Antonio
di Beatriz Bracher
Utopia editore, 2021
pp. 192
€ 19,00 (cartaceo)
€ 9,90 (ebook)
Titolo originale: Antonio
Traduzione di Prisca Augustoni
C’è qualcosa delle antiche tragedie greche in Antonio, il romanzo della brasiliana Beatriz Bracher appena uscito da Utopia editore. Come nei classici del teatro attico sembra infatti che esista una maledizione che colpisce la famiglia Kremz. In questo caso, però, ciò da cui non si riesce a sfuggire sembra una coazione a ripetere gli stessi errori di chi precede i personaggi nell’albero genealogico, o forse una colpa che ricade sui discendenti fino alla giusta espiazione.
Benjamin prima della nascita di suo figlio cerca la verità sul padre, Teodoro, che apparteneva ad una famiglia alto borghese di San Paolo. Il genitore è morto giovane lasciandolo solo e senza legami con la famiglia Kremz, quella dei nonni paterni. Per conoscere e capire il suo passato incontrerà Isabel, la nonna; Haroldo, l’amico del nonno Xavier e Raul, un amico d’infanzia del padre. Sono queste tre voci narranti che costruiscono il mondo in cui i protagonisti combattono contro il destino.
Chi ha il centro della scena sono Xavier e Teodoro, due uomini che partendo dalla ricca borghesia paolistana si scontrano con il popolo e la natura brasiliana del Minas, la regione agricola vicina alla grande metropoli. Un ritorno alla terra che ha delle conseguenze telluriche per i due uomini, una terra che ha le sembianze di Elenir, una donna straordinaria che sconvolgerà entrambe le loro esistenze. Destino e amore simili, per due uomini che sembrano combattere gli stessi demoni prodotti da una mentalità che li voleva parte eletta della classe dirigente di un Paese in crescita, ma che scelgono di coltivare la possibilità di differenziarsi dal loro contesto.
Se Xavier e Teodoro sono il fulcro della vicenda, un ruolo non meno importante lo hanno le tre voci narranti. Isabel è una donna indipendente che ha il culto della libertà, tanto da risultare fredda e distante; Haroldo è mosso da quel sentimento della decenza tipico della borghesia d’altri tempi, ma è anche capace di cura e grande affetto; Raul, invece, è roso dai ricordi della giovinezza con Teodoro e dalla sua incomprensibile trasformazione. Sono proprio loro a creare l’intelaiatura tematica e la tridimensionalità del romanzo: le vicende intrecciate di Xavier e Teodoro sono uno strumento di autoanalisi per chi racconta, una lenta presa di coscienza dei propri errori e del proprio passato, anche perché le interiorità dei due protagonisti risultano sfuggenti. Inafferrabili perché lontane dal cammino sicuro, tracciato dagli studi accademici e dall’educazione borghese, campi in cui Isabel, Haroldo e Raul invece hanno brillato. Sembra quasi che i tre guardino ad un aldilà sociale che nega il loro essere, che li spaventa, perché stimola il ritorno di una parte della loro natura che è stata psicologicamente rimossa.
I limiti tra libertà interiore e trasgressione, tra l’amore e l’indipendenza sono questioni che si ritrovano nelle parole di ogni personaggio e che non vengono solo raccontati insieme ai ricordi, ma anche dibattuti da tre punti di vista differenti che evolvono con l’avanzare della narrazione. Un canto affascinante e polifonico che esplora un Brasile inedito e più vicino alla nostra realtà di quanto si possa pensare.
Gabriele Tanda