di Chuck Palahniuk
Mondadori, 2021
pp. 240
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Ogni volta che esce un libro di Chuck Palahniuk, sappiamo in partenza che andrà a rompere un pregiudizio, ci porterà oltre una soglia, in un mondo che spesso non vogliamo vedere. A venticinque anni da Fight Club (1996), lo scrittore americano torna con un romanzo che porta la violenza nel mondo del cinema. Nella Hollywood immaginata da Palahniuk, ormai, tutto è concesso: per produrre urla più verosimili da usare nei film, è stata creata un'azienda, la Ives Foley Arts - Rumori & Affini, in cui una giovane donna, Mitzi, incide su pellicola le grida disperate, straziate, raccapriccianti di vittime che vengono scritturate per essere torturate. Nessuno esce vivo da lì, questo va detto, e per accettare il suo ruolo da serial killer travestita da imprenditrice di successo, Mitzi si imbottisce di vino e Ambien: l'effetto è una sorta di torpore che porta poi a un comportamento ossessivo:
Non era lei a inventare quelle scene, ma Mitzi tralasciò di dirlo. Era semplicemente una donna, una libera professionista, che trasformava in realtà i sogni malati di certi scrittori. (p. 27)
Secondo protagonista dell'opera è un uomo disperato, Gates Foster, che da ben diciassette anni fa di tutto per ritrovare la figlioletta scomparsa. Tutte le ragazzine dai capelli ramati hanno per qualche momento il volto di Lucinda, e addirittura Foster arriva a pagare giovani escort perché recitino la parte di sua figlia, ormai cresciuta, e condividano con lui cene e occasioni. L'uomo passa ore sul dark web, sperando di scoprire dove sia finita Lucinda e non di rado desidera portare giustizia, fermare torturatori di bambini e restituire i figli ai genitori. Al limite della schizofrenia, insomma. Gli altri genitori che hanno perso figli e che partecipano a un gruppo di recupero insieme a Foster sono preoccupati per lui, in particolare il suo amico Robb. Foster stesso è conscio di essere «come una bomba pronta a esplodere. Una mitragliatrice continuamente in cerca di un nuovo bersaglio», consapevole di desiderare di «torturare gli uomini che torturavano bambini» (p. 31).
Mitzi nel suo bunker insonorizzato che odora di candeggina, simile a una grotta degli orrori, piena di microfoni come stalattiti e stalagmiti; Gates Foster in giro per la città e nelle profondità del web: entrambi portano con sé una disperazione, che provano a tenere a bada appena. La donna, infatti, coltiva istinti suicidi e masochistici, ma spesso li incanala in sesso violento, sperando che l'amplesso possa provocare la sua morte. L'uomo, invece, porta con sé una pistola (scarica o meno?), a braccetto con l'ossessione di fare chiarezza.
Le loro disperazioni, manco a dirlo, devono incrociarsi, e noi lettori seguiamo con suspense ma anche con crescente timore le scene che si susseguono in parallelo. Palahniuk, anche questa volta, non teme di sconvolgere il lettore, prosegue per la sua strada narrativa imponendoci di visitare i bassifondi dell'animo umano, per quanto questo sia scomodo, doloroso e a volte quasi insopportabile, perché al di fuori di qualsiasi etica. Palahniuk si riconferma, insomma, un «narratore degli estremi»: da un lato, Mitzi produce urla così convincenti da valere migliaia di dollari e da permetterle di riempire un'intera stanza di denaro; dall'altro, Foster semina la sua inquietudine, e temiamo che possa trasformarsi facilmente in un omicida o in un suicida. Entrambi i personaggi, disturbati e inaffidabili, hanno chi in qualche modo li capisce e li contiene: Mitzi ha Schlo, un produttore che spesso si fa passare per amico della donna; Foster ha Robb, il coordinatore del gruppo per genitori che hanno perso i propri figli, che accoglie le sue confidenze e condivide con lui le sue sofferenze. Nella vita sconvolta di Foster arriverà con un colpo di teatro anche Blush Gentry, un'attrice di grande bellezza, ormai però decaduta, disposta a tutto, per tornare sulla cresta dell'onda.
Sempre politicamente scorretto, a tratti quasi intollerabile, L'invenzione del suono ci provoca e ci fa riflettere: non è solo una narrazione, a tratti esagerata, quella che Palahniuk ha creato; è un enorme bubbone pronto a esplodere e a rivelare il pus che contiene l'animo dei suoi personaggi. Se questa immagine vi pare esagerata o disturbante, allora non avvicinatevi al romanzo: non è una storia per animi gentili, è una storia che scortica, destruttura e non ricompone, ma lascia così, attoniti, davanti a quel che esibisce senza pudore. Se, al contrario, siete disposti a sperimentare e ad accettare il turbamento che il libro porta con sé, lasciatevi trascinare in questo grande incubo apparentemente normale e accettato dalla Hollywood di Palahniuk.
GMGhioni
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