di Concetto Vecchio
Chiarelettere, 2021
€ 16,00 (cartaceo)
€ 4,99 (eBook)
Una biografia sentimentale a figura intera: questo è
stato lo spunto scelto da Concetto Vecchio per scrivere di Emanuele Macaluso,
per raccontare la sua lunga attività di sindacalista, politico e giornalista
senza tralasciare le vicende personali, a ravvivare il ritratto.
La cornice è quella del racconto in prima persona ‒ come a un vecchio amico ‒, di un’intervista durata
mesi, del metodo scelto, degli incontri con Macaluso, le interviste e le ricerche
a latere, mentre la pandemia cominciava a dilagare; e in questa narrazione
condivisa, il giornalista di Repubblica non lesina aneddoti più o
meno piacevoli che avvicinano il lettore a Macaluso, restituendo
confidenze, gesti e tutta l’onestà intellettuale di cui fosse capace.
La scelta di ampliare lo sguardo alle vicende personali di
Macaluso, insieme a quella di procedere rievocando il suo cuntu, rivela l’origine
della vocazione del sindacalista per la questione sociale: la madre era
solita chiamare Mussolini Faccialorda, il padre era socialista;
era nato a Caltanissetta nel ’24, che in quel periodo era «una
piccola Atene», come l’aveva definita Sciascia (p. 27), con le
librerie fornite e Brancati che insegnava all’Istituto magistrale. Da piccolo
il padre gli aveva parlato di Matteotti, così aveva avvicinato pochi
compagni di scuola per parlarne di nascosto; qualche anno dopo lo avrebbe avvicinato
qualcun altro per proporgli di entrare a far parte del Partito comunista, in
clandestinità.
Il racconto di Macaluso è un affresco popolato da
straordinari protagonisti della resistenza siciliana, della cultura e della
politica italiana, che trasmettevano tutt’altri insegnamenti rispetto a
quelli di molti nostri politici contemporanei, altre prassi:
«Dobbiamo essere organizzati, disciplinati. E studiare».
Questo gli aveva detto Calogero Boccadutri, uno dei
più importanti esponenti dell’antifascismo siciliano, che ospitava le riunioni
con i membri della cellula comunista e a una di quelle un giorno comparve anche
Leonardo Sciascia. «Anche Sciascia leggeva l’Unità clandestina, gliela
consegnavo io» ricorda Macaluso, che racconta anche dei testi di Marx da
ricopiare e diffondere, di una biblioteca clandestina fatta di testi di Trotsky, Gorkij e Malaparte, di un giovane Elio Vittorini che nel 1943
arrivò in Sicilia per comunicare a Boccadutri che ci sarebbe stato lo sbarco
degli alleati; Macaluso aveva già letto Conversazione in Sicilia,
custodito proprio nella biblioteca clandestina.
Tra le battaglie fondanti del Partito comunista siciliano c’era
quella contro la mafia: Macaluso rievoca il proprio attivismo accanto a Pio
La Torre e Girolamo Li Causi, protagonisti della lotta alla mafia, che
all’epoca coincideva con quella al latifondo: Vecchio, riportando i
ricordi di Macaluso, ricostruisce questo delicatissimo passaggio della nostra
storia nel racconto di chi si era impegnato affiancando uomini che sapevano
parlare ai braccianti per guidarli verso la consapevolezza dei propri diritti
rispetto a gabellotti, mezzadri e padroni.
Oltre all’attività politica e ai rapporti con gli intellettuali e
i partigiani più importanti dell’epoca, Macaluso confida la sua vita sentimentale,
racconta delle donne che si sono avvicendate vicino a lui, vicende che mostrano la realtà della legge per cui il tradimento era
perseguibile, nonché una certa postura bigotta che regnava nel Partito
comunista e che più di una volta si mise d’intralcio rispetto all’attività
politica di Macaluso.
Leggendo delle sue battaglie sindacaliste, delle vicende personali
e della carriera politica, seguiamo l’evoluzione di una figura poliedrica
della nostra storia, la sua vocazione per i diritti dei lavoratori, lo
studio, riviviamo l’impegno come dirigente di partito e come direttore dell’Unità,
dove era stato chiamato da Berlinguer; ne scopriamo la storia sentimentale, la
sensibilità per la questione femminile, la razionalità del pensiero, la
correttezza morale che non scivolò verso l’ipocrisia.
A impreziosire pagine già dense di episodi di valore, Vecchio
annota le chiose di Macaluso, le considerazioni di natura politica di cui si
sente l’assenza, come succede per tutte le voci lucide: «È nel rapporto col
mondo del lavoro che si definisce l’uomo di sinistra» (p. 112), e ancora:
«La partecipazione attiva alle battaglie richiedeva studio» (p. 118) e
poi «La questione sociale è la ragione per cui la sinistra esiste» (p. 121).
Ricostruire con metodo le storie di persone a cui sono profondamente
intrecciati avvenimenti decisivi per il nostro Paese costituisce uno dei fil
rouge dei libri di Concetto Vecchio, insieme a una riconoscibile empatia nella
descrizione, che qui raggiunge l’apice nel racconto del ritrovamento di
alcuni documenti dell’inchiesta per adulterio che nel ’44 coinvolse Macaluso e
Lina Di Maria, la madre dei suoi figli.
L’ultimo compagno offre al lettore un ritratto importante e una galleria di personalità indimenticabili della lotta al latifondo e alla mafia, di partigiani e di
grandi autori dal 1941 in poi, cui possiamo ispirarci per guardare al
futuro.
Lorena Bruno
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