Il mio personale tour al Salone del libro quest’anno si è svolto in due giorni (sabato e domenica) e tanti incontri. Non subito però, il primo giro è stato orientativo, in spazi così grandi e con tanti chilometri di cultura da coprire, non è stato immediato cogliere l’anima e lo spirito del “mio” Salone.
Alla fine ho optato per molti incontri al femminile e ho constatato, ahimè, che tanti di quelli che mi interessavano erano quasi contemporanei, quindi ho dovuto fare una scelta. Il mio racconto è quindi liberamente tratto da quello che ho voluto/potuto vedere e anche da quello che mi ha incuriosito.
#IncontriAlFemminile
Ammetto che una porzione interessante degli incontri era rappresentata da molte scrittrici, di cui avevo letto i libri o che mi incuriosivano per il loro modo di raccontare. Tra queste di sicuro Antonella Lattanzi, autrice di “Questo giorno che incombe” (qui trovate la recensione e qui la video-intervista) che ha raccontato, portando il lettore nell’officina del suo romanzo, quanto poco bisogna lasciare all’immaginazione in un romanzo come il suo, dove ogni dose di pathos e suspence deve essere ben calibrata, e questo lascia molto da scoprire a chi leggerà il libro e al contrario poco da immaginare man mano a chi lo scrive, in pratica non si può non avere già tutto in testa per creare un impianto così psicologico, nulla va lasciato al caso.
Lilli Gruber, di sicuro uno degli incontri più attesi e più affollati il suo, è entrata davvero come una star, ha chiesto anche che i tanti rimasti in piedi fuori venissero invitati a sedersi nei posti vuoti (pochissimi) che notava dal palco; ha insomma condotto lei, come fa dallo studio del suo programma un incontro in realtà moderato da Massimo Giannini, che si è dimostrato una buona spalla. Salutando e ringraziando i tanti che hanno fatto una scelta di libertà perché tutto ritorni alla normalità, vaccinandosi, hanno lanciato anche un chiaro messaggio durante il loro incontro, tenutosi in una gremita Sala Oro, Domenica mattina, e durante il quale si presentava l’ultimo libro della giornalista, edito da Rizzoli, “La guerra dentro. Martha Gellhorn e il dovere della verità”. Si tratta della storia di un’inviata di guerra che ha coperto molti fronti caldi, dal Vietnam allo sbarco in Normandia, Martha Gellhorn appunto, che fu anche la terza moglie di Hemingway. Interessante ascoltare anche il punto di vista di una giornalista come la Gruber, che ha coperto anche questo ruolo e che sposata con un giornalista francese, inviato di guerra per oltre Trent’anni, e a cui dedica anche un capitolo del libro. Insomma storia e vicenda personale che si intrecciano in un libro che secondo Giannini è il migliore scritto dalla Gruber.
In Sala Internazionale sono poi andata a sentire Jana Reverdin, che ha dialogato con il giornalista Enrico Arosio del suo “La signora Bauhaus” (Neri Pozza), che si è rivelato uno dei libri più letti sul tema, nonostante non fosse un saggio ma un romanzo e nonostante l’autrice sia una architetta e una scrittrice “di tre anni”, come ha precisato simpaticamente, alludendo al fatto che ha incontrato la scrittura non saggistica solo in questo ultimo periodo. Affascinante apprendere di Ise Frank, moglie del fondatore del Bauhaus, Gropius, e di come di lei non sia rimasta traccia perché considerata una non addetta ai lavori ma solo una teorica (per leggere di più su questo libro vi invito a curiosare nella mia recensione La signora Bauhaus).
#StoriavsStories
L’altro grande filone che mi ha appassionata è stato, come sempre, quello della Storia, quindi sono riuscita in extremis a cogliere le ultime battute dell’incontro di Carlo Ginzburg, di cui l’ultimo arrivato in casa Adelphi, “La lettera uccide” si preannuncia già come un lavoro imperdibile, per le implicazioni non solo storiche ma anche filologiche e antropologiche che vi trovano spazio. Dall’analisi ravvicinata di casi specifici emerge una versione della microstoria, qui presentata in una prospettiva inedita. Al centro di questi casi ci sono personaggi famosi come Machiavelli, Michelangelo, Montaigne o semi-sconosciuti come Jean-Pierre Purry, o ancora un testo o un’immagine, un tema o una lettera dell’alfabeto.
Poi l’altro grande catalizzatore per quanto riguarda la Storia, dentro il Salone, è stato Alessandro Barbero, che ha comparato la cultura italiana a quella francese, in tema di festival e incontri con l’autore, dicendo che in Francia è diffusa l’abitudine di stare tutto il giorno dietro un banchetto per parlare con il loro autore e non ci si limita al firmacopie per poi entrare nello specifico del suo ormai ben noto libro su Dante (Laterza), in cui lo scrittore ci restituisce un Dante umanizzato, uomo del suo tempo, di cui condivide valori e mentalità.
Infine ho fatto un tuffo dentro le nuove frontiere della comunicazione, seguendo l’incontro Influencer, pr, comunicazione in collaborazione con Poi Edizioni, con Massimo Bonelli, Rudy Bandiera, Francesca Con e Giampaolo Colletti da cui sono emersi importanti spunti per il lavoro di comunicazione oggi, il ruolo degli uffici stampa e in generale l’importanza di fare un lavoro comunicativo che abbia alla base una conoscenza approfondita dell’argomento e anche un valore in ciò che si trasmette e che si fa, in pratica ciò che cerchiamo di fare noi di Critica ogni giorno, sperando di riuscirci e di raccontarvelo con passione. Se in 150mila si sono incontrati al salone del libro forse un motivo c’è.
Samantha Viva