Un'esperienza dalla quale non si torna indietro: tre passeggiate con Daniil Charms, il matto di Leningrado

 

 
 
 
 

 
 
 
 
 
Il matto di Leningrado. Tre passeggiate con Daniil Charms
di Giorgio Galli 
Gattomerlino/Superstripes, aprile 2021

pp. 112
€ 12,00 (cartaceo)



Il matto di Leningrado di Giorgio Galli è uno di quei testi preziosi parte del filone narrativo che ha il merito di riportare alla luce l'esistenza di artisti a lungo dimenticati o censurati.   

Daniil Ivanoviˇcč Juvaˇcev, in arte Charms, verrà infatti riabilitato solo nel 1956 come vittima della macchina del terrore messa a punto dal regime sovietico. In Occidente i suoi testi arriveranno solo dopo il 1968 (in Russia le opere per adulti, diversamente da quelle per bambini, saranno pubblicate ancora più tardi) come leggiamo sul sito di Paolo Nori, autore che alla figura di Charms ha dedicato diversi scritti e traduzioni (v. D. Charms, Disastri, a cura di P. Nori, Einaudi, 2003). Altre opere in italiano sono anche D. Charms, Casi, a cura di R. Giaquinta, Adelphi, 1ª ed. 1990, 2ª ed. 2008, 3ª ed. 2011 e D. Charms, L'uomo che sapeva fare miracoli, a cura di Leonardo Marcello Pignataro, Il Saggiatore, 2014. 

Negli anni Sessanta i suoi scritti iniziarono a circolare samizdat, in copie dattiloscritte sbiadite distribuite in segreto negli ambienti antisovietici.

Una personalità nata in un’epoca e in un luogo in cui era in atto una grande mistificazione della realtà, come afferma Carrère, e per questo schiacciata dai meccanismi del potere che sovrasta ogni dissenso, diversità, sensibilità, pensiero non allineato.

L’opera narrativa in questione, a lui dedicata, è strutturata in tre parti, ovvero tre passeggiate in compagnia di Charms, durante le quali il narratore, nostro contemporaneo, immagina di ritrovarsi nella San Pietroburgo dell’epoca per mettersi sulle tracce di Daniil. Osserverà alcuni eventi della sua vita divorato dall’amarezza di non poter intervenire per cambiare le cose.

Nelle tre parti assistiamo ad un movimento ascendente verso la catastrofe che risucchia questa esistenza. 

Durante la prima passeggiata l’autore ricrea, in un modo a tratti lirico, l’atmosfera della Leningrado del 1941, a partire dalla primavera di quell’anno, qualche mese prima dell’assedio della città (8 settembre 1941 – 27 gennaio 1944). In questa parte impariamo a conoscere l’artista Charms, il suo estro, la sua diversità, il suo fascino, la sua vitalità, la sua vita sentimentale messa a dura prova dalla miseria e dalla paura del regime e della delazione, il tormentato rapporto col padre, vecchio oppositore del regime zarista in quanto populista, amico di Tolstoj, già mandato al confino in Siberia, che pure lo amava immensamente e avrebbe voluto proteggerlo fino alla fine dei suoi giorni, l’umorismo di Daniil e anche la sua fame. Nel suo diario scrive spesso: oggi non ho mangiato. Apprendiamo che non riesce neanche più a pubblicare storie per bambini perché la politica di regime non permette che questi leggano storie assurde, strambe, ma solo quelle edificanti per la loro educazione patriottica. A partire dal 1928 Charms era stato membro dell'Associazione degli Scrittori per l'Infanzia, ma per tutto il tempo il regime provò ad ostacolare la sua pubblicazione. 

Nello stesso anno aveva fondato il movimento di avanguardia Oberiu, ovvero Unione dell'Arte Reale, abbracciando gli ideali artistici del Futurismo russo. Il principio estetico di questo movimento si basava sulla convinzione dell’autonomia dell'arte dalle leggi del mondo reale, lontana dunque dalla filosofia materialistica di regime; sguardo visionario, talento comico e istrionico in grado di vanificare la realtà nelle versioni dell’assurdo.

A partire dalla fine degli anni Venti attira l'attenzione dei funzionari di regime che si tradurrà in persecuzione per i suoi versi anti-razionalistici, le sue idee non conformiste e i suoi comportamenti pubblici decadenti che connotarono Charms - che amava apparire in guisa di dandy – come un folle, un genio. E sicuramente disadattato.

La seconda passeggiata si svolge a giugno del 1941 e il narratore ci propone alcuni stralci degli interrogatori ai quali l’artista era sottoposto quando veniva arrestato con l’accusa di atteggiamenti antisovietici.

Il narratore si interroga sulla natura degli scritti per bambini e ci restituisce il suo sottile punto di vista sulle possibili motivazioni della censura:

Un uomo è uscito di casa

con un bastone e un tascapane

e per un lungo viaggio

e per un lungo viaggio

[…]

 

Poi una buona volta all’alba,

è entrato in un gran bosco folto

e da quel momento

e da quel momento

e da quel momento si è dissolto.

 

Ma se per un qualche caso strano

vi succedesse di vederlo

allora presto ditelo

allora presto ditelo

abbiam bisogno di saperlo.

“Dove sta il problema in questa filastrocca per bambini? Il problema è che, in quel periodo, la gente in Unione Sovietica spariva per davvero” afferma, rintracciando proprio nel tema della scomparsa, più volte affrontato anche in chiave fantastica da Charms, quella che probabilmente era stata ritenuta una critica al sistema.

La terza passeggiata si svolge ad agosto del 1941 quando l’artista, uscito di casa, verrà arrestato e internato, morendo poi il 2 febbraio 1942 nella clinica psichiatrica detentiva nel carcere di Leningrado. Grazie all’amico e filosofo Jakov Druskin, che dopo la sua scomparsa salva dalle macerie della sua casa bombardata la valigia nella quale Charms conservava i suoi manoscritti, possiamo oggi apprezzare l’opera di uno dei più affascinanti scrittori del Novecento russo.

Nella straordinaria e necessaria raccolta di saggi Storie di uomini giusti nel Gulag, edita da Mondadori nel 2004, si approfondiscono le vite di figure esemplari di resistenza al totalitarismo sovietico. L’elenco è lungo, ma citiamone alcuni: Anna Achmatova, Lidija Cukovskaja, Julij Daniel’, Osip Mandel'štam, Vailij Grossman, Andrej Sacharov, ma anche di comunisti italiani perseguitati in URSS come Vincenzo Baccalà e la moglie Maria Pia Piccioni, Dante Corneli, Edmondo Peluso, Emilio Guarnaschelli e la moglie Nella Masutti, la maggior parte per aver preso le distanze nel corso della NEP dalla linea staliniana. Ma ancora sotto Chruščëv le torture continuano e in un suo discorso sentiamo dire che in Unione Sovietica non c’erano detenuti politici poiché nella società socialista non esistono conflitti sociali e i pochi insoddisfatti non potevano che essere malati di mente. (p. 131)

Un senso di impotenza e di profonda commozione ci coglie quando leggiamo che il poeta Osip Mandel'štam, nella primavera del 1933 fece qualcosa che nessuno osò fare né prima né dopo di lui. Scrisse una poesia in cui attaccava direttamente Stalin per il suo gusto macabro per le esecuzioni, mentre gli scrittori più famosi del Paese lo glorificavano per aver costruito il canale di collegamento tra il Mar Bianco e il mar Baltico (notoriamente con la forza di migliaia di detenuti nei gulag). Sono pronto a morire, aveva detto alla Achmatova. Finì i suoi giorni nell’Estremo oriente siberiano.  (p.20)

Il matto di Leningrado è un altro piccolo tassello che si aggiunge al lavoro paziente e inestimabile della ricostruzione della memoria di uomini e donne che hanno perso la vita per la libertà. E questo vuole essere un invito alla lettura per la ricchezza dei dettagli contenuti nel testo, se si è interessati alla vita di quest’uomo e, in generale, alla storia delle anime che resistono.

Solo una nota sulla postura del narratore: si lascia andare a volte a considerazioni sull’attualità, forse un po’ forzate davanti alla potenza in sé della storia che decide di raccontare. Si interroga anche, sebbene marginalmente, sul significato dell’appartenenza dei suoi genitori al PCI durante gli anni successivi al dopoguerra, anni in cui si conoscevano molti degli orrori di quel regime. Qui, invece, sarebbe stata interessante un’apertura maggiore verso l’argomento, avendo egli fatto riferimento alla sua famiglia richiamando una questione generazionale che avrebbe potuto dare avvio a riflessioni e racconti inediti.  

Per concludere, considerato che nel testo si cita il pensiero di Carrère sul regime comunista, riporto un passo tratto dalla sua ultima opera Yoga, che riprende da un altro punto di vista (l’autore che riflette sulla morte) le condizioni in URSS durante le purghe del 1936. È agghiacciante notare che i pensieri provengono da un bambino russo di otto anni, lo stesso che Charms avrebbe voluto distrarre e far sorridere con i suoi scritti. 

"La mia amica Ruth Zylberman mi manda due brevi lettere scritte da un bambino di otto anni alla nonna durante le purghe del 1936 in Unione Sovietica. Ecco la prima: - Cara babushka, non sono ancora morto. Sei la sola persona che mi resta al mondo e io sono la sola che resta a te. Se non muoio, quando sarò grande e tu sarai molto vecchia, lavorerò e mi prenderò cura di te. Tuo nipote Gavrik-. E la seconda: - Cara babushka, non sono morto nemmeno questa volta. Non è la volta di cui ti ho parlato nell'ultima lettera. Continuo a non morire- " (p. 191)

Maria Teresa Rovitto