di Gianrico Carofiglio
Le parole sono anche atti, dei quali è necessario fronteggiare le conseguenze. Esse sembrano non avere peso e consistenza, sembrano entità volatili, ma sono in realtà meccanismi complessi e potenti, il cui uso genera effetti e implica (dovrebbe implicare) responsabilità (p. 23).
Tantissimi lettori, però, supposero che quelle informazioni fossero tratte da un saggio realmente esistente, e ne chiesero conto a Carofiglio, il quale si trovò così quasi "costretto" a scriverlo. Nacque così davvero La manomissione delle parole.
Memore di quell'esperienza (definita da Carofiglio un vero e proprio "atto politico"), con questo nuovo saggio intitolato La nuova manomissione delle parole (Feltrinelli, 2021) l'autore si propone di studiare parole differenti da quelle analizzate 11 anni fa, parole al centro dell'odierno dibattito, ma sempre oggetto di distorsioni di significato, di deformazioni e di abusati slogan politici.
Attraverso 6 parole (che corrispondono ad altrettanti capitoli) Carofiglio analizza alcuni di quelli che lui stesso definisce "pilastri del lessico civile": si va da "vergogna" a " ribellione", da "bellezza" a "popolo", passando per altre interessanti locuzioni, e tutto ciò perché per l'autore le manipolazioni del linguaggio costituiscono spesso un vero e proprio pericolo per la collettività:
George Steiner ha osservato che le ideologie cosiddette competitive, come il nazismo - e io aggiungerei: il fascismo e altre, meno palesemente totalitarie, che oggi si stanno diffondendo anche in Europa -, non producono lingue creative, e solo di rado elaborano nuovi termini: molto più spesso "saccheggiano e decompongono la lingua della comunità", manipolandola e usandola come un'arma (p. 34).
Ma a questo punto è importante considerare come una manomissione sia anche una non facile ristrutturazione della lingua italiana, una lingua che proviene dagli antenati greci e latini ed il cui uso ed il senso sono andati via via modificandosi nel corso dei secoli e dei millenni.
Le parole che abbiamo prima elencato, infatti, sono spesso svuotate del significato più alto ed autentico, e Carofiglio attraverso questa lodevole operazione tenta di restituire loro la giusta importanza, oltre ad un senso compiuto e adeguato.
Il saggio dell'autore pugliese cita molto spesso testi di scrittori, cantanti, filosofi, politici per dar vita ad uno scrittì che è anche un inno contro il populismo, l'omologazione ed il conformismo, un inno alla ribellione:
La ribellione è il contrario dell'obbedienza ottusa, a ogni costo, della rassegnazione all'ingiustizia, all'iniquità, allo squallore. È capacità di esercitare il ripudio - dell'ingiustizia, dell'iniquità, dello squallore - che è sancito anche dalla Costituzione. Ribellione è responsabilità, autonomia, affrancamento. È rimedio contro la bruttezza, l'umiliazione, la perdita di dignità (p. 82).
Possiamo - e probabilmente dobbiamo - ribellarci sempre, e in qualsiasi campo. Anche alla manipolazione delle parole: perché già solo chiamare le cose con il loro nome è un atto rivoluzionario.
Ilaria Pocaforza
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