenza che può emergere, in chi ha piegato troppe volte il capo, proprio quando si arriva al momento delle scelte radicali e la barbarie collettiva travolge confini morali che non possono essere superati.
Nella sua opera prima Anna Bailey riesce a costruire un’opera non prevedibile, interessante per le dinamiche sociali e famigliari che mette in scena quanto per la strutturazione dell’intreccio. Nel mese del giallo, Chi ha peccato riesce ad avvincere il lettore e lo interroga non solo per il caso da risolvere, ma anche per la riflessione che suscita in merito alla natura umana.
 
   
Carolina Pernigo