Lo diremo solamente. Diremo di riunirci il martedì, ma non lo faremo. Diremo a tutti di presentarsi, che sono incontri pubblici, che tutti solo i benvoluti, appenderemo anche dei volantini, magari. E alla fine non ci presenteremo, e tutti staranno lì a chiedersi: “Ma dove cazzo sono?”. Dove cazzo ci pare, ecco dove siamo! Siamo incoerenti, no, che cazzo ce ne frega. (p. 113)
Leggenda narra che gli orvietani bevano sempre vino, in qualsiasi momento del giorno, della settimana e dell’anno. E trama vuole che anche la giovane Allegra non faccia eccezione, sebbene non abbia neanche l’età giusta per poter affrontare correttamente i litri di alcol che ingerisce quasi ogni giorno. E come fare a sfuggire a un destino che sembra già segnato – l’alcol, una famiglia disfunziale composta da un padre a sua volta alcolista, una madre depressa e una sorella sulle cui spalle ricade tutto il peso della situazione – quando si vive in un comune di appena ventimila abitanti, nel quale tutti conoscono tutti e non c’è modo di tenere per sé neanche il più piccolo dei segreti?
Maggi, classe 1995, nel suo romanzo d’esordio che è un romanzo di formazione, affronta il tema mai arido della famiglia problematica che, insieme all’ambiente in cui si cresce, condiziona non poco lo sviluppo individuale del protagonista. Lo fa inserendo il tutto nel contesto complesso della vita di provincia che, come sottolineato altrove (per esempio qui), è il luogo dell’eterno presente che sconfina nell’eterno passato. In provincia tutto accade con tempi e modalità altre rispetto alla città; in provincia gli eventi che interessano la città sembrano scivolare via dalle pagine dei giornali, mentre importanza capitale assumono quei fatti che in città non verrebbero neanche considerati.
Nel contesto alieno e disgregante della provincia, dunque, la formazione dell’adolescente e del giovane adulto risulta quasi falsata rispetto agli standard imposti dalle città. Se in città a essere fondamentali per la formazione sono i gruppi sociali, l’appartenenza o meno al centro o alla periferia, i grandi accadimenti nel mondo e le problematiche classiche dell’era contemporanea, in provincia assumono ruolo fondamentale la famiglia, il vicinato, i luoghi d’interesse del paese – il bar, la piazza – e i problemi legati alle piccole realtà. Se in città l’anonimato è una condizione permanente, con tutto il bene e il male che ne conseguono, in provincia restare anonimi è impossibile e la lotta è, piuttosto, nel far passare in sordina anche il più misero degli accadimenti.
Maggi ha una scrittura fresca, vivace e pungente, nella quale si sente vibrante, ma non troppo marcato, l’influsso della Scuola Holden presso la quale si è formato. La sua Orvieto ricorda una versione italiana del South Side di Shameless, con i suoi personaggi fuori dagli schemi, l’alcol imperante e il linguaggio sboccato, che però non pesa e non stereotipizza i personaggi. È un linguaggio colloquiale, che avvicina tantissimo il lettore ai personaggi fin quasi a renderli prossimi come può esserlo una persona seduta al tavolo accanto.
Una bella prova di scrittura, la sua, nella quale si intravedono ulteriori margini di miglioramento. Con Allegra potremmo aver assistito alla nascita di una giovane promessa.
David Valentini