Cos’è la natura? Chiedetelo ai poeti
di Davide Rondoni
Fazi Editore, settembre
pp. 200
€ 15 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)
Due innamorati, un bar, nuvole gigantesche sopra una tenda parasole. L’abbandono. Una frase secca, perentoria, pronunciata da lei prima di andare via: «non poteva che finire così […] è naturale» (p. 15). Tutto potrebbe concludersi qui: molto banalmente, la fine di un amore tra due persone comuni senza nessuna conseguenza eclatante. Ma non di certo se una delle due persone è un poeta. E, soprattutto, se il poeta è Davide Rondoni.
«Mi resta in mente quella espressione che ha appena detto: “È naturale”. […] Cosa vuol dire? Naturale lasciarmi, naturale amarci, naturale sbranarci? Naturale cosa?» (p.15). Cos’è la natura? chiedetelo ai poeti (Fazi Editore) è un libro di filosofia storica sulla poesia analizzata e valutata intorno al mistero della natura, inserito nell’intento conoscitivo dell’autore di quel piccolo, scomodo, ambiguo termine che lo ha tanto scosso: “naturale”. «Ma tu sei solo la storia che hai? O quella che ti governa? E allora i poeti cosa indagano?» (p. 163), si chiede l’autore. La tessitura dell’abbandono amoroso vissuta da Rondoni si riversa nell’indagare come possa essere “naturale” la frattura dell’amore. «È naturale che finisca così» è la frase che accompagna, a ogni capitolo, Rondoni nella sua ricerca di verità nella poesia e nelle sua disamina storica tra i poeti di varie epoche e tendenze per rinvenire il segreto di come l’amore possa essere parte integrante della natura, e viceversa. L’investigazione di cosa sia la natura e cosa il “naturale” diventa un alibi per la ricerca di un quid che sani una pazzia d’amore che qui diventa filologica. Un poeta che non impazzisce d’amore irrazionale, frenico, come farebbe un Orlando furioso, ma che ragiona sul perché la natura dovrebbe essere naturale in relazione ai patimenti dell’animo umano.
La natura è poesia. Ergo la poesia, in ogni più diversa angolazione, stile ed epoca storica, parla della natura. La metodologia utilizzata da Rondoni nella dimostrazione della sua tesi è intrigante: utilizza esempi poetici e pensieri di autori che reputa significativi in questa scoperta, sottendendo al fatto che la sua idea di natura deriva dall’insieme di tante “visioni”. Quello di Rondoni è un viaggio nella natura e nei suoi interrogativi, intrapreso con una storia d’amore alle spalle e con le voci dei grandi poeti in testa. A sua volta il lettore si affida al poeta, facendosi accompagnare per mano in questa cattedrale universale che è la natura. Il mosaico che ne scaturisce diventa un infinito. Lo stesso infinito che non può non essere che quello di Leopardi e del concetto che questo ha di natura: cieli stellati, lune solitarie, ginestre, pastori erranti come correlativo oggettivo dell’essenza dell’essere umano.
I poeti che stanno nella natura di Rondoni sono tanti, appartengono a tutte le epoche e disvelano un lato intimo di una natura sempre molteplice, infinita, irriducibile. Eraclito osserva che «la natura ama nascondersi» (p. 24), Baudelaire invece la interpreta come «un tempio dove pilastri viventi / lasciano uscire a volte parole sciamanti, / foreste di simboli» (p. 37), passando per le laudi della natura del Cantico dei cantici di San Francesco, citando il De Rerum Natura di Lucrezio e la battaglia tra Marte (natura) e Venere (amore), con D’Annunzio poi che identifica le colline della Pescara con le labbra di una donna, o Pascoli che incastona il senso della vita nella poesia “Il libro” e Szymborska che nel suo “Vista con granello di sabbia” disvela il mondo semplicemente attraverso la sua interpretazione, fino ad arrivare alla semplicità sconvolgente di Emily Dickinson per la quale «Natura è ciò che noi vediamo […] è ciò che noi sentiamo [… ] è ciò che noi conosciamo» (p.85).
Quello di Davide Rondoni è un libro di poesia sulla poesia, un volume propedeutico alla conoscenza di se stessi, alla ricerca di quei sentimenti atavici che formano l’animo umano, alla verità multiforme di una natura che ci possiede e che ci forgia. Un percorso che si conclude con un lieto fine, che insegna al lettore che anche negli addii più tristi c’è poesia, cioè natura.
Nicola Biasio
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