È facile amarsi se non si ha di meglio da fare.Per lei invece l’amore è impegno e sacrificio, quindi vuole che lui uccida un drago.Troffio non capisce bene la logica del discorso, non sa se essere d’accordo o meno, ma nel dubbio parte per un lungo viaggio alla ricerca di un drago. (p. 29)
136 pagine, 54 racconti, una media di due pagine e mezzo a racconto. Sono racconti brevi, brevissimi, quelli che Ivan Talarico, al suo esordio in narrativa, porta alle stampe con la casa abruzzese Neo edizioni. Una casa editrice sempre alla ricerca di scritture alternative, lontane dal mainstream, che ancora una volta punta sull’eccezionale. Già di per sé l’idea di pubblicare racconti super brevi, cercando di raccogliere una tematica infinita come l’amore all’interno di una specie di dizionario – il titolo di ogni racconto è riconducibile a una lettera dell’alfabeto – è originale; ma è la scrittura di Talarico a dare all’intero progetto quel quid di impossibilità che arriva al lettore già a partire dal titolo. I suoi amori infatti non sono impossibili in quanto tragici (nel senso, ad esempio, in cui può essere impossibile l’amore fra Romeo e Giulietta), bensì a causa della natura dei personaggi o delle vicende narrate: a trovarsi e a perdersi troviamo fantasmi, persone vissute in epoche diverse, uomini o donne che chiedono l’impossibile – come la Malimera della citazione riportata, la quale chiede al suo Troffio di uccidere un drago, sebbene i draghi non esistano.
È proprio sul concetto di impossibilità che ruota l’amore di Talarico, ossia su ciò che in una relazione, pur felice a suo modo, conduce alla dissoluzione del sentimento. A prevalere nelle storie di Talarico sono richieste assurde in primo luogo, come si è detto, ma anche dubbi, incertezze, debolezze personali e, soprattutto, la volontà di dominio sull’altro. L’amore di Talarico, sia quando è tempestoso sia quando è pacifico, è un campo di battaglia nel quale le due parti in gioco, anziché essere dallo stesso lato e lottare insieme contro il destino, il fato, il tempo, sono schierate le une contro le altre. Amori a volte perfetti vengono fatti a pezzi non solo dalla routine e dagli anni – che già sono motivi sufficienti per consumare l’inconsumabile – ma anche dal desiderio di sottomettere l’altra parte con richieste inutili, con bisogni soffocanti, con manie asfissianti. A rodere l’amore è il tarlo delle incertezze.
L’elemento di impossibilità degli amori di Talarico è rappresentato ulteriormente dalla scelta dei nomi. Buffi, altisonanti, provocatori, ironici, i suoi personaggi sono marchiati a vita sin dall’inizio, ridotti a macchiette, mere silhouette che lasciano appena intravedere le ombre di personaggi completi. Sono figure inesistenti, destinate a scomparire non appena l’attenzione del lettore si sposta al prossimo racconto. Questo fattore, che in qualsiasi altra storia sarebbe un punto debole perché l’oblio dei personaggi è l’incubo peggiore di qualsiasi autore, qui è un ulteriore elemento di forza. Questi uomini e queste donne minimi, bozzetti di se stessi, hanno il solo compito di condurci a quella tipica afasia che resta quando, alla fine di una storia, non si sa veramente che pesci pigliare: questi uomini e queste donne non esistono, non devono esistere, non devono entrare a far parte della nostra normalità. I loro amori non devono essere i nostri amori, sembra dirci Talarico: i loro errori, per quanto assurdi, non devono diventare i nostri errori.
Dizionario degli amori impossibili è un libro che si fatica a catalogare, e forse è meglio così. Certe storie vanno lette, non sempre bisogna comprenderle, a volte è meglio dimenticarle, ma ciò che resta di loro è qualcosa di più importante: il dubbio di aver vissuto una situazione simile a quella descritta lì dentro, che dovrebbe farci ragionare sulle scelte fatte e su quelle da compiere.
David Valentini
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