Ho imparato da un pezzo che persino le persone che ci vogliono bene fanno fatica a ricacciare indietro se stesse per lasciare spazio alle nostre smanie di centralità. (p. 85)
Pare una fiaba, nelle prime pagine, il nuovo romanzo di Domenico Starnone, Vita mortale e immortale della bambina di Milano. C'è un bambino di otto o nove anni affacciato alla finestra, a contemplare la sua dirimpettaia, una bambina milanese che da poco si è trasferita a Napoli, che spesso danza sul suo balcone, suscitando paura per una sua eventuale caduta, ma anche tanta ammirazione. Mimì, questo è il soprannome dell'io narrante da bambino, è disposto a tutto per questo giovane amore, da sfidare a duello il suo amico Lello ad andare a recuperare la bambina nel regno dei morti, qualora dovesse cadere di sotto. A influenzarlo ci sono stati la lettura del mito di Orfeo ed Euridice a scuola e i racconti di sua nonna, su una presunta fossa dei morti presente a pochi passi dal loro palazzo. La suggestione è tanta a quell'età, così come la fantasia, e Mimì si trova a idolatrare una sconosciuta, idealizzata e spesso trasformata in puro sogno. Ecco perché teme perfino di salutarla con la mano.
La nonna, saggia e di poche parole, osserva dalla cucina lo sguardo sognante del nipote, così come lo richiama per le marachelle fatte di sotto, con il suo amico Lello. Poi, quando lui le pone domande a cui è difficilissimo rispondere, la nonna fa affidamento sul sapere popolare e sulla sua esperienza personale e gli risponde sempre. La sua lunga vedovanza è un tempo pieno di commozione e bastano poche domande del nipote perché la riservatezza della nonna si sciolga in racconti, sorrisi e lacrime per quel suo grande amore del passato.Il protagonista potrà avere un amore altrettanto forte con la bambina milanese? La vita sembra scegliere diversamente per lui, con un colpo di scena che non possiamo rivelare. Si tratta di un fatto altamente traumatico, al punto da far saltare in avanti la narrazione. Di colpo troviamo Mimì cresciuto: adolescente prima, ragazzo e uomo maturo poi, alle prese con questi suoi ricordi infantili. La bambina milanese, o meglio, ciò che rappresenta per lui, tende a non andarsene, ma riecheggia in tutti gli amori che lui cerca, come un ideale altissimo e ineguagliabile. La fantasia che prima Mimì impiegava in mille giochi con Lello, ora trova spazio in racconti che scrive per provare a sé stesso di avere qualcosa di speciale. La scrittura, infatti, è qui occasione per esprimersi liberamente; benché non sempre Mimì ottenga il consenso da parte di altri, nel testo trova
«il piacere della parola che sul momento pare giusta e poi noi; il piacere che travolge il corpo anche se scrivi con l'acqua sulla pietra in un giorno d'estate, e chi se ne fotte del consenso, del vero, del falso, dell'obbligo di seminare zizzania o diffondere speranza, della durata, della memoria, dell'immortalità e tutto» (p. 142).
È impossibile non restare affascinati dal potere della parola in Starnone. Il suo protagonista va all'inseguimento di un amore bambino, in cui si rispecchia più la ricerca di sé e delle proprie aspirazioni che la ricerca vera e propria dell'Altro. Concedetevi la lettura di Vita mortale e immortale della bambina di Milano: nella poesia delle peripezie del piccolo Mimì e nel suo percorso di formazione e di crescita, ben meno onirico, ritroverete tutta la bravura di Starnone. E come potrebbe mai essere altrimenti?!
GMGhioni
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