Squisita Luisa
di Eugène Savitzkaya
Prehistorica Editore, giugno 2021
Traduzione di Silvia Turato e Gianmaria Finardi
pp. 80
€ 10,00 (cartaceo)
Ogni giorno nasce una simil creatura e, immediatamente, comincia la sua epopea. Ma un giorno verrà il tempo di raccontarla. Non bisogna bruciare le tappe, bisogna raccoglierne pazientemente tutti gli elementi. Qualcuno arriva, qualcuna è già qui. Luisa è tra noi. (p. 19)
La paternità in letteratura è forse meno trattata. Rispetto alla sua controparte materna, i padri hanno meno voce, quanto meno una voce diretta in cui raccontano la loro esperienza; soprattutto quando si tratta di parlare di una figlia. I costumi evolvono, il dialogo si apre, i tabù crollano, certo, ma la complessità e la delicatezza di un rapporto padre/figlia non è semplice da affrontare nella vita reale, e nemmeno da trasporre in maniera letteraria senza scadere nell'ovvio. In un ambito poco affrontato e con relativamente poche voci è anche necessario trovare un punto di vista e una voce che si distingua sull'argomento.
Eugène Savitzakaya, di origine russa e polacca, di nazionalità belga e scrittore di lingua francese, non è nuovo a questo genere di operazione. Ha già affrontato l'argomento per la nascita del primogenito con il volume Marino il mio cuor. Squisita Luisa, uscito in Francia per le èditions Minuit nel 2003 e recentemente pubblicato in Italia da Prehistorica Editore – che già si era occupata di Marino il mio cuor – si immerge nell'avventura della paternità. La prosa è un costante gioco poetico, molto immaginifico e a tratti surrealista. I capitoli sono brevissimi e privilegiano la visione dell'autore, ma la narrazione, che non ha un filo conduttore temporale e nessuna indicazione sul tempo trascorso – se non che Luisa è nata in gennaio – corre su due binari. Quello del padre, dell'adulto che vede la propria figlia come una principessa, e quella della bambina per la quale il mondo è fatto di avventure da vivere. Entrambe le visioni sono finalizzate alla ricostruzione di una favola, di un'epopea fantastica e di un'avventura quasi cavalleresca di cui Luisa è la protagonista assoluta.
La visione del padre per la sua bambina è quella di una principessa dalla forte impronta naturalistica, quasi fosse principessa e ninfa al tempo stesso.
Ogni dito di Luisa si comporta come se fosse l'elemento principale di un bouquet, stelo eccezionale tra altri steli. (p. 8)
Una principessa dal carattere già forte sin dal momento del concepimento.
Così Luisa fu concepita, ma possiamo quasi dire che arrivò di propria sponte, avendolo deciso da sé. Esiste un popolo di principesse, e non intendo parlare di fantocci e posticci che ornano balconi e passeggiate, non intendo parlare degli ornamenti di cadillac o di panda (povera Panda della foresta!), ma intendo parlare di autentiche principesse delle nubi che ogni giorno ci indicano la strada delle profanazioni e dei prodigi, di quelle principesse dal profumo di aceto, di quelle che molti hanno sempre sognato di asservire. (p. 17)
Luisa, che ha orecchie che crescono a ogni fruscio di foglia, appartenente a una genia così diversa da quella dei genitori, non può che guardare con un certo sospetto e incredulità quell'adulto che le sta intorno, quello che viene definito Tiranno. Cosa possono fare le principesse contro il nemico che impone delle regole assurde e della abitudini alimentari senza senso?
Lottano come nessun altro contro il Tiranno domestico che vorrebbe imporre loro la sera e la mattina, il sole e la luna, la marmellata e il cioccolato, il silenzio e la parola. (p. 18)
Il lunedì il Tiranno impone il cavolfiore: con quale diritto si può dare in sposo il fiore al cavolo? Il martedì si dovrebbe inghiottire dell'anguilla. Il mercoledì il Tiranno scarta appassionatamente del manzo. [...] Il giovedì, sempre lui agita lo spauracchio delle patate al vapore: perché queste mostruosità quando un ortaggio di quella tempra merita solo la frittura? (pp. 26-27)
Ogni cosa è favola all'interno di questo racconto, non ci sono eventi troppo piccoli o di scarsa importanza per non essere considerati e resi poetici. Anche quando si tratta di azioni molto concrete che i bambini compiono sempre e non del tutto piacevoli. Qui fanno sorridere e assumono l'aura di una magica esplorazione.
Dalle narici, con un po' di fortuna, oggetti preziosi e precisi, come da un filone apparentemente ricco. Non sono né uova né perle, per quanto un frammento di polvere di roccia sia all'origine della formazione, o un granello di polline, o un'ala di moscerino, o ancora un decimo di zampa di ragno crociato. (p. 70)
Nonostante il tono favolistico e delicato, in trasparenza si dà voce alla difficoltà del rapporto tra padre e figlia, quella percentuale di incomunicabilità che è non è dato solo dal ruolo di Tiranno e Principessa.
Cos'è quel bozzo che ti si muove sul collo quando deglutisci, chiede Luisa a suo padre. Lui la ignora perché ancora nessuno li ha presentati, seppur vivano insieme da un bel pezzo. (p. 35)
Così come non è ignota la paura per un tempo che passa troppo in fretta, sensazione che tutti i genitori provano, con un misto di timido orgoglio, nell'osservare quanto lontano i loro figli stiano correndo.
Luisa non sa stare ferma. Lei non è già più nel minuto in cui noi siamo, ha già varcato una porta nel tempo e preso la cruna dell'ago come altri una scorciatoia. Straripa del giorno che passa da tutti i lati, lei è dall'altro lato dell'aia, fuori dalla strada, tra le sbarre della griglia. Sulle sue gambe sottili, già dopodomani. (p. 45)
Ultima nota relativa all'edizione italiana. Squisita Luisa, come già promette la copertina, è tutto scritto in rosa. Un'immersione anche grafica nel dolce regalo che l'autore fa alla figlia e alla narrativa: una visione poetica e un nuovo punto di vista sulla paternità.
Giulia Pretta