Elogio di un amore caparbio e silenzioso. Il Giappone perduto de "L'albero dello zenzero" di Oswald Wynd

 



L'albero dello zenzero
di Oswald Wynd
Garzanti, giugno 2021

Traduzione di Valeria Bastia

pp. 359
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)



L'albero dello zenzero è un romanzo del 1977, ma che viene per la prima volta tradotto in italiano in questa edizione Garzanti, nell'ambito di una giusta riscoperta di Oswald Wynd. È un romanzo che porta molto bene i suoi anni, con la freschezza e la vivacità che solitamente si attribuiscono ai classici. Narra la storia di Mary Mackenzie, una giovane donna scozzese che sposa un diplomatico e si trasferisce in Cina. Una lunga serie di peripezie porterà Mary in Giappone, dove si ambienta la maggior parte della vicenda, il cui tempo della storia va dal 9 gennaio 1903 al 20 agosto 1942. Quasi quarant'anni narrati attraverso ellissi e sommari a cui si alternano rallentamenti e descrizioni particolareggiate più dei luoghi che degli stati d'animo. Credo che sia una scelta ponderata dell'autore e ben finalizzata alla metamorfosi dell'io narrante.

Sì, perché in realtà è proprio Mary Mackenzie che ci racconta - attraverso pagine di diario ma anche lettere - la sua vicenda, che prende la fisionomia di un vero e proprio Bildungsroman. Conosciamo infatti Mary quasi ventenne, a bordo di una nave e in compagnia di un'austera signora che le fa da chaperon. Sta affrontando un viaggio oceanico per andare a sposarsi, pensa ancora alla madre lasciata in Scozia, alla vita confortevole perduta e ai tanti interrogativi che le affastellano la mente. Però mostra subito un carattere per nulla remissivo e, dopo aver superato indenne il golfo di Biscaglia e una tempesta al largo di Malta, si lascia sfuggire queste profetiche parole:

In questo preciso istante ho deciso che, nonostante glielo avessi promesso, non devo mandare il mio diario alla mamma. Fin da Porto Said mi sono ritrovata ad avere la voglia di scrivere cose che lei non deve sapere. Ho sentito dire che a est di Suez la gente cambia, e forse è proprio ciò che sta succedendo a me. (p. 8)

Mary cambierà decisamente, abbandonando gli ingombranti abiti della morale. Infatti, da timida ragazza ligia a piegarsi al costume degli europei benpensanti trapiantati in Oriente, diventerà una donna indifferente alla marginalizzazione sociale attuata nei suoi confronti, capace anche di prendere il meglio da questa situazione. L'inizio del cambiamento avverrà con l'incontro con il conte Kurihama, un samurai silenzioso e pieno di mistero, che sarà il vero deus ex-machina dell'intera vicenda esistenziale di Mary. Kentaro Kurihama, in Cina per ristabilirsi dalle ferite avute nella guerra di Manciuria, conosce Mary e dopo il terzo silenzioso incontro la invita a prendere il tè a casa sua.

Ci sono andata, che Dio mi perdoni. Non ho scuse per il mio comportamento. «Tutto bene, tutto bene?» continuava a ripetermi in tono interrogativo. Non gli ho risposto, ma avrei voluto. L'unica cosa a cui riesco a pensare in questa follia che sto vivendo è il suo corpo. (p. 136)

Solo queste parole ci fanno immaginare la nascita della passione tra Mary e Kentaro. Tutti i momenti in cui dovrebbero affiorare i sentimenti, non solo gli incontri con Kentaro o con gli altri uomini, ma anche l'addio ai figli, la lontananza dalla madre, sono condensati in ellissi. Guardiamo i sentimenti di Mary Mackenzie da uno di quei paraventi in carta di riso, non ne abbiamo la visione diretta. Inizialmente, nel brano citato, mi era sembrato assurdo - o meglio una scelta fatta da un uomo che immagina di scrivere per conto di una donna - non mostrare il momento in cui nasce l'amore che spazzerà definitivamente le convenzioni e tutta la vita di Mary (facendole perdere un marito ed una figlia).

Ma poi, mi sono resa conto che questo riserbo fa il paio con l'apparente insensibilità di Kentaro e del mondo giapponese; la nostra incomprensione di lettori ci mette nello stato d'animo di Mary che si dispera per il viso inespressivo di Kentaro (di lui ci viene narrato solo un sorriso, di indicibile bellezza) e per i gesti misurati e immodificabili dei giapponesi. Eppure, al di sotto di questa calma, la penna di Wynd è un'ottimo termometro per recepire e raccontare i sintomi di un Giappone che cambia: il passaggio dal mondo di Kentaro, ancora feudale e vincolati a valori tradizionali e nobili, a quello di uomini che vedono nell'utile e nel lavoro l'unica dimensione di applicabilità di qualsiasi sapere; un mondo diffidente verso l'Occidente, un mondo in cui la tecnica pian piano tende a rimpiazzare la disciplina. In questo mondo instabile, anche a causa di terremoti e tsunami, Mary va avanti, diventa una lavoratrice di successo nel campo della moda, si alza, cade e risorge un centinaio di volte, senza perdere mai il contegno. Resta in piedi, solitaria e tenace, come la pianta che campeggia al centro del suo giardino.

La pianta di zenzero, che è di nuovo cresciuta parecchio, resta la caparbia straniera di sempre. (p. 348)

A differenza della pianta di zenzero, tuttavia, Mary viene sradicata dagli eventi della storia. La Seconda guerra mondiale porterà il Giappone a cacciare tutti gli stranieri dalla propria terra e Mary riesce ad evitare i campi di concentramento, grazie al provvidenziale aiuto del conte Kurihama.

Mi ci ha messo Kentaro su questa nave, l'ultimo atto del suo incrollabile senso del dovere verso una donna con cui aveva concepito un figlio su una collina cinese trentasette anni fa. Nella sua ottica, tutto quello che ha fatto per me e a me era inevitabile, anche se penso che, dopo avere riflettuto sulla questione attentamente come aveva fatto con quella proposta di matrimonio, avrebbe potuto dirmi di Tomo. Passato tutto questo tempo, sarebbe andato sul sicuro, la vita di nostro figlio ormai organizzata e lontana da entrambi, ma il conte Kurihama si prende i propri rischi solo in ambito militare. (p. 352)

Il finale è meraviglioso e illumina di senso le pagine precedenti, facendoci comprendere tante scelte che ci erano risultate incomprensibili da parte di Kentaro e anche nell'accettazione di Mary. Il libro si conclude nuovamente con Mary in nave, ma in questa apparente circolarità rintracciamo una metamorfosi nel personaggio che rende la lettura de L'albero di zenzero un viaggio sorprendente per ogni lettore. 

Deborah Donato