Storia della felicità
di Gérard Thomas
Edizioni Clichy, novembre 2021
Traduzione di Tommaso Gurrieri
pp. 160
€15,00 (cartaceo)
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Storia della felicità è un libro tanto piccolo nella mole quanto grande nelle intuizioni e nella completezza con cui si affronta un tema di così ampio respiro. Come si può raggiungere quello stato che chiamiamo felicità? È qualcosa di effettivamente possibile per tutti gli esseri umani? Gérard Thomas risponde in modo puntuale a queste domande, senza la pretesa di offrire una soluzione a uno degli interrogativi più antichi della storia dell’uomo, ma semplicemente mettendo la propria sensibilità al servizio del lettore per definire alcune possibili strade.
Parlare della storia della felicità significa ripercorrere le declinazioni di questo concetto secondo variabili storiche, economiche e sociali. Le suddivisioni in capitoli riflettono la volontà di razionalizzare l’enorme tema della felicità in relazione ai diversi ambiti dell’esperienza umana, al fine di identificare il maggior numero di fattori che favoriscono o limitano il raggiungimento di questo traguardo misterioso e affascinante. Una vera e propria sistematizzazione, dunque, che non si esime dal fornire dati e nozioni (particolarmente dettagliata è la parte sulla felicità in relazione al mondo capitalistico), ma senza rinunciare all’emozione: in moltissimi punti il taglio accademico è sospeso a favore di una scrittura che nasce dal cuore e si nutre della personale sensibilità dell’autore. Ecco perché non possiamo parlare di un vero e proprio saggio, quanto di una soluzione ibrida, a metà fra la saggistica, la narrativa e l’autoconfessione. Quel che è certo è che non si può leggere questo libro senza sentirsi coinvolti, perché Thomas si spinge oltre il proprio orizzonte personale per toccare delle corde emotive primordiali, che tutti possediamo dentro di noi. A volte dimentichiamo che esistono, e dove non arriva la nostra coscienza riesce la sapienza di un libro, un’opera, un film, di fronte ai quali ci commuoviamo perché sentiamo qualcosa muoversi dentro, e solo quando questo qualcosa si muove ci accorgiamo che è sempre stato lì. Ho ragione di credere che fosse questo lo scopo dell’autore: risalire alle origini per parlare del concetto di felicità agganciandolo a qualcosa di ancestrale, che nasce con la storia dell’uomo.
Non
a caso, il libro si apre con il riferimento al momento della nascita. Nello
sguardo di un bambino appena nato, scrive l’autore, è raccolta un’energia
inspiegabile e incontenibile, “la stessa che era compressa in un punto
infinitesimale che conteneva tutto l’universo nel momento del Big Bang, ed è
un’energia prodotta da una domanda espressa in tre parole: potrò essere
felice?” (p. 12). Tutta la nostra vita è influenzata da questa energia
speciale, che nasce con il nostro primo respiro e si spegnerà con l’ultimo,
quando la domanda finale sarà: sono stato felice? Noi abbiamo bisogno di
cercare la felicità. Anche coloro che, abbattuti dalla vita, rinunciano a essa per scelta o per costrizione, non possono liberarsi di questa
pulsione. Il problema è che non disponiamo tutti delle stesse possibilità, e
per alcuni la scalata verso la felicità è faticosa e mortificante, e viene
abbandonata per stanchezza.
Non
siamo tutti uguali, questo è chiaro. Le prime variabili introdotte dall’autore
sono il tempo e lo spazio: l’epoca in cui nasciamo e il luogo che occupiamo nel
mondo determinano le nostre possibilità di accedere alla felicità. Thomas non
si limita a parlare di argomenti ben noti come la povertà nel mondo, ma si
serve di studi che dimostrano come, ad esempio, il nostro benessere
mentale sia enormemente influenzato dalla famiglia,
che in alcune culture può imporre limiti e regole che mortificano qualsiasi
possibilità di felicità. Si passa poi ai legami, all’amore e all’amicizia, che
se reali e disinteressati possono condurci verso attimi di indimenticabile
felicità; si parla di felicità di genere, perché per le donne (specie in alcune
zone del mondo) la strada per la felicità è più impervia; si chiama in causa
Dio, per la sua pervasività nelle comunità umane; si analizza quindi il
capitale, per riflettere sulle criticità di un sistema capitalistico dove “chi
ha molto o moltissimo può avere sempre di più e chi ha poco deve contentarsi
degli avanzi” (p. 95).
Dove
portano tutte queste analisi? Thomas lo ripete più volte, e lo ribadisce alla
fine del libro: ognuno ha il proprio modo di connettersi a quell’energia che
abbiamo dentro. E tuttavia c’è un aspetto che, più di ogni altro, determina le
nostre possibilità di essere felici, ed è l’amore. La sua teoria è questa: nel
corso della nostra vita, è pressochè impossibile raggiungere la felicità come
condizione esistenziale, ma possiamo vivere dei momenti di pura pienezza
interiore in cui sentiamo che tutto è esattamente come dovrebbe essere. Questi
momenti sono talmente totali da costruire una pienezza e un’armonia che durano
nel tempo e possono colmare una vita intera, perché ci insegnano la voglia di
esserci completamente e di vivere con intensità. L’autore porta diversi esempi,
alcuni relativi a eventi straordinari come la nascita di un figlio, altri a
episodi più piccoli ma sempre meravigliosi:
“Può essere una gita al faro camminando in mezzo all’erica di fronte a un mare nordico e tempestoso, la sensazione provata infilando i piedi nudi nell’acqua gelata di un lago di montagna, la lettura dell’ultima pagina di un libro che abbiamo adorato, una nuotata sotto la sciara di un’isola vulcanica, un pranzo in campagna in una domenica di maggio, un bacio inatteso, un sorriso che vediamo in uno specchio, un passo di danza, una musica che ci entra dentro.” (p. 25)
Vi
sarà capitato di vivere uno di questi momenti e di percepire quella intensa e
incommensurabile pienezza. E a pensarci bene, raramente questi momenti nascono
dalla solitudine. Non siamo fatti per essere felici da soli. Quando siamo
colpiti dalla bellezza della natura o commossi da una forma d’arte, scopriamo
che il più delle volte la nostra felicità consiste nel voltarci e trovare qualcuno
con cui condividere ciò che abbiamo provato. Spesso, anzi, tocchiamo i picchi di massima
felicità quando vediamo brillare gli occhi delle persone che amiamo.
Ci vuole molto impegno quotidiano per essere presenti a sé stessi e imparare a riconoscere
e a vivere dei momenti di pura felicità, ma come ricorda Thomas in chiusura del
libro, abbiamo una sola vita per amare le persone che amiamo e la cosa migliore
che possiamo fare è cercare di essere felici e di rendere felici gli altri. Allora,
forse, potremo rispondere con un sì alla domanda finale: sono stato felice?
Alessia Martoni