Promesse non mantenute: l'amore egoista, mutevole e capriccioso nel romanzo di Amanda Sthers



Promesse
di Amanda Sthers
Rizzoli, 21 settembre 2021

Traduzione di Luigi Maria Sponzilli

pp. 208
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Mi restano tutti questi frammenti d'infanzia che mi assalgono, che pensavo sepolti e che invece vengono a proteggermi come bende attorno a una mummia. A paralizzarmi, anche. (p. 32)
Alexandre o Sandro? La Francia o l'Italia? Il protagonista di Promesse, il bestseller di Amanda Sthers, è un uomo doppio, per non dire triplo o quadruplo, tenuto insieme da un immancabile narcisismo e da una nostalgia del passato al limite del patologico. Quando apriamo il romanzo, Alexandre scopre per caso che è appena morta Laure, l'amore della sua vita, e decide di partecipare alle esequie. Finisce così, dunque, la loro storia. Perché Alexandre ignorava della sua malattia? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo però attendere, perché Alexandre è un narratore capriccioso, che affonda molte volte nel passato, torna alla sua infanzia con episodi che ci fanno capire molto del suo egoismo e del suo sentirsi perennemente inadeguato, con quel nonno «vecchio civettuolo ed egoista» (p. 167), ricchissimo e sempre convinto di sapere cosa fosse meglio per il nipote. Il trauma della morte del padre, poi, lascia un vuoto che Alexandre non riuscirà a colmare, anche perché la madre è una figura effettivamente poco presente e intenta a rifarsi una vita piuttosto presto. Il giovane Alexandre la scoprirà, anzi, proprio in un atto sessuale con un amante, scena che gli resterà impressa. 

Le donne, per Alexandre, sono qualcosa di cui fruire, qualcosa in cui affondare per annullare almeno parzialmente se stesso: «L'amore è un istante che cerchiamo di prolungare» (p. 139), ed ecco dunque che nei tanti flashback del libro contiamo numerosi incontri sessuali, non di rado violenti, in cui il protagonista desidera ribadire la propria virile superiorità fisica. Scopriamo che Alexandre è sposato e con Bianca ha avuto due figli, verso cui non sente però il normale amore paterno: spesso lo deludono e il protagonista giudica i loro caratteri, i gesti e le parole con una certa impietosità. D'altra parte, così era stato fatto con lui, sembra suggerirci Amanda Sthers, strizzando l'occhio a una psicologia un po' spicciola. E quando avrà superato una certa età, proverà a fermare il correre del tempo con un amore nettamente più giovane. 

In questa dimensione di andirivieni di seduzioni e addii, Alexandre incontra Laure, una donna che penetra nella sua vita suo malgrado e che ha in sé qualcosa di cinematografico: «Laure fa solo gesti da eroina del cinema. Sento la sua voglia di marchiarmi, di far parte della mia vita» (p. 170). È veramente così? Non lo sappiamo, né lo scopriremo mai, perché questo narratore omodiegetico è più concentrato ad analizzare tutto ciò che vive e a spiegarci (qualche volta in modo davvero fastidioso) come dobbiamo interpretare un evento. Prova a controllare le nostre interpretazioni, a imbrigliarle, prevenendoci con una sua auto-analisi. Viceversa, la dimensione immaginativa, il sogno di ciò che sarebbe potuto accadere e non è accaduto, è una trappola mortale: 
«Sono un uomo che rimpiange. E a cui piace ciò che avrebbe potuto essere la sua vita. In questo mondo di fatale ironia. Un po' di humour. Una battuta di spirito come uno sbrego sul volto delle persone fino a farne uno scarabocchio. Ho l'impressione di non essere al mio posto» (p. 155)

Ed è proprio questa autoconsapevolezza, accompagnata all'abbandono compiaciuto nella dimensione del sogno e della conquista a rendere il protagonista un narratore inaffidabile e tendenzioso, spesso auto-apologetico, pieno di doppifondi che decide di condividere come se fossero del tutto naturali le sue osservazioni. Tutto preso a pencolare tra un matrimonio che non lo soddisfa e un amore solo in parte ricambiato («Allora deciditi, Alexandre. Preferisci fare del bene alla tua coppia o alla tua vita?», gli chiederà uno dei suoi migliori amici a p. 73), Alexandre ci conduce tra le pieghe del suo passato e quando ci illude di lasciarci intravvedere la sua anima, non fidiamoci: ci sono sempre un filtro, una giustificazione, un tentativo di mettere le mani avanti, proponendoci una verità già rimasticata e interpretata da lui. Figuriamoci che proprio i suoi migliori amici - forse l'unico punto fermo della sua vita - non si erano accorti di Laure («Quando penso che ti sei innamorato sotto i nostri occhi e che noi non abbiamo visto niente...», sempre a p. 73)! 

Che cosa possiamo fare, dunque, noi lettori? Accettare di vedere Alexandre attraverso il riflesso distorto dei suoi ricordi e delle sue promesse infrante. D'altra parte, commenterà da adulto che «diventare un uomo è rivedere il proprio piano di volo» (p. 176). Teniamo bene a mente che questo protagonista così inafferrabile e inautentico, per molti versi refrattario alle responsabilità e concentrato su se stesso, è odioso al punto da risultare curioso. Ecco perché guarderò con molto interesse Promesse, il film diretto dalla stessa Amanda Sthers, già sceneggiatrice e regista, con Pierfrancesco Favino, Kelly Reilly, Jean Reno. Dubito che il personaggio di Alexandre possa riscattarsi e figurare come un romantico, o sarebbe in netto contrasto con ciò che emerge dal romanzo; eppure è proprio questa repulsione che provo per lui a farmi chiedere come sarà reso nel film, atteso per il 18 novembre nelle sale cinematografiche.  

Gloria M. Ghioni