Sei tu il regista della tua vita? - "Rovine" di Mat Osman

Mat Osman rovine


Rovine
di Mat Osman
Blu Atlantide, luglio 2021

Traduzione di Mirko Zilahy

pp. 475
€ 18,50 (cartaceo)

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«Because we're young / Because we're gone / We'll take the tide's electric mind / Oh yeah / We're so young and so gone / Let's chase the dragon, oh...». Brett Anderson, in attillatissimi pantaloni neri, cantava e ammaliava con la sua natura da “nitrato animale” sul palco di Rock in Roma nel 2016. A ogni “because we're young”, tutti ci tenevamo stretti ai pionieri del Britpop androgino, che non erano più “So Young”, ma ancora sinuosi e piacevolmente sinistri: gli Suede.

Sullo sfondo, un Mat Osman ammodo, che godeva a ogni nota del suo basso, felice di essere lì con loro e con noi, proprio lui, che dopo lo scioglimento della band nel 2003 e dopo vent’anni di successi e riconoscimenti (Suede dal 1989 si sciolgono nel 2003, per riunirsi nel 2010), all’improvviso si ritrova a pensare: «Cosa cazzo faccio adesso? Nel giro di un mese, sono passato dall’essere una rock star a guidare un furgone e lavorare in un ufficio. È un’esperienza abbastanza interessante e una delle cose che volevo considerare era se puoi essere una persona completamente diversa. È davvero possibile?», si chiede sulle pagine di Huckmag.

È esattamente da questa domanda che bisogna partire per penetrare Rovine (The Ruins), romanzo d’esordio del bassista degli Suede: si può essere una persona diversa?

La risposta Mat Osman la trova attraverso due fratelli gemelli e identici, Adam e Brandon, che da più di dieci anni non hanno più contatti perché troppo diversi, quasi l’uno l’antitesi dell’altro. Adam è un comunissimo sfigato, solitario e scorbutico, che preferisce percorrere con le dita le strade di Umbrage, un plastico che come un’edera ha invaso tutte le stanze della sua casa. Adam inventa e dà vita a eventi politici e naturali, distruggendo e ricostruendo questo suo piccolo mondo. Brandon è una rock star fallita, di cui nessuno ha quasi più ricordo, che cerca in tutti i modi di governare la sua vita, quella dove tutto è imprevedibile e improvviso, dove ti ritrovi a dover amare ancora una donna che in fin dei conti è la madre di tuo figlio, che nessuno aveva messo in conto.

Ecco che arriva la telefonata del “plot twist”: «Tuo fratello è morto più o meno una settimana fa. Ho provato a contattare chiunque potesse identificare il corpo» (pp. 13 – 14).

È proprio in quel preciso istante che la domanda esistenziale di Osman diventa affanno e timore, e che a sua volta fa collezione di altri interrogativi, più inquietanti e preoccupanti. Ora è il tempo dell’«emivita. Il tempo di dimezzamento» (p. 40).

«Quando sono a Umbrage mi trasformo completamente. È come se le mie mani si muovessero da sole. Sorgono problemi che risolvo all’istante e fuori il mondo scolora nell’ombra» (p. 48). Ma il mondo della star cadente è un mondo che si colora di tinte sconosciute là fuori, e Adam è sotto il controllo della vita lasciata a metà dal defunto fratello: la bella Rae, il piccolo Robin e le rovine di una band, i Remote/Control, avvolgono il gemello “buono” nel cellophane dell’imitazione musicale e del doppio, in cui «sei tu, ma non sei tu» (p. 50).

Rovine di Mat Osman è un noir ammaliante e nostalgico, accompagnato da una colonna sonora straordinaria (in fondo alla pagina trovate una playlist d’assaggio), che scopre il vaso di Pandora della musica di imitazione e di contraffazione, e di un disco entrato nella storia della leggenda nera della scena musicale, Smile, dei Beach Boys, registrato tra il 1966 e il 1967 ma mai portato a termina dal suo ideatore, quel genio di Brian Wilson, rimasto poi inedito fino al novembre 2011.

Il bassista degli Suede scinde il suo gemello rimasto in vita, conducendolo ai margini dell’impensabile, dove da Adam fluisce in Brandon in movimenti sincroni e naturali, imitandolo e diventando la rock star dei riff dolenti «su cui edificare la sua resurrezione» (p. 101): «Estasi contro agonia […] con i sensi portati all’estremo» (p. 322).
«Ero io ma non ero io. Il crampo allo stomaco che mi attanagliava da quando mi ero svegliato si attenuò. Devo mettere in discussione alcuni miei atteggiamenti quando sono in compagnia di altri, ponderare le mie risposte affinché sembrino affermazioni di una persona normale. Una sostituzione di persona, insomma [...]» (p. 107).
Adam è Brandon, finalmente una persona normale, dunque un altro, lontano dal plastico infallibile di Umbrage, ed è proprio lui a raccontarlo al lettore in prima persona, è lui a ricostruire pezzo per pezzo il modellino della vita di Brandon, il gemello rincontrato dopo anni in quell’obitorio della polizia, quel fratello “cattivo” che, prima di essere freddato, lascia indizi come una complessa caccia al tesoro per lasciare che Adam ricostruisca la sua storia, fino a farla sua, fino a diventare qualcun altro, migliore addirittura dei due gemelli identici.

Mat Osman scrive uno straordinario romanzo di “sabbie mobili dal fondo duro”, che si apprezza per la sua scrittura fine e sconsiderata quanto basta. Un libro che si gode per l’assenza di ciò che è stato, una sorta di fantasma che imperversa nelle atmosfere della rinascita involontaria in qualcos'altro, in qualcun altro.

Rovine è un’aria di possibilità, dove «si mette nelle canzoni quello che non si riesce a ottenere nella vita reale» (p. 214). È «una vita di piccole e costanti sconfitte, di rari trionfi» (p. 276). È «un disco bianco tra gli abeti, scolpito dalle tracce del passaggio degli uccelli che termina al risveglio delle persone del posto» (p. 321).

La risposta è sì, si può essere qualcun altro, persino qualcuno di migliore o peggiore rispetto a ciò che si è sempre creduto di essere. L’importante è essere dei geni, non dei virtuosi.

Olga Brandonisio 


Ecco la playlist che vi accompagnerà nel leggendario mondo musicale di Mat Osman: