Ti amo
di Hanne Ørstavik
Ponte alle Grazie, 2021
Traduzione di Ingrid Basso
pp. 96
€ 13 (cartaceo)
€ 6,99 (ebook)
Non posso fare nulla nemmeno per me stessa, se non questo. Finire il romanzo. Perché è questo che io faccio. Scrivo romanzi. È così che io esisto nel mondo, creo un luogo, o il romanzo crea un luogo per me, lo facciamo insieme, e poi posso essere lì. (p. 17)
Dopo quattordici romanzi all'attivo, Hanne Ørstavik si trova a scrivere quello più difficile: la storia di come si può dire addio al proprio amore. Il protagonista è reale, ed è il compagno con cui lei ha scelto di vivere in Italia; la storia è altrettanto vera, delicata e spietata, ed è il lungo e solo apparentemente lento evolversi della malattia di lui. Convivere con un malato di cancro così grave è osservare l'amore che si avvizzisce, l'energia che cala, i sacrifici che si moltiplicano, le rinunce che si fanno sempre di più e i momenti di pace sempre meno. Alla scrittrice norvegese non resta che prendere nota di quello che il compagno fa, in una quieta osservazione che è un grande dono d'amore. Lasciare spazio, proprio quando si sa di avere un conto alla rovescia sopra la testa, è difficilissimo, così come riuscire ad aiutare l'altro senza che l'accudimento diventi invadente. Eppure i due si conoscono e si rispettano tanto da riuscire a riadattare le proprie vite nel momento più difficile di tutti. E la loro testimonianza è struggente, per questo comprendersi e contenersi con pazienza, nello spazio di pochi sguardi e parole piene di complicità.
La scrittura, per entrambi, è un conforto, ossia è tutto ciò che si può fare quando ci si sente impotenti e di passaggio. La scrittura resta, sembra sussurrarci l'autrice, così come restano i ricordi, che, sulla carta, ci trascinano in episodi della vita di coppia, coinvolgendo anche noi lettori in un racconto intimo, ma mai voyeuristico. Semmai è proprio l'affetto del quotidiano a prendere spazio in questo breve taccuino della malattia e del sentimento: ogni pagina appare un omaggio alla coppia, un attestato di stima e di nostalgia preventiva, in vista della fine.
Intanto, la vita scorre, l'editore chiede ad Hanne di andare a presentare il suo libro a destra e a manca, ma non c'è viaggio o riconoscimento in giro per il mondo che la distolga dal pensiero del compagno malato e dal desiderio di tornare il prima possibile. Ci si sente inadeguati e soli con un malato terminale, e i cedimenti sono umani, così come i vizi per cercare di tamponare la futura assenza. Infatti, non c'è morfina che possa calmare l'animo di chi resta a guardare l'altro che soffre; forse solo rimanere appesi alla quotidianità può aiutare a non impazzire.
Nel romanzo c'è tutto questo, accompagnato dalla scabra schiettezza stilistica della scrittrice norvegese, che, come in Amore, sceglie spesso frasi di grande asciuttezza, minute eppure potentissime in tutto il loro realismo. Non ci sono sconti e il dolore trasuda dalle pagine, mitigato semmai dall'amore, dal ricordo e dal desiderio di essere accanto a chi si ama anche nel momento più difficile. Il vuoto che resta, poi, è qualcosa che la scrittura potrà forse placare, ma mai colmare.
GMGhioni