La vita in istituto per Kola non è stata semplice: ne scrive ora, che ha trent'anni e vive in Sicilia con la sua nuova famiglia. Tornare indietro non è un percorso privo di dolore, perché gli anni in quell'istituto sul Volga insieme a sua sorella Alyona sono stati pieni di una solitudine che gli si è incollata addosso, di un dolore che non può essere cancellato, eppure hanno anche avuto momenti in cui è stato possibile trovare l'amicizia. Quando Kola e la sorella arrivano in istituto, la madre Irina è ancora viva, ma indigente: un sacchetto di mele verdi, tra cui una marcia, è tutto quello che può lasciare ai suoi figli, e da quel momento per il bambino di sette anni la mela è un simbolo da custodire e contemplare, un po' come il ricordo dei giorni passati con la madre.
Farsi accettare lì è tutt'altro che immediato, perché si tratta di un posto in cui «bisogna sempre accompagnare le parole con un coltello» (p. 27) e presto i più grandi insegneranno a Kola che ogni nuovo arrivato deve subire un benvenuto molto particolare. Fortunatamente per Kola, tra i coetanei trova tre amici inseparabili: Mishka, Sergej e Sasha. Insieme sono «quattro ragazzini che hanno in comune la forza del dolore vissuto, pronti a spalleggiarsi per sempre» (p. 37), e questo alimenta un forte legame, pur sapendo che prima o poi il gruppo si sfalderà per via delle adozioni, al tempo stesso attese e temute. In questa situazione, la sorella Alyona resta un punto di riferimento, un faro che Kola ha sempre bisogno di tenere a portata di sguardo.
A sostenere il piccolo, c'è il direttore dell'istituto, un uomo illuminato, che compie il suo lavoro con vera e propria dedizione, pensando al bene dei suoi piccoli ospiti e cercando di difenderli da tutto, anche dalle adozioni sbagliate. È lui che inizierà Kola alla lettura, che lo andrà a trovare in ospedale in un momento difficile o che lo proteggerà dal rischio di perdere sua sorella.
Se da un lato il ricordo di Irina sembra sbiadire lentamente, dall'altro ci sono i weekend trascorsi con Babushka Faya, che sa sempre come donare ai bambini piccoli momenti di gioia («Il sabato seguente avrei passato due giorni con Babushka Faya, e il mio cuore pareva un palloncino leggero, portato via», p. 47). Profumi, ricordi, piccoli regali, caramelle si avvicendano in quei due giorni a settimana passati con l'anziana signora, e viene da pensare che sia lei l'idea più vicina alla famiglia che Kola e Alyona coltivano in quegli anni. Di certo è grazie al suo accudimento che Kola potrà in futuro coltivare rapporti e sentimenti:
«Se provo compassione, tenerezza e la voglia di fare qualcosa per qualcuno che non conosco, è perché lei, pur essendo una lontana parente, si è presa cura di noi. È come se avesse massaggiato la nostra permanenza in Russia con delicatezza: anche se non ha cancellato il dolore, ha allietato i nostri giorni» (pp. 52-53).
Mentre il tempo passa, assistiamo a marachelle e momenti duri in istituto, tra la scoperta (ancora goliardica) delle ragazze e il desiderio di essere indipendenti. La fantasia è quel che permette ogni volta a Kola di salvarsi dai momenti di tristezza eccessiva e di reinterpretare così la realtà, in una chiave meno difficile da accettare. Ci sono, tuttavia, ricordi che non possono essere edulcorati, come quelli che riguardano suo zio, violento e autodistruttivo, personaggio negativo senza possibilità di riscatto.
Anche sulla scorta delle esperienze passate, l'incontro con i futuri genitori italiani, Nicoletta e Benedetto, due maestri siciliani, non è semplice. Innanzitutto, richiede un interprete italo-russo, ma soprattutto tempo, perché Kola e la sorella possano fidarsi, per quanto questi due sconosciuti ispirino immediatamente amore.
Tra romanzo e memoir, Dasvidania chiede ai lettori di immedesimarsi in una storia che è unica - è l'infanzia di Kola -, ma in cui risuonano i toni e le atmosfere di tanti romanzi classici (giustamente nel risvolto di copertina si rimanda a Dickens). La sintassi, che predilige frasi semplici, brevi e a volte brevissime, e che inizialmente può infastidire, diventa poi un singulto del cuore, un procedere a balzi tra ricordi a volte difficili da rievocare, e per questo risulta necessario semplificarli, segmentandoli con la paratassi. Così metafore e similitudini hanno l'immediatezza di ciò che possono pensare i bambini e, in quella trasparenza, rilucono. Chi è in cerca di una storia con cui empatizzare fortemente, valicando il limite della commozione, troverà in Dasvidania un romanzo da amare.
GMGhioni
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