Per dire sole dico oggipolenta
di Tito Pioli
Del Vecchio Editore, maggio 2021
pp. 186
€ 18,00 (cartaceo)
Berto il Parolaio non è un farlingotto né un linguaiolo e nemmeno una persona garosa. È nipote di un guazzallétto anche se tutti pensano il contrario e gli dedicano articoli e riconoscimenti. È un uomo gorghiprofondo, con una fidanzata rapevole e sgrarzigliona e una buscalfana per sorella.
Se voleste sostenere una conversazione con uno dei protagonisti di Per dire sole dico oggipolenta di Tito Pioli, dovreste parlargli così. Filierto detto Fili o Berto è un amante dell'italiano antico e di quelle parole che oggi suonano quasi inventate in un'epoca di emoji e cuori colorati. Ha una fidanzata, Nicla, prosperosa e battagliera, che crede che la rivoluzione dei costumi passi attraverso atti concreti e violenti. Berto è nipote di un medico molto famoso, un pioniere nella medicina pediatrica e che ha un'azienda di insaccati gestita dalla sorella gemella del Parolaio, Sara, che di femminile e attrattivo ha ben poco, ma che vuole bene al fratello che dal nonno è disprezzato per il suo parlare strano e la sua abitudine a girare a cavallo e restaurare vecchi libri.
Può sembrare una favola molto surreale, di quelle che si raccontano nei testi delle canzoni folk italiane dove non sempre si capisce l'esatta successione degli eventi ma dove resta un piacevole senso di euforia. Ma se dicessimo che il nonno di Filiberto uccide più bambini di quanti non ne salvi e che usa il nipote per fargli suonare degli strumenti che coprano le urla di dolore dei suoi pazienti oppure che Filiberto viene aggredito e torturato per il suo modo di parlare, ne trarremmo un senso, sì, sempre surreale, ma di quel surreale che non ci permette di comprendere come le brutture della nostra società siano arrivate al punto di desensibilizzarci.
Giorgio senza l'Orbe aveva inventato un corso universitario a Milano dove si insegnavano le parole che dovevi dire durante la presentazione di un libro in Italia, accorrevano critici letterari professori saltimbanchi editori che facevano finta di vendere scrittori che facevano finta di fare gli scrittori [...] lo devi dire cinquanta volte durante la presentazione, uno scrittore surreale, uno stile unico, uno stile asciutto, un nuovo Zavattin, un nuovo Cèline, un nuovo Calvino, un nuovo Carver (p. 165)
Siamo già caduti nell'uso della parola "surreale", forse avremmo potuto dire "gorghiprofondo", ma il romanzo di Tito Pioli ha una struttura poco lineare, molti riferimenti al mondo dell'arte, un certo umorismo e, nonostante si vorrebbe credere e provare il contrario, la profonda convinzione che le belle parole e l'arte non ci salveranno.
Fosse un testo più lineare potremmo analizzare gli scopi che muovono i personaggi e il loro viaggio: Filiberto che vuole una rivoluzione culturale, diventare professore e riportare l'italiano agli antichi fasti. In qualche modo lo possiamo vedere. Viene rifiutato a tutti i concorsi per via del suo aspetto spaventoso visto che ha il volto deturpato dal lupus. Si accorda con un imprenditore cinese per insegnare l'italiano durante le partite di calcio.
Ha urlato alla folla cari tifosi italiani, oggi prima lezione di italiano, saranno dieci lezioni in tutti gli stadi italiani e voi dovete rispondere urlando, se imparate, ancora calcio, se non imparate, calcio nel culo e tutta San Siro rideva, la metà erano cinesi con le sciarpe del Milan e dell'Inter. (p. 152)
Ha una sincera fiducia nel potere dell'arte e delle parole visto che a ogni uso di una parola di italiano antico la sua deturpazione del viso si accorcia di un centimetro.
Nicla "la boccolona nera felliniana" sarebbe la rivoluzionaria d'assalto, la pasionaria del movimento. Borseggiatrice e scaricatrice di frutta e verdura al mercato di Bologna, crede che la via sia la violenza nuda e cruda. Quindi immette su internet video di violenze che fanno milioni di visualizzazioni, professa uno stile di vita da suicidio che riscuote grandissimo successo.
Mangiare carne rossa, non fare mai nessun tipo di sport, bere tre bottiglie di vino al giorno, andare in macchina tutto il giorno mai a piedi o in bicicletta, questo dovevano fare i miei pazienti ed ero andata anche in televisione a fare una trasmissione in cui dicevo tutte queste cose.Crepiamo il prima possibile si chiamava la trasmissione. Aveva un notevole successo di pubblico. (p. 99)
Sara all'inizio non ha nessun rispetto per il fratello che le lascia sulle spalle la gestione del mattatoio di famiglia, ma lei e Berto sono gemelli e anche lei allora si prodiga per suonare in modo da coprire le grida strazianti dei maiali e dei bambini in cura dal nonno, la differenza non è poi molta. Si ingegna, a suon di musica, per il recupero dei peggiori elementi della società – reale e fantastica – rendendo anche il malvagio Frollo del Gobbo di Notre Dame un arzillo volontario che aiuta i vecchi ad attraversare la strada. Sara che poi si unirà a uno dei triumviri dello Stato per il Risorgimento della Lingua italiana che attaccherà il parlamento e instaurerà una dittatura con pene severissime per chi dice "top" e fa il gesto delle virgolette in aria e sommarie fucilazioni di emoji e cuori colorati in piazza.
Per dire sole dico oggipolenta mira alla disanima di ciò che non va nella nostra società: l'uso approssimativo e sciatto della nostra lingua tanto da rendere il Congiuntivo un barbone puzzolente che vive alla stazione di Bologna – e quale altra città avrebbe potuto essere più adeguata di Bologna come ambientazione di questa storia. La riduzione della comunicazione affidata solo a simboli tanto da renderci così buffi da essere rinchiusi in uno zoo per farci ammirare dai giapponesi che ridono nel vederci fare il gesto dell'ok. La normalizzazione della violenza che i video e i programmi di Nicla rendono così bene.
Sarebbe davvero meglio se si rovesciasse la situazione e si frustasse chi dice "strabello"? Probabilmente no, perché anche l'arte ha i suoi limiti. Può curare lo sfogo di lupus sul volto di Berto, può dare un'aura caravaggesca alla violenza e una masacciana alla paura, ma come in tutte le utopie finirà per ricadere nell'estremismo e generare, a un nuovo giro di giostra, un movimento per salvare le emoji e la comunicazione più terra terra.
O forse Per dire sole dico oggipolenta è un allegro pastiche – si può dire senza ricadere nelle frasi abusate per le presentazioni di libri? – che riporta in auge alcune delle parole smarrite del nostro vocabolario e che crea un linguaggio interessante che va assunto con dosi misurate, senza farsi prendere dalla fretta. Per qualunque dubbio sulle parole utilizzate è bene avere alla mano Il libro delle parole altrimenti smarrite di Sabrina D'Alessandro.
Non diremo quindi che questo è un libro necessario e nemmeno che si tratta di un romanzo corale – anche se lo è –, come le frasi che si usano nel corso di Giorgio senza l'Orbe. Speriamo quindi che questa recensione non sia considerata solo una piacentina poco argomentata.
Giulia Pretta