La terza geografia
di Carmine Valentino Mosesso
Neo edizioni, 2021
pp. 112
€ 12 (cartaceo)
Per capire un paese
devi stenderti nelle cantine,
fare il nido nei silenzi,
lasciar affiorare i canti che hai dentro. (p. 38)
In un mondo che diviene di giorno in giorno più frenetico, nel quale le cose perdono di valore dopo pochissimo tempo – e poche persone lo sanno bene come gli editori, che vedono il lavoro di mesi, a volte di anni, vanificarsi dopo un trimestre appena, il libro appena pubblicato già soppiantato da altre novità sugli scaffali e in classifica – in un mondo del genere, insomma, troviamo un ragazzo di neanche trent’anni che ha deciso di andare in direzione ostinata e contraria.
Mentre le campagne e la provincia si spopolano a un ritmo serrato, sublimando un percorso iniziando un secolo fa, Carmine Valentino Mosesso ha fatto ritorno alla terra, prendendosi cura dei campi e degli animali di famiglia da un lato e diffondendo il verbo della natura e della lentezza dall’altro.
Ritroviamo nei suoi versi – e già dedicarsi alla poesia laddove la maggioranza rivolge lo sguardo al romanzo è una presa di posizione forte – la stessa calma e la stessa semplicità che si ritrovano nella terra. Calma che è lentezza e mai indolenza, semplicità che è ricerca della genuinità e mai ignoranza. Le parole hanno un significato preciso, soprattutto quelle di uso quotidiano che, quando contestualizzate alla perfezione, sanno sprigionare tutta la propria potenza. Prendiamo per esempio la poesia che apre la raccolta:
Guarda la tua città,
spogliala con la forza sovrumana dell’ammirazione,
baciala con la bocca invisibile dell’amore,
pensa al tuo paese come fosse la tua sposa. (p. 7)
L’ultimo verso ha una capacità di aprire all’immaginazione che ha del miracoloso. Nessun artificio letterario, nessuna ricercatezza fuori posto, solo l’idea primordiale del paese e dell’associazione con qualcosa di sacro come la propria sposa. Lo stesso si può dire riguardo a questi altri versi:
Prendete il vostro corpo,
spezzatelo col pane, verranno fuori zolle,
grani, fango e reni,
§gli ingredienti antichi della nostra terra. (p. 44)
A leggerli, viene fuori l’immagine di quei contadini che, curvi sui campi al tramonto, si asciugano il sudore della fronte con maniche pregne di terra; e al mattino, prima di rimettersi all’opera, fanno colazione con una fetta di pane e un goccio d’olio, affogando il tutto con un bicchiere di vino rosso.
Il messaggio che Mosesso vuole trasmettere passa attraverso le sue parole: c’è un paesaggio antico, ci sono tradizioni in via di scomparsa, c’è una storia pronta a venir divorata dal tempo, e tutte queste cose vanno salvate perché sono la nostra memoria e sono preziose come preziosi sono l’acqua, il sale, gli alberi. Questo è un messaggio importante, che viene veicolato senza paternalismi e pietismi. Mosesso non punta il dito contro nessuno, non cerca di muovere a compassione: ciò che stiamo perdendo è nelle sue immagini, che sono così forti ed evocative da imporsi all’attenzione in maniera immediata. Non c’è bisogno di convincerci perché siamo già convinti. Durante la lettura della Terza geografia il suo messaggio diventa il nostro messaggio; il suo ideale si fa il nostro ideale.
Passa in te lo stesso fiume
che ascoltavo da bambino. (p. 56)
David Valentini
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