di Peter Mohlin e Peter Nyström
HarperCollins, luglio 2021
traduzione di Chiara Ujka
pp. 512
€ 18,50 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)
Fino a qualche tempo fa, non avrei mai pensato che sarei potuta essere così propensa alla lettura di thriller macabri e particolarmente crudeli (mystery e suspense, i miei preferiti), anche se, nella piena scoperta adolescenziale, mi regalarono un misterioso e avventuroso L’apprendista di Paul Bajoria (Fabbri Editore, 2005), che mi tenne incollata un pomeriggio intero, dimenticando il mondo là fuori.
Forse, quel romanzo fu il principio inconscio della mia passione per il genere, forse è il motivo per cui ho scelto di curiosare tra le pagine di L’ultima vita. Un'indagine di John Adderley, romanzo d’esordio di Peter Mohlin e Peter Nyström.
Tuttavia, confesso che l’altra ragione che mi ha condotta alla lettura del libro è la provenienza degli autori, entrambi svedesi, poiché in tempi recenti ho avuto modo di apprezzare l’audacia e la freddezza che contraddistingue l’arte letteraria e cinematografica del Nord Europa. Per citarne alcuni: un horror diretto da Tomas Alfredson nel 2008, Lasciami entrare; Melancholia (2011) dell’immenso Lars von Trier; Katla (2021), serie tv Netflix, diretta da Baltasar Kormákur e Sigurjón Kjartansson; Fame di Knut Hamsun (Adelphi, 2002); L’altro nome. Settologia scritto da uno dei geni dell’Europa settentrionale, Jon Fosse (La Nave di Teseo, 2020); e un recente noir, Morte di una sirena (Neri Pozza, 2020) di Thomas Rydahl e A.J. Kazinski.
Con ciò, non voglio affermare che il Nord Europa è una garanzia, ma è certamente una camera con vista su un paesaggio tetro e insondabile, tratti imprescindibili delle fredde lande del Nord.
Ma oltre il paesaggio impervio, ciò che affascina il lettore è la condotta deviante dei personaggi, dalla psiche inafferrabile e spiazzante.
La trama di L’ultima vita non è particolarmente originale: il caso di scomparsa di una ragazza rimane irrisolto per dieci anni, diventando un cold case. John Adderley, infiltrato dell'Fbi sotto un'altra identità, riesce a ricostruire gli ultimi momenti della vita di Emilie, giovane e ricca ereditiera, convinto di aver trovato il colpevole.
Tuttavia, ciò che rende coinvolgente il romanzo di Peter Mohlin e Peter Nyström è lo spazio temporale che si alterna tra il 2009 e il 2019, permettendo al pubblico di entrare nelle vite intime dei protagonisti, e la forma labirintica dell’indagine, che intreccia e ingarbuglia l’organizzazione politica con il singolo individuo, lontane parentele e abbandoni familiari, l’identità svedese con quella americana, vite all’apparenza perfette ma prigioniere di una clinica prestigiosa, creando una sana suspense claustrofobica e agghiacciante.
I fatti si determinano in Karlstad, capoluogo svedese della contea di Värmland, una città abbastanza grande e famosa per rendere l’investigazione più trepidante e irrisolvibile, senonché John Adderley, esperto agente dell’Fbi, riesce con incredibile facilità a rimettere insieme i pezzi di un puzzle ormai in disuso da più di dieci anni, grazie all’elemento principe, un tatuaggio indecifrabile. Eppure, ed è qui che si fa strada la bravura investigativa del lettore, la città che si specchia sul delta del fiume Klarälven conserva altri misteri, impensabili, inaccettabili e devianti.
L’ultima vita è un esordio valido, seppur a tratti si perda in descrizioni irrilevanti, con una buona dose di suspense e dettagli meritevoli dell’interesse del pubblico, d’altronde è vincitore del Göteborh CrimeTime Debut of the Year, oltre ad aver venduto oltre 100.000 copie in Svezia.
Inoltre, HarperCollins ha intervistato i due autori, che diversamente dai loro inquietanti personaggi, sembrano essere due mattacchioni delle fredde lande del Nord Europa, rassicurandoci e non poco.
Olga Brandonisio
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