"Libertà vigilata": perché le donne sono diverse dagli uomini, un saggio di Elena Loewenthal

Libertà-vigilata-Elena Loewenthal


Libertà vigilata. Perché le donne sono diverse dagli uomini
di Elena Loewenthal
La Nave di Teseo, novembre 2021

pp. 96
€ 10,00 (cartaceo)
€ 5,99 (ebook)


Per comprendere meglio ciò che ci circonda è necessario analizzare quell’elemento con cui stiamo a contatto tutti i giorni, quello strumento che ci permette di descrivere la realtà e che ci permette di interagire con essa. Il linguaggio. Il linguaggio è infatti il protagonista di questo saggio breve di Elena Loewenthal, o meglio, è il linguaggio e il suo legame con la discriminazione di genere. Loewenthal, scrittrice ed esperta di traduzione ebraica, fa di questa discussione il tema principale di Libertà vigilata. Perché le donne sono diverse dagli uomini, affrontando la tematica su una base contrastiva tra il mondo ebraico e quello italiano. Questo saggio è un’analisi critica del presente, delle conseguenze del linguaggio sulla condizione delle donne, un saggio capace di offrire degli spunti per poter conoscere e successivamente affrontare questa problematica.
Le prime pagine del saggio si aprono con la descrizione della scena della consegna dell’Oscar all’attrice Francis McDormand, presentatavisi con un look considerato (da chi?) non all’altezza del canone occidentale della bellezza femminile. Lei è il primo capro espiatorio della lunga riflessione sulla differenza tra donne e uomini, sulla libertà vigilata a cui le donne devono sottostare.
Il punto è come: come sono diverse, come possono gestire e autodeterminare la propria differenza. Il punto del punto è la gestione di questa diversità. Anzi, di questa identità e diversità è meramente, banalmente un punto di vista. (p. 11)
Gli esempi da cui Loewenthal parte per dare forma alla sua arringa sono vicende note, concrete e realmente accadute. L’autrice cita anche il famigerato episodio del sofagate in cui è stata coinvolta Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea. Da ciò l’autrice ne ricava una riflessione semantica molto interessante sulla dicotomia terminologica che si pone tra le parole “porta” e “ponte”, le quali hanno connotazioni divergenti nel mondo ebraico rispetto a quello italiano. Se in Italia un ponte è percepito come una figura che rappresenta l’unire, il mettere in relazione qualcosa a qualcos’altro, nella tradizione ebraica questo è un elemento fragile, insicuro che rappresenta un legame instabile. Tutto il contrario vale per una porta, la quale per noi è un simbolo di esclusione, mentre nella tradizione ebraica la porta conduce a rinnovamenti, è un’apertura verso qualcosa di nuovo.
Se c’è una libertà che non costa nulla ed è sempre salutare, è quella dell’interpretazione. Del provare a leggere fra le righe del testo, nelle pieghe di una voce. La libertà di non rinunciare mai alla ricerca del significato, all’uso dello spirito critico (p. 17)
Spostando poi il focus sui temi pratici dell’uso del linguaggio, come l’utilizzo dell’articolo determinativo femminile davanti a cognomi di donne o la ricerca di un plurale inclusivo, analizzando le tanto dibattute possibilità per dare forma a questa necessità, dall’utilizzo dell’asterisco, del -3 allo schwa, l’autrice porta alla luce tutte quelle problematiche insidiose che si sono fatte strada fino ad oggi nella nostra società, e che per fortuna e finalmente stanno cambiando, lentamente.
La lingua è un serbatoio del reale.
È viva, cambia, ma lo fa con lentezza, e prima di farlo deve essere ben convinta di quello che fa, del passo che intraprende. (p. 48)
In poche pagine Loewenthal presenta e descrive ciò che distingue le donne dagli uomini con una sferzante critica femminista alla condizione attuale delle donne. Partendo dalla visione della donna nella Bibbia, il saggio attraversa il viaggio delle parole e degli strumenti che vengono utilizzati per contraddistinguere le donne fino a giungere a un'acuta osservazione sulla lunga strada che ancora c’è da fare. 

Barbara Nicoletti