Le Gattoparde
di Stefania Aphel Barzini
prefazione di Fabrizia Lanza
Giunti, giugno 2021
pp. 320
€ 16,50 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)
La Sicilia, nel periodo post unitario fino alla seconda guerra mondiale, è terra di eccessi e ricchezze. Le grandi famiglie nobiliari dagli intricati alberi genealogici che risalgono fino all'anno Mille si accompagnano agli imprenditori di fresca creazione in un nastro di feste, matrimoni e opulenza che sembra richiamare alla mente lo sfarzo delle corti imperiali europee. Palermo è città vivace dove sovrani e il bel mondo si fermano per banchetti trimalcioneschi che prevedono come doni per gli invitati bracciali di rubini. Tasca Filangeri, Calanovello, Tomasi di Lampedusa, Florio sono solo alcuni dei cognomi che in quegli anni da Belle Époque dominano le scene. Ma sono come candele che innalzano una fiamma più vivida proprio nell'attimo prima di spegnersi: perché gli infiniti patrimoni sono destinati a dissolversi tra le leggi post unitarie, i disastri naturali e i conflitti. Di quel mondo restano nomi altisonanti e molti sospiri di rimpianto, ma soprattutto restano consegnati alla storia i nomi maschili. Chi c'era a fianco dei principi e dei baroni, di chi poteva sfoggiare un gattopardo sul proprio stemma? C'erano madri, mogli, sorelle e figlie: Le Gattoparde di cui parla il romanzo di Stefania Aphel Barzini.
Una storia di donne: la nonna Giovannina, la nonna Agata, le zie, Maria, Bice, Lina, Giulia, la piccola Pia, Ama e Licy, mammuzza Teresa. E di pochi uomini: suo padre Giuseppe, nonno Lucio, lo zio Alessandro, i cugini Giuseppe e Filippo. E naturalmente i suoi fratelli, Casimiro e Lucio. Il loro è un racconto di donne forti e di uomini deboli, mancanti, fragili, impotenti. Uomini che nella vita non hanno fatto altro che assistere fiacchi al disfarsi al sole di patrimoni favolosi, nel migliore dei casi, e nel peggiore a provvedere essi stessi a dissipare tesori di famiglia. (p. 39)
Nel risalire i rami degli alberi genealogici alla ricerca di personaggi storici ci si sofferma sui nomi dei genitori solo in quanto tali: Beatrice Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò, madre di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, vincitore del premio Strega con il suo Gattopardo nel 1959. Teresa Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò, madre di Lucio Piccolo Calanovella, poeta e amico di Montale. In questo romanzo che alterna una narrazione corale e una forma diaristica in cui si dà voce ad Agata Giovanni Piccolo di Calanovella si portano in luce i nomi delle donne di queste famiglie e dei loro vissuti personali. Vissuti che sembrano fatti apposta per costituire romanzi.
Giulia Mastrogiovanni Tasca Filangeri di Cutò visse una passione distruttiva per Vincenzo Paternò del Cugno, pur essendo già sposata e con due figlie, che culminò in un epilogo che scosse tutto il Regno d'Italia. La sorella Lina fu vittima del terremoto di Messina del 1908 ritrovata sotto le macerie mano nella mano con il marito. Beatrice, lasciata dal padre di Giuseppe, in perenne lotta con la moglie del figlio, Licy Wolff Stomersee, e mai rassegnata alla distruzione di quello che era un patrimonio immenso.
Perché queste donne così silenti nella storia, non poterono fare altro che assistere alla distruzione delle loro ricchezze e alla svendita del loro mondo per mano dei maschi della famiglia, uomini che erano nati con ogni agio e non avevano la benché minima capacità di far fruttare la loro eredità.
La nostra famiglia ha creduto che ogni cosa le ruotasse intorno, è per questo che facciamo tanta fatica ad adattarci ai tempi nuovi. Giuseppe dice che adesso vuole tornare a fare solo il principe, anche se non ha mai smesso di farlo, ché quella è l'unica cosa che sa fare bene. (p. 240)
Così riporta Agata nel suo diario e la posizione del futuro premio Strega di voler essere solo un principe ben si adatta con i decenni di sperpero che li hanno preceduti.
D'altra parte, non c'è nel testo – ma nemmeno i nobili dell'epoca ci avevano mai riflettuto, come sempre avviene in paesi dove la forbice sociale è amplissima – una critica alla gestione della società. Queste famiglie, che il giorno di Natale andavano al Politeama a vedere i poveri abbuffarsi di cibo da loro offerto con una sorta di fascinazione nel guardare le bestie allo zoo, concepivano come "fioretto" di rinuncia il non mangiare tartufo per una settimana. Come pensare che potessero amministrare latifondi che ad attraversarli ci volevano ore di treno rispondendo alle necessità di un'Italia unitaria e avviata alla modernità? Bisogna aspettare le pagine di diario di Agata per qualche riflessione sui costumi che cambiano, ma anche in questo caso sono più riflessioni di carattere generale – come le canzonette scatenate di Sanremo o i rilassati comportamenti dei giovani – più che una riflessione sul mondo che i maschi della famiglia avevano contribuito a distruggere. In una sorta di fatalismo sulla morte del loro stile di vita si riflette che
I soldi hanno un terribile potere distruttivo, dobbiamo ritenerci fortunati a non averne. (p. 282)
È una storia di donne, certo, ma donne che raccontano e si relazionano in base agli uomini che hanno intorno. Senza di loro, senza gli amanti, i mariti traditori, i fratelli che dilapidano patrimoni inseguendo vaghi ideali socialisti, queste gattoparde avrebbero poco da raccontare. Lascerebbero un segno, però, in una delle attività considerate femminili per eccellenza: la cucina. È grazie alle ricette che Teresa porta avanti la tradizione della mamma, Giovanna, nata in seconde nozze da Alessandro IV Tasca Filangeri di Cutò e la cantante lirica Teresa Merli Clerici. È con le ricette della mamma che Agata Giovanna intrattiene gli ospiti che passano per l'eremo di villa Piccolo. Se non fosse per questi piatti della tradizione, faremmo fatica e tenere il capo del nastro che ci permette di risalire alle vicende di queste donne passionali.
Le ragazze Tasca cucinano non solo per loro e per le loro bambole, cucinano anche per non lasciare spazio alla paura (p. 69)
Unica attività e unico modo per avere una voce fuori dall'orbita maschile.
A ulteriore riprova del silenzio che grava su queste donne, basta una veloce ricerca sul canale di informazioni più usato da tutti: Wikipedia. Dei tre figli Piccolo da Calanovello, Lucio e Casimiro hanno la loro pagina dedicata. L'unica a non godere della sottolineatura del link, è proprio Agata Giovanna che, con questo romanzo, si è ripresa lo spazio che lei e le gattoparde aspettavano da tempo.
Giulia Pretta
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