Su un letto di fiori
di Banana Yoshimoto
Feltrinelli, 2021
Traduzione di Gala Maria Follaco
pp. 128
€ 14 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
In un certo senso Su un letto di fiori, l’ultimo romanzo di Banana Yoshimoto appena pubblicato in Italia è un libro sovversivo. Uscito per la prima volta in Giappone nel 2013 è un condensato della poetica di Yoshimoto in cui ritroviamo infatti molti dei temi e delle suggestioni care alla popolare autrice e che concentra tutta l’attenzione sul mondo intimo della protagonista, sulla vita «semplice e infinita» che sceglie per sé stessa. È in un piccolo villaggio vicino al mare che Miki trascorre la propria esistenza fin da quando, neonata avvolta in foglie d’alga, era stata trovata sulle rive del mare e accolta dalla famiglia Ōhira; ed è qui, appunto, che Miki ha trovato la propria dimensione, una felicità semplice ma non per questo meno piena. Lontana dalla frenesia del mondo e dalle ambizioni, la vita di Miki rappresenta il contatto con una dimensione più umana, incentrata sugli affetti, la cura di sé stessi e degli altri, la gioia data dalla semplicità di un quotidiano in cui riconoscere la bellezza. È questa l’essenza sovversiva di tale romanzo-novella, che arriva a noi in un momento storico in cui forse siamo ancora più pronti ad accoglierlo e comprenderlo.
Un libro nel quale, come si diceva, ritrovare ben riconoscibile la voce e la sensibilità letteraria di Banana Yoshimoto: la trama semplice retta da uno stile piano – abilmente reso da Gala Maria Follaco, che lascia qui e là alcuni termini in lingua originale esplicati nel glossario finale – , la brevità, la simbolica ricorrenza del cibo, gli accenni di mistero e sovrannaturale, il sogno, la riflessione sulla morte. Una storia fatta di luce ed ombra, disseminata di misteri e su cui aleggia a tratti un senso di minaccia, ma allo stesso tempo illuminata da piccoli momenti di pura gioia. Di speranza, insomma. C’entra poco o nulla, mi rendo conto, ma la semplicità della vita di Miki e le sue scelte così in contro tendenza rispetto quanto siamo abituati a vedere intorno a noi oggi, mi hanno richiamato alla mente la protagonista de La ragazza del convenience store, che all’affermazione professionale sceglie consapevolmente una dimensione più umana, semplice, attirando il giudizio e le critiche del mondo: come lei, anche Miki è giudicata per la propria “diversità”, il pettegolezzo si fa strada in quella piccola comunità ai confini del mondo. Un’orfana, accolta da una famiglia già di per sé originale – il nonno un personaggio decisamente speciale – che è oggi una trentenne quasi mai uscita dai confini del villaggio, ha avuto qualche fugace storia d’amore ma non ne sembra particolarmente attratta e che, soprattutto, ha trovato la propria idea di felicità:
«La vita dovrebbe somigliare a un sonnellino su un letto di fiori. Il tuo pregio maggiore, Miki, è che conosci il valore della felicità. Va bene così come sei. Vivi come in estasi, distesa su un letto di fiori». (p. 25)
Contro la frenesia e un certo orrore del mondo, Miki sceglie di vivere come «distesa su un letto di fiori», cuore e immagine che da il titolo al libro, profondamente grata a chi l’ha accolta e amata pienamente ed è diventata famiglia, in ascolto di sé stessa e del mondo che la circonda, specie se sovrannaturale.
Ecco, ancora una volta Yohimoto chiede ai suoi lettori di accogliere le possibilità oltre il reale, alzando il velo tra il mondo dei vivi e quello dei morti e facendo del sogno un canale di comunicazione privilegiato, tanto con chi abbiamo perduto che con la nostra parte più intima. La magia pervade tutta la storia e si intreccia al quotidiano: l’amato nonno di Miki che vedeva realizzarsi – talvolta in modo bizzarro – i propri desideri, le apparizioni in sogno di coloro che non ci sono più, i segni e il senso di minaccia incombente che a un certo punto pare prendere il sopravvento fino a svelare nel finale il carico di segreti a lungo celati.
Conducevamo una vita apparentemente banale, eppure non credo di aver mai conosciuto persone più magiche di loro. (p. 46)
Nella sua brevità Su un letto di fiori apre a molteplici spunti e considerazioni quindi e pur non privo di difetti risponde al gusto dei lettori di Yoshimoto, accarezzati dalle sue storie intimiste, delicate, confortevoli in un certo senso. Sta a noi scegliere da dove osservare questa storia, quale senso darle in un più ampio discorso letterario. Personalmente, come si intuisce, concentro lo sguardo sul richiamo alla felicità, sul valore straordinario che assume la vita più ordinaria se solo siamo capaci di accorgerci della bellezza che ci circonda, della rete di affetti che ci costruiamo. E, ancora, pagina dopo pagina mi trovo a interrogarmi sul senso della perdita, su quello che resta delle persone che abbiamo amato e perduto. C’è, a questo proposito, un passaggio molto intenso:
Ciascuno di noi è solo con se stesso. Quando moriremo, il nostro mondo finirà con noi. Ma saremo sempre presenti in mezzo a quelli che ci hanno conosciuti. Saremo parte di loro, frammenti che ci somigliano. (p. 70)
Quando scrive questa storia Banana Yoshimoto ha appena perso l’amato padre. Ecco, credo Su un letto di fiori sia un canto d’amore per lui, pieno di luce e speranza. E che possa accarezzare molti lettori.