di Nora Krug
Einaudi, 2019
Traduzione di Giovanna Granato
pp. 288
€ 19,00 (cartaceo)
Barbara Nicoletti
pp. 288
€ 19,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Nora ora abita a Brooklyn con suo marito, di origini ebree, ma la sua città natale è Karlsruhe nel Baden-Württemberg, in Germania. L’associazione ebreo-tedesco ancora le procura vergogna - Karlsruhe fu infatti la prima città a essere dichiarata judenfrei (libera dagli ebrei) - e questa è rinforzata dagli stereotipi popolari che definiscono la Germania come un paese inospitale, non solo per il suo passato nazionalsocialista, ma anche per tutte le regole e divieti che impediscono la libertà e il divertimento. Nora nasconde il suo accento tedesco e le sue origini cercando di sembrare sempre più americana confondendo sempre di più i confini della sua Heimat. Così facendo però, il senso di colpa collettivo tedesco nei confronti della comunità ebraica si trasforma lentamente in un senso di colpa via via più individuale.
Per scongiurare il pensiero assillante di un possibile legame famigliare con il partito nazionalsocialista, l’autrice inizia a indagare e fare i conti con il suo passato e quello della sua famiglia, tra oggetti scovati al mercatino delle pulci, archivi, mappe e alberi genealogici (il titolo originale porta infatti il sottotitolo Ein deutsches Familienalbum - Un albero genealogico tedesco). La narrazione delle sue scoperte è accompagnata dalla costante ricerca della sua Heimat, uno dei concetti tedeschi più ostici da tradurre in italiano sia per la complessità semantica che vi si cela dietro, sia per le implicazioni storiche. Non è infatti solo il luogo in cui una persona nasce, la patria, ma è anche un senso di familiarità e di affetto associato a un luogo reale o immaginario. Spesso è anche un luogo ormai scomparso o perduto e per il quale si prova nostalgia, sensazione che in tedesco ha un’altra parola ancora per descriverla, ovvero Heimweh, dove heim sta per casa e weh per dolore. Nora si domanda:
Come fai a sapere chi sei, se non capisci da dove vieni?
e per rispondere inizia a compilare un diario di cose tipicamente tedesche, che suscitano simpatia, perché il lettore li riconosce, ma essendo presentati da un’altra prospettiva, da una prospettiva nostalgica, li posiziona nuovamente nella sua mente assegnandogli un nuovo significato. In questo diario le illustrazioni di Nora raccontano, tra altre cose, la storia di una marca di cerotti tedeschi, della borsa dell’acqua calda o della nota resina adesiva sintetica dal tubetto giallo. Le ricerche di Nora hanno un lieto fine, tale da farle affermare che:
Dopo dodici anni che vivo in America, mi sento più tedesca che mai.
La graphic memoir di Nora Krug affronta temi molto importanti nella cultura tedesca che ancora oggi rappresentano una crepa nella società della Germania in continua lotta con il proprio passato e il proprio senso di colpa degli orrori commessi durante il periodo nazionalsocialista. Come già fece Art Spiegelman nella sua autobiografia Maus, Nora affronta con grande accuratezza tematiche, quali l’olocausto, i campi di concentramento e la sua relazione con persone di origini ebraiche. Le tavole di Nora, in cui unisce con grande genialità illustrazioni, fotografie in bianco e nero, infografiche a reperti di manoscritti degli anni trenta e quaranta, ripercorrono l’avvenimento più buio della storia della Germania, portando alla luce uno dei concetti più cari alla cultura tedesca, ovvero la Heimat.
Per chi volesse approfondire o introdurre ai più giovani, ma anche ai non più giovani, questi temi così fondamentali e difficili da comunicare, Heimat illustra in maniera eccellente come la ricerca di un passato sconosciuto, pervaso da eventi taciuti, possa insegnare ad amare il proprio paese con i suoi pregi e i suoi difetti e come la creazione di volumi come questo aiuti a diffondere l'importanza della conoscenza e della condivisione delle stesse emozioni e dubbi che l’autrice tedesco-americana si trova ad affrontare. Per il The New York Times questa graphic novel rappresenta un modo geniale di fare i conti con il proprio passato, tanto da eleggerlo, insieme al The Guardian e il The Comics Beat, come miglior graphic novel del 2018.