Cosa è cambiato, cosa è rimasto uguale: l'Italia intellettuale dagli anni Sessanta a oggi, tra università e Anni di piombo




Camilla Cederna
Cronache scomode - L'Italia in cui viviamo
e/o, 2021
pp. 103
€ 8,00 (cartaceo)

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Roszak, Cohn-Bendit, Viale e altri
La delinquenza accademica
e/o, 2021
pp. 130
€ 8,00 (cartaceo)


Può il recupero di testi del passato essere radicale? La Piccola Biblioteca Morale, collana di libriccini agili e curatissimi selezionati da Goffredo Fofi per e/o, recupera e mette insieme per i lettori moderni una miniera di brevi testi che, parlando della loro epoca, parlano anche a noi, costringendoci a confrontarci con una storia che troppo spesso, presi nella tenaglia dell’attualità, dimentichiamo di utilizzare come lo strumento principale della comprensione del nostro presente. Ci eravamo già occupati di George Orwell e della sua incredibile capacità di utilizzare sia la fiction che la non-fiction, sia l’autobiografismo che la saggistica, al servizio della lotta politica; ma oggi ci spostiamo in un territorio molto più vicino a noi, sia geograficamente, che temporalmente. Recuperando un periodo storico che ha plasmato come pochi altri la vita politica e non degli italiani di oggi, e che, paradossalmente, fa fatica a entrare nei programmi di scuola: gli anni Sessanta e Settanta, gli anni di piombo, degli attentati terroristici, delle contestazioni studentesche, della nascita del giornalismo moderno, della rimessa in discussione del ruolo dell’intellettuale. Anni che hanno cambiato un Paese, inferendogli ferite così profonde che, forse, non si sono ancora rimarginate. 

Gli anni della contestazione politica del cosiddetto Sessantotto sono stati capaci di colpire il mondo intero e di espandersi ben oltre l’anno che ha dato il nome al movimento; e nel volumetto La delinquenza accademica questa trasversalità è ben chiara. Si parte con un testo che risale addirittura agli anni Venti, in cui Antonin Artaud precorre i tempi nel cercare di scuotere la polvere dell’insegnamento universitario, e poi si parte in un percorso che collega gli Stati Uniti, la Germania, la Francia, per poi arrivare, solo alla fine, l’Italia; alla fine di un excursus tra pensatori più o meno radicali, e posizioni più o meno battagliere, il lettore torna a casa, e rialzando gli occhi dalle pagine, realizza con sgomento che ben poco è cambiato. L’attenzione alle differenze di classe degli studenti, per le quali si è così tanto lottato nell’ambito delle rivendicazioni per il diritto allo studio, e che è stata prontamente dimenticata con l’insorgere della DAD e dei successivi tentativi di toglierla in toto o di rimetterla come unica opzione – scelte operate dalle singole università sulla base di questioni di puntiglio piuttosto che pratiche; la critica all’università-azienda, asservita agli scopi del capitalismo industriale non solo per quanto riguarda la scelta del cosa e come insegnare, ma anche sotto forma di veri e propri accordi bilaterali tra università e industrie, portata avanti tanto dagli autori del volumetto quanto dalle celebri studentesse della Normale e dal loro discorso dello scorso luglio. Se rileggere questi testi causa il forte dolore del riconoscimento, è anche importante ricordarsi quali sono le lotte di cui siamo eredi, per capire che quelle lotte sono lungi dall’essere finite, e che vanno ancora combattute, se speriamo in una vittoria.

E poi, un’altra testimonianza di quegli anni, un altro fortissimo dolore che cerca a gran voce la nostra attenzione dalle pagine del passato: Camilla Cederna e il racconto delle sue scarpe piene di sangue il 12 dicembre del 1969, in Piazza Fontana, a Milano. Sono Cronache scomode, le sue, non solo per la sua ostinazione a difendere la verità, l’innocenza di Giuseppe Pinelli, le malpratiche giudiziarie e investigative che hanno deciso a priori di perseguire e incolpare gli anarchici, la sinistra, affiliati agli stessi spaventosi studenti che occupavano le università – indimenticabile la scena del poliziotto spaventato dalla quantità di libri in casa di Giuseppe e Licia Pinelli, o di Cederna che confeziona libri da mandare in carcere a Valpreda – ma anche perché ci ricordano un modo di far politica e giustizia che è ancora vivissimo oggi, senza però che ci siano più i giornalisti capaci di fargli fronte, di far luce su ciò che accade. Camilla Cederna tirata giù dal letto da Gianpaolo Pansa per recarsi in questura a far luce sull’implausibile suicidio di Pinelli, Camilla Cederna che assiste ai cortei e alle assemblee della Statale e prende parola con la sua voce “così poco portante”, e ci ricorda che chi conosce l’importanza delle parole e delle idee, che siano studenti o giornalisti, non può esimersi dal fare politica. Rileggendo queste cronache di anni turbolenti, così diverse eppure così simili, è difficile capire dove finiscono le righe e dove comincia la vita vera, dove finisce il passato e dove inizia il presente. 

Eppure lo scopo perseguito da questi librini nel sottolineare la continuità delle storture che emergono dalle pagine non è quello di demoralizzarci, ma di ricordarci, tramite l’esempio di personalità come Camilla Cederna e tramite tutti gli universitari che hanno saputo vedere un mondo migliore di quello che abitavano, che la politica è qualcosa che si fa, non si subisce. E che si fa anche tramite i libri – da leggere, da scrivere, da studiare, o da recensire.

Marta Olivi

Per chi volesse approfondire l'opera di Camilla Cederna, qui la recensione di Cecilia Mariani alla sua biografia a cura di Irene Soave