Indagine sul desiderio: “Eros, il dolceamaro” di Anne Carson

 

Eros il dolceamaro
di Anne Carson
Utopia Editore, novembre 2021

traduzione di Patrizio Ceccagnoli

pp. 224

€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
 
 

In una delle rare interviste rilasciate (Paris Review, 2004), Carson così parla della poesia: «Se la prosa è una casa, la poesia è un uomo in fiamme che la attraversa correndo».

Poetessa, saggista, traduttrice canadese insignita di numerosi riconoscimenti letterari, come il PEN/Nabokov Award for Achievement in International Literature ricevuto quest’anno, molte delle sue opere prendono forma attraverso il rigore dei saggi e il linguaggio immaginifico della poesia, genere eletto al quale dedica riflessioni di ampio respiro che attingono da studi filosofici, filologici e letterari, come avviene in questo e nell’altro splendido saggio pubblicato nel 2020, sempre da Utopia editore, Economia dell’imperduto, entrambi nella raffinata traduzione di Patrizio Ceccagnoli.

Eros il dolceamaro (Eros the bittersweet: An Essay, 1986), il primo lavoro di Carson, è la rielaborazione della sua tesi di dottorato. Si tratta di un’indagine sull’Eros, come lei stessa dichiara, e su cosa l’esperienza erotica può insegnarci sulla realtà e sulla conoscenza del sè. La riflessione trae origine dal folgorante composto usato da Saffo in un frammento che parla di eros, γλυκύπικρον (dolceamaro), con il quale la poetessa vuole svelare la natura contradditoria e paradossale di questo sentimento, insieme piacere e dannazione. Muovendosi sul piano linguistico ed etimologico per scandagliare la meccanica di Eros che, come un nemico dall’esterno assale il corpo, «scioglitore di membra» (λυσιμέλης), come è chiamato nel frammento 130 da Saffo, osserva che l’inversione che avviene in lingua inglese, prima amaro e poi dolce, rispetto al greco (e evidentemente anche all’italiano), ci racconta proprio la simultaneità di questa condizione che esula da qualsivoglia ordine cronologico. Così come testimonia l’uso ossessivo dell’avverbio δηὖτέ nella poesia lirica greca, crasi che coglie il dilemma temporale dell’eros, qualcosa che sta accadendo nel presente, ma che già lascia intravedere il poi, nella consapevolezza che tutto sta succedendo di nuovo, anche se reduci da una precedente esperienza di dolore.

Nel capitolo Estensione, Carson sceglie i versi del poeta John Donne, da Il divieto, per mostrare tale ambivalenza:

«E perché tu non distrugga il tuo amore e l’odio e me, 
per lasciarmi vivere, amami e odiami insieme»

Dialogando con poeti e pensatori come Archiloco, Saffo, Pindaro, Platone, Dante, Donne, Rilke (i passi analizzati sono riportati anche in lingua originale, oltre che nella traduzione inglese della stessa autrice, e nella resa in italiano di Ceccagnoli che tiene conto dell’interposizione di Carson), il saggio crea vertiginosi parallelismi tra la condizione amorosa e le conseguenze che la nascita dell’alfabeto ha generato sul soggetto rispetto alla coscienza del sé, all’autocontrollo e alla gestione del tempo.

"È davvero una coincidenza che i poeti che inventarono Eros […] furono anche i primi autori della nostra tradizione a lasciarci le loro poesie in forma scritta? […] Cosa c’è di erotico nell’alfabetizzazione?" (p. 59)

Se con il metodo prealfabetico la composizione poetica dipende da un repertorio di formule memorizzate e flessibili, “l’uso della scrittura ha permesso al poeta di rendere la parola, piuttosto che la frase, l’unità minima della composizione” (p. 60).

In generale, passando gradualmente da un’esperienza esclusivamente audio-tattile di ricevere informazioni, tipica di una cultura basata sull’oralità, a un’esperienza visiva, propria di una cultura basata sulla scrittura, cambia la percezione del sé e l’esposizione del proprio corpo al mondo esterno, e quindi anche agli assalti di Eros. La sua tesi è che nella prima l’autocontrollo è marginale perché per la sopravvivenza il soggetto deve aprirsi attraverso tutti i sensi ai segnali mandati dal mondo esterno, mentre l’apprendimento della scrittura e della lettura ci porta a una maggiore astrazione, isolamento e controllo del sé. È una questione di confini, che l’alfabeto greco segna con maggior vigore con l’introduzione delle vocali, assenti nell’alfabeto fenicio, e l’isolamento grafico delle consonanti.

Sentimento invincibile, ambiguo, Eros è tutto orientato a ciò che manca, a quella parte di noi che va perduta con l’esperienza erotica, come racconta Aristofane nel Simposio di Platone servendosi della nota immagine degli amanti che, prima di essere divisi da Zeus, sono una cosa sola. Eppure, se “l’amante - è colui che- desidera ciò che non ha: è per definizione impossibile che abbia ciò che vuole se, appena lo ottiene, smette di desiderarlo” (p. 23). Da qui lo scarto, il punto cieco in cui Eros agisce, laddove “una certa distanza va mantenuta o il desiderio muore” (p. 42).

Eros si annida nella differenza tra il sé reale e il sé ideale, possibile in potenza, ma che resta solo immaginato, eppure è ciò che connette l’amante all’amato. Il moto di Eros è verso l’ignoto, così come agisce il desiderio della conoscenza, ed è per questo che Carson lo paragona all’esperienza della lettura e della scrittura e allo sforzo immaginativo che attivano.

L’immaginazione è il logos del desiderio, lo stesso che agisce nell’esperienza erotica.

Le domande dunque sono: cosa chiede l’amante all’amore?, cosa chiede il lettore alla lettura o qual è il desiderio dello scrittore? Lo sforzo immaginativo è un atto erotico: lo slancio da ciò che è noto, e presente, verso l’ignoto.

Ecco che Carson afferma che il vero soggetto delle poesie d’amore non è l’amato, ma quell’abisso.  

Un saggio  prezioso, ricco di intuizioni e suggestioni, che si interroga sul desiderio, esperienza alla quale, per il suo valore conoscitivo, è inutile resistere (Carson analizza sul punto le posizioni di Fedro e Socrate), e finanche dannoso, perchè significherebbe rinunciare a quel cambiamento del sè che è il significato della nostra esistenza. Come anche ci ricorda l'epitaffio sulla tomba di Octavia Butler, tratto dal suo romanzo La parabola del seminatore: “All that you touch, you change. All that you change, changes you. The only lasting truth is Change. God is Change.”

Maria Teresa Rovitto