Chi, come me, è stato affascinato e si è commosso per Il treno dei bambini, bestseller di Viola Ardone del 2019 (da cui presto trarranno un film), stava certamente aspettando un suo nuovo romanzo. Ora che Oliva Denaro è finalmente in libreria, è tempo di dedicarci a questo nuovo e straordinario romanzo di formazione, a tratti devastante, altrove pieno di speranza.
Nel 1960, Oliva è una quindicenne che, nel suo paese siciliano, può ancora godere di tutte le libertà che ha suo fratello Cosimino, perché non è cresciuta, ovvero non le è ancora venuto "il marchese". Il primo ciclo mestruale è infatti un punto di non ritorno per le donne e Oliva vuole rimandare il più possibile quel momento; molto meglio andare con suo padre a caccia di lumache e di rane, affondando i piedi nel fango e correndo a perdifiato. Poi, arriva anche per lei il marchese, e da allora Oliva è costretta a stare relegata a casa, come le altre donne del paese, tra mille attenzioni, perché, come ribadisce sempre sua madre, «la femmina è una brocca: chi la rompe se la piglia» (p. 5). Sono tante le rinunce che una ragazza in età da marito deve fare, in vista di mantenere intatti il corpo e la reputazione. Fortunata, la sorella di Oliva, è rimasta incinta prima del matrimonio, e i suoi genitori hanno dovuto dannarsi per convincere il fidanzato a sposarla. Con davanti questo esempio, Oliva ubbidisce ai suoi genitori, anche se le spiace molto non poter più parlare con il suo amico Saro, per gli altri zoppo e con una voglia sul viso, per lei semplicemente una delle persone più care. Tra un ricamo e una commissione, Oliva cresce, ma non è abituata a guardarsi allo specchio e il suo corpo lungo e magro non le ispira bellezza, mentre in realtà la sua adolescenza tradisce già tutti i segni di un certo fascino. Se ne renderà conto, con sgomento, davanti a una foto che le scatta l'amica Liliana, figlia di comunisti, e per questo diffidata dalla famiglia Denaro, ma non da Oliva, a lei sempre fedele e legata. A scuola, invece, Oliva non ha granché tempo per pensare alla bellezza, perché ama studiare e fin dalle primissime lezioni di latino ha pensato che quel «rosa, rosae, rosae fosse la formula magica per tenere lontane le cose cattive» (p. 210).
Tuttavia, questa specie di mantra non può proteggere Oliva dalle attenzioni di un giovane di una famiglia influente, proprietaria della pasticceria e invischiata in operazioni di strozzinaggio: Paternò guarda la ragazza come non dovrebbe fare, insinuando in lei da un lato il piacere di essere osservata, dall'altro paura per sentimenti nuovi e contrastanti. Oliva deve fare i conti con quell'emozione che la coglie in sue presenza, ma anche con l'istinto di allontanarsi, di tenere Paternò lontano da lei. Lui, al contrario, sembra un falco pronto alla caccia: Oliva non è altro che una preda ancora innocente e ingenua. Intanto, il paese guarda e si fa testimone, tanto quanto noi lettori: Paternò vuole palesare in pubblico le sue intenzioni, senza però chiedere al padre di Oliva il permesso di corteggiare la figlia. Anzi, i Paternò fanno di tutto per ribadire il loro potere economico e la loro capacità di ridurre in povertà la famiglia Denaro, se necessario.
La ritrosia della ragazza non viene interpretata da Paternò come paura, ma come un gioco di seduzione, a cui decide di porre fine all'improvviso con un rapimento, bene orchestrato. I lettori più accorti vi leggeranno un chiarissimo omaggio al rapimento della Lucia manzoniana, ma, al contrario, in Oliva Denaro non c'è spazio per la redenzione: Paternò abusa di Oliva per diventare, così, suo legittimo futuro sposo. Violenza fisica e psicologica si alternano, e la giovanissima Oliva, considerata da tutti svergognata e disonorata, perde la proposta di fidanzamento che aveva ricevuto da una figura influente. Decide, però, di non sottostare alle regole sociali e alla legge: il cosiddetto “matrimonio riparatore” non è la via, lei è disposta a tutto, pur di non essere più posseduta da Paternò. Questa, tuttavia, non è una decisione semplice, e nel romanzo Viola Ardone racconta il dissidio interiore della ragazza, strattonata da un lato da sua madre, che preferirebbe mettere a tacere le malelingue, dall'altro dal suo aguzzino, che insiste ulteriormente, dall'altro ancora dalle difficoltà economiche in cui è incappata la sua famiglia, a causa dei Paternò. Cosa significa, però, nel 1960 (e non solo) esercitare la propria libertà di scegliere? Oliva sa che da una parte ci sarà sempre suo padre a sostenerla, un uomo silenzioso e resiliente, rispettoso del dolore di sua figlia e capace di pronunciare una frase come: «se tu inciampi, io ti sorreggo» (p. 226). Niente è facile, ormai: Oliva si ritrova chiusa in casa, senza più andare a scuola («mi piaceva andare a scuola perché conoscevo tutte le risposte, ora non so più niente», dirà a p. 211), e quindi senza poter cercare di diventare indipendente con il lavoro di maestra. Tutti sembrano evitarla, tranne i suoi parenti e l'amica Liliana. Cosa le resta da vivere?
Seguiamo così con crescente pathos la vicenda di Oliva, chiedendoci se cederà alle pressioni del paese o se avrà la forza di portare avanti una battaglia che non è soltanto sua, ma di tutte le donne che hanno subito simili violenze. Come anche nel precedente Il treno dei bambini, al piano temporale principale si aggiunge in coda una sezione più breve dedicata a quel che accade molti anni dopo, come a voler suggellare la storia con una resa dei conti finale.
Intenso, a tratti crudo nel farci avvertire il dolore della protagonista, in profondo contrasto con le regole del paese, Oliva Denaro è anche un romanzo di denuncia, che getta luce su un dramma che ha coinvolto moltissime giovani donne che, per vergogna, hanno abbassato la testa e accettato la violenza come ingrediente delle loro vite. Viene da chiedersi quanto di autobiografico ci sia, in questo romanzo, dal momento che il nome e il cognome della protagonista sono un anagramma perfetto di quello dell'autrice, ma non è importante per apprezzare il romanzo, che si staglia come luminoso esempio di ricerca di riscatto e di indipendenza, nonostante le avversità e un destino apparentemente già scritto dalla Storia.
GMGhioni