"Cos'era a fare una madre? Qual era la cosa che a me mancava?": arriva in Italia "Biglietto blu", l'atteso romanzo distopico di Sophie Mackintosh

 

Biglietto blu di Sophie Mackintosh

Biglietto blu
di Sophie Mackintosh
Einaudi, settembre 2021

Traduzione di Norman Gobetti

pp. 304
€ 19,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Mi chiamo Calla, e avrò un bambino. Presto. Mi chiamo Calla e questo bambino è mio. (p. 174)
Rivendicazione. Desiderio di esplorare i cambiamenti che il proprio corpo può mettere in atto con una gravidanza. Volontà di mettere al mondo un figlio, quando tutto è contro di te. C'è molto di nascosto in Calla, la protagonista di Biglietto blu, quando decide di andare contro le regole stabilite dalla società in cui vive e di restare incinta, nonostante le sia proibito dal biglietto blu. E dire che conosce la norma da quando era piccola: ogni ragazza, al primo ciclo mestruale, va a pescare un biglietto alla lotteria; sarà l'estrazione a decidere se diventerà una biglietto bianco, e dunque dovrà procreare, o una biglietto blu, destinata a non diventare madre. Il destino di una donna non è libero, ci suggerisce Sophie Mackintosh, ma è sottoposto al volere di un fato imperscrutabile e, soprattutto, dannatamente casuale. Ribellarsi non è consentito, un po' come in tutte le società distopiche, e anzi c'è un controllo ferreo, con visite mediche periodiche che si svolgono in un'atmosfera inquietante. Il dottor A., che esamina non solo il corpo, ma anche lo stato mentale di Calla, è al tempo stesso una sorta di spia del governo sia un uomo su cui contare, o almeno la protagonista lo vede così. Molto è, d'altro canto, lasciato senza reali spiegazioni e noi lettori non sappiamo che cosa accade a chi contravviene agli ordini, così come non lo sa esattamente Calla. È in queste intercapedini lasciate al dubbio (e segnalate dai tanti spazi bianchi presenti nel testo, che separano battute di dialogo tanto quanto brevissimi paragrafi) che si insinua uno stato di tensione e che si desidera scoprire che cosa accadrà a una biglietto blu che decide di avere un figlio. Calla non sa a cosa andrà incontro; nell'immediato deve affrontare l'esilio, certo, ma forse qualcosa di peggio, perché nessuna è tornata indietro per raccontare. Di sicuro l'obbligo dell'esilio muove alcune paure ataviche nelle donne di questa società (e probabilmente in ogni essere umano): 
La paura di essere esiliati è innata, disse lui. Ci conferma nell'idea di essere qualcosa d'altro, qualcosa di irredimibile, un sospetto che abbiamo sempre riguardo a noi stessi. Essere esiliati significa veder riconosciuta l'abiezione latente in noi. (p. 65)
Calla ne è consapevole, eppure, a un certo punto della sua vita, vuole a tutti i costi sperimentare la gravidanza, anche se deve ingannare R, l'uomo di cui è convinta di essere innamorata. Le sue serate sono state a lungo dominate da alcol, fumo e sesso, senza un reale soddisfacimento dei suoi bisogni; semmai ha solo placato temporaneamente una fame carnale, quasi animale, che la lascia svuotata. R le ha dato l'impressione di poter mirare ad altro, eppure, davanti alla notizia della sua gravidanza, l'uomo reagisce con grande durezza, rivolgendo a Calla parole quasi insopportabili. Riecheggia questa domanda, a cui la protagonista si risponde così:
Perché non puoi vivere nel presente? Ma anche il presente sembrava troppo infido per farci affidamento. A un tratto non riuscivo più a sopportare il cambiamento dentro di me. (pp. 49-50)

Portare avanti la gravidanza non è un capriccio, ma è una scelta individuale: c'è molta solitudine in questa società, e Calla stessa si sente sola col suo embrione, ad affrontare le avversità. Inizia così una grande avventura, estremamente rischiosa, che Calla intraprende in un mondo a lei sconosciuto, con la speranza di poter raggiungere il confine e uscire dall'unica realtà che conosce. In palio c'è, forse, la salvezza per sé e per il bambino: Calla non lo sa, ma non ha alternative, se non affidarsi a una piccola speranza. È forse possibile stringere una sorellanza con le altre biglietto blu che hanno deciso di trasgredire? Lungo il suo percorso, pieno di elementi simbolici in un mondo rarefatto, Calla incontra altre donne a cui decide di unirsi: sperimenterà amore, diffidenza, rabbia, paura, odio,... Tutte queste donne sono rallentate nel corpo, ma avvertire il bambino che scalcia e che ricorda loro la missione sono due incentivi a proseguire il viaggio attraverso boschi, spiagge, centri abitati, venendo a patti anche con la propria etica. L'imperativo categorico è salvare il bambino, a qualsiasi costo. Mors tua, vita mea e soprattutto filii mei, parrebbe suggerire ognuna delle donne qui presentate. 

A tratti disperato, sognante nei rari momenti in cui Calla si immagina come madre, Biglietto blu mescola importanti tematiche, a partire dalla legittimità della maternità e dal diritto di gestire il proprio corpo come si vuole. Se è inevitabile non pensare al celeberrimo Racconto dell'ancella e a I testamenti di Margaret Atwood, le differenze stilistiche - in particolare l'estrema asciuttezza di Mackintosh, al limite del minimalismo - e altre tematiche (come quelle queer) distinguono l'opera della giovane autrice gallese da quelle della famosissima scrittrice canadese. Eppure qualche punto di tangenza c'è, forse testimonianza di interrogativi che da oltre trent'anni a questa parte chiedono spazio in letteratura. Quelli che nella nostra società sono condizionamenti, nel mondo distopico di Mackintosh diventano pressioni insopportabili e pesanti divieti. Non è la vita a essere in discussione, ma qualcosa di peggio: l'arbitrio, l'identità, la libertà di decidere se essere madre e cosa fare del proprio corpo. 

GMGhioni